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Difesa Ue: le aziende della difesa europee bocciano la strategia di Bruxelles
Aumentano i fondi allocati nel settore della difesa, l’Ue investe circa l’1,9% del Pil dell’Unione. L’Italia triplica i fondi per la Nato. Le aziende settore della difesa lamentano che le risorse sono spese al di fuori dei confini europei
Pochi soldi e spesi male, per lo più al di fuori dei confini europei. Questo è, in estrema sintesi, il risultato della relazione annuale di Asd- AeroSpace and Defence Industries Association of Europe, l’associazione delle industrie europee della difesa. L’Ue, dopo l’inizio delle ostilità in Ucraina, le minacce ai confini europei da parte della Russia e la volontà statunitense di orientare diversamente i propri impegni internazionali concentrandosi maggiormente nell’area del pacifico, ha cominciato a ripensare alla sua strategia difensiva. Un campo che, negli ultimi 70 anni, aveva appaltato quasi del tutto alla superpotenza alleata.
EDA (AGENZIA EUROPEA PER LA DIFESA): NEL 2024 INVESTITO L’1,9% DEL PIL
I dati del report annuale dell’Agenzia Europea per la Difesa (Eda) ha pubblicato, mostrano come la spesa per la difesa degli Stati membri dell’Ue raggiungerà nel 2024 i 326 miliardi di euro, pari all’1,9% del Pil dell’Unione. Rispetto al 2021, prima della guerra in Ucraina, un balzo del 31%. Risultati molto buoni anche per le aziende del settore rappresentate da Ads che nel 2023 hanno realizzato un fatturato di 158,8 miliardi di euro, con un aumento del 16,9 per cento rispetto all’anno precedente. La crescita è stata significativa in ognuno dei tre settori chiave: aeronautica militare (+15,8 per cento), navale (+17,7 per cento) e terrestre (+17,7 per cento). Il report dell’Eda, per la prima volta, aveva in allegato lettere d’intenti da parte degli Stati membri per lo sviluppo di quattro aree: difesa aerea e missilistica integrata, guerra elettronica, munizioni e navi da combattimento di superficie. Risultati buoni che però, potrebbero non bastare. “Se non vi è una decisione dell’Unione europea di escludere le spese in difesa dal patto di stabilità, sarà difficile raggiungere l’obiettivo del 2 per cento, soprattutto perché in Italia registriamo un definanziamento del settore, che non é nuovo e non dipende da questo governo ma e’ frutto dei rigurgiti populisti cui spesso la politica si e’ piegata”. Cosi’ Ettore Rosato, segretario del Copasir e membro della commissione Difesa alla Camera intervenendo oggi all’incontro ‘Difesa e sicurezza. Vecchie sfide e nuove tecnologie’ organizzato da Start Magazine.
NEL 2023 L’OCCUPAZIONE NEL SETTORE DELLA DIFESA CRESCE QUASI DEL +9%
Un segnale importante, che va nella direzione, auspicata, della collaborazione europea in un campo che vede l’Ue gareggiare con giganti come Usa, Cina, Russia e India. Sebbene nel 2023 l’industria della difesa abbia registrato un aumento dell’8,9 per cento nell’occupazione, arrivando a 581mila posti di lavoro (di cui 217.000 nel solo settore dell’aeronautica militare e 364.000 nei settori terrestre e navale) il settore della difesa dell’UE, però, è ancora agli inizi e molto più piccolo rispetto a quello di paesi. Le aziende della difesa sostengono di aver bisogno di maggiore certezza a lungo termine per affrontare le minacce derivanti dalla guerra in Ucraina e le potenziali conseguenze di una seconda presidenza di Donald Trump.
INVESTIMENTI DELLA DIFESA AL DI FUORI DEI CONFINI UE
Uno dei problemi, sottolineato dai produttori di armamenti, risiede nel fatto che “parti significative degli investimenti europei negli appalti per la difesa continuano a fluire verso fornitori non europei, sollevando preoccupazioni sulla sicurezza delle catene di fornitura durante i periodi di elevata domanda o crisi”. Un rischio dipendere da paesi esteri per la fornitura di beni che rischiano di diventare sempre più essenziali negli anni a venire. Per questo Ads nella sua relazione ha sottolineato l’importanza di “garantire che i budget per gli appalti della difesa europea siano investiti prevalentemente nella base industriale della difesa europea” al fine di non minare “la competitività dell’industria della difesa europea e, in ultima analisi, anche le ambizioni europee per un ruolo più credibile come fornitore di sicurezza“.
DALL’ITALIA UN MILIARDO IN PIÙ ALLE FORZE DELLA NATO
L’Italia, dal canto suo, ha inviato un segnale importante. Il governo italiano ha deciso di triplicare i fondi per le forze speciali impegnate nelle operazioni Nato. La Premier, su sollecitazione del ministro della Difesa Guido Crosetto, è riuscita a trovare l’intesa (e i fondi) con il titolare di via XX settembre Giancarlo Giorgetti e a inserire un emendamento in finanziaria. Da qui al 2027 il nostro paese investirà un miliardo e trecento milioni di euro per rimpinguare il fondo per la Joint Rapid Response Force, la forza di dispiegamento rapido dell’Esercito, della Marina e dell’Aviazione. Reparti pronti scendere in campo in tempi rapidissimi, entro 48 ore, all’emergenza. La Manovra del 2023 aveva stanziato 156 milioni l’anno per l’unità speciale nel triennio 2024-2026. Ora il passo in avanti è significativo: 550 milioni l’anno da qui al 2027. Uno sforzo per rispettare i patti con la Nato, e centrare l’obiettivo del 2 per cento del Pil speso in Difesa entro il 2028 e arrivare entro l’anno prossimo all’1,54.