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Haiti verso la guerra civile?

Haiti

Cosa succede ad Haiti? L’approfondimento di Ispi

Non c’è pace per Haiti. Nelle ultime settimane, una serie di proteste, violenze e saccheggi hanno scosso la capitale Port-au-Prince e altre città, facendo sprofondare il paese caraibico in un caos che per alcuni è paragonabile a quello visto nel tremendo terremoto del 2010.

L’11 settembre, il primo ministro Ariel Henry ha annunciato un aumento dei prezzi dei carburanti. Un taglio di 400 milioni di dollari in sussidi, completamente insostenibili per le finanze del governo, che ha fatto schizzare il prezzo di benzina (+128%) e diesel e cherosene (+90%). Nei giorni successivi, le proteste hanno visto un’escalation: delle gang hanno preso il controllo delle principali infrastrutture costiere e del terminal petrolifero di Varreux, il più grande del paese. Bloccando la distribuzione del carburante, e facendo aumentare ulteriormente i prezzi. E la tensione.

Catastrofi in serie

I manifestanti chiedono a gran voce le dimissioni del primo ministro, diventato premier ad interim dopo l’assassinio l’anno scorso del presidente Moise. Henry ha faticato a far valere la sua autorità e accentra la rabbia degli Haitiani per la gestione della transizione politica: l’isola non vede elezioni dal 2016.

Ed è sempre più ingovernabile, con poco meno di 12800 poliziotti in un paese di 11 milioni di abitanti in gran parte controllato da gang. All’insicurezza si uniscono la generale crisi economica e una produzione agricola insufficiente: l’isola è tra i 5 paesi con la più alta percentuale di popolazione al mondo in condizione di insicurezza alimentare (45%). E certamente non ha aiutato il terremoto dell’anno scorso. Insomma, piove sempre sul bagnato.

Colera e collera

Come se non bastasse, si aggrava la crisi umanitaria. I saccheggi ai depositi di carburante e di aiuti alimentari sarebbero costati 6 milioni di dollari di supporti umanitari, tra cui 2000 tonnellate di cibo. E si segnalano i primi casi di una nuova epidemia di colera: un déjà-vu doloroso di quella che tra il 2010 e il 2019 costò 10.000 vite.

La situazione ha portato Henry a chiedere aiuto alla comunità internazionale. Gli fa sponda l’ONU che ha richiesto l’invio di una forza d’azione internazionale.

Ma le Nazioni Unite non sono ben viste dagli haitiani, che le considerano responsabili dell’arrivo del colera nel paese nel 2010 e al centro di uno scandalo di violenze sessuali. Sarà l’occasione per ricucire uno strappo, o il paese dovrà trovare la sua via fuori dal tunnel?

Articolo pubblicato su Ispi. 

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