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Trump cessate il fuoco

I limiti di un cessate il fuoco fragile tra Israele e Iran

Il cessate il fuoco annunciato da Donald Trump è stato seguito da un lancio di due missili da parte iraniana. Tuttavia la tregua regge, spicca il ruolo della mediazione qatariota 

Ieri sera Donald Trump ha annunciato un cessate il fuoco “completo e totale” tra Israele e Iran, aprendo la strada alla fine di un conflitto che, come riporta l’Associated Press, lo stesso presidente Usa ha denominato “guerra dei 12 giorni”. Un cessate il fuoco fragile che sarebbe già stato rotto dall’Iran, responsabile del lancio di due missili ma la tregua ancora regge. Come riferisce Reuters, l’accordo di far tacere le armi sarebbe stato mediato dal Qatar ed è stato poi reso noto da Trump tramite un post sulla sua piattaforma Truth Social, in cui ha elogiato il coraggio e l’intelligenza di entrambi i Paesi per aver scelto la pace.

LE FASI DEL CESSATE IL FUOCO TRA IRAN E ISRAELE 

Secondo quanto dichiarato da Trump e riportato da AP, il cessate il fuoco si articolerebbe in fasi: l’Iran cesserebbe le operazioni per primo, seguito da Israele dopo 12 ore, con una conclusione entro 24 ore. Un alto funzionario della Casa Bianca, sottolinea Reuters, ha rivelato che Trump ha negoziato direttamente con il primo ministro israeliano Netanyahu, mentre il vice presidente JD Vance, il segretario di Stato Marco Rubio e l’inviato speciale Steve Witkoff hanno comunicato con Teheran attraverso canali diretti e indiretti. Secondo la stessa Reuters il primo ministro qatarino, Sheikh Mohammed bin Abdulrahman Al Thani, avrebbe ottenuto l’adesione di Teheran dopo una telefonata con le autorità iraniane. Tre diplomatici anonimi hanno confermato al New York Times che i funzionari qatarini hanno agito per conto dell’amministrazione Trump, persuadendo l’Iran ad accettare la proposta di cessate il fuoco dopo che Israele aveva dato il suo assenso. Il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, ha confermato su X – come riferisce ancora il Nyt – che il cessate il fuoco è entrato in vigore alle 4 del mattino ora di Teheran, con le forze iraniane che hanno combattuto “fino all’ultimo minuto”. Tuttavia, lo stesso Aragchi ha precisato secondo Reuters che non esiste un accordo formale e che la sospensione delle operazioni dipende dalla cessazione dell'”aggressione illegale” di Israele entro lo stesso orario. Il ministro ha aggiunto che la decisione finale sarà presa successivamente. Vance ha definito la fine del conflitto un “momento di reset” per la regione, sottolineando che l’Iran ha appreso la potenza militare Usa dopo gli attacchi americani ai siti nucleari iraniani. Sul terreno la situazione rimane tuttavia instabile. L’esercito israeliano ha segnalato missili iraniani lanciati nelle prime ore di stamattina verso Israele, dove sono state attivate le sirene nel Golan meridionale. Israele dal canto suo ha emesso avvertimenti di evacuazione per alcune aree di Teheran, suggerendo che le sue operazioni militari sono ancora in corso. Reuters tuttavia riporta che non ci sono stati attacchi israeliani in Iran dopo le 4 del mattino, ma l’assenza di conferme ufficiali da parte di Israele e le continue allerte indicano secondo il Nyt che la tregua non è pienamente operativa.

IL SUMMIT NATO DELL’AIA: I BIG DELLA TERRA PARLERANNO DI DIFESA (E ANCHE DEL CESSATE IL FUOCO)

Si apre oggi, per chiudersi domani, il summit NATO a L’Aia, nei Paesi Bassi, dove – come sottolinea Politico – si riuniranno i leader dei 32 Paesi membri, i partner e l’Unione Europea, sotto la guida del nuovo Segretario Generale Mark Rutte, al suo primo vertice. Tra i partecipanti, spicca naturalmente Donald Trump, al suo ritorno sulla scena transatlantica e noto – come ricorda Fox News – per la sua imprevedibilità. È attesa anche la presenza del presidente ucraino Zelensky, invitato però solo alla cena inaugurale, senza che per lui sia previsto un ruolo nelle sessioni ufficiali. L’agenda, volutamente snella per evitare tensioni, si concentra su un unico tema principale: l’innalzamento della spesa per la difesa. Gli Stati Uniti, sotto la pressione di Trump, hanno spinto per portare l’obiettivo di spesa dal 2% al 5% del PIL entro il 2035, con il 3,5% destinato a spese militari dirette (armi e truppe) e l’1,5% a investimenti correlati, come cybersicurezza e infrastrutture. L’aumento, definito “storico” dall’ambasciatore Usa presso la NATO Matthew Whitaker, risponde alla richiesta di Trump di un maggiore impegno europeo nella sicurezza transatlantica. Rutte ha sostenuto con forza l’aumento della spesa collettiva, sottolineando la necessità di rafforzare la deterrenza contro minacce crescenti, come la Russia e un Iran ambizioso sul piano nucleare. Lo stesso Segretario generale ha avvertito che senza un aumento della spesa, l’Europa rischia di dover “imparare a parlare russo”. Tuttavia, non tutti i membri sono allineati: la Spagna, sottolinea l’Associated Press, ha ottenuto un’esenzione, impegnandosi solo a raggiungere il 2,1%. La questione ucraina, pur rilevante, sarà meno centrale rispetto ai vertici precedenti. La NATO riaffermerà il supporto a Kiev, con aiuti che potranno essere conteggiati nella spesa per la difesa, ma non si discuteranno tempistiche per l’adesione di Kyiv all’organizzazione quale riflesso dell’atteggiamento di Trump, critico verso Zelenskyy e contrario a un ingresso del Paese aggredito. Non a caso – sottolinea Politico – la dichiarazione finale menzionerà sì il sostegno a Kiev, ma con toni meno enfatici rispetto al passato. L’escalation in Medio Oriente, dopo i recenti attacchi Usa ai siti nucleari iraniani, dominerà senz’altro le discussioni informali, ma non rientra ufficialmente nell’agenda. Il summit sarà il più breve degli ultimi 25 anni e si limiterà a una cena e a una sessione di tre ore, con un comunicato finale di cinque paragrafi, per minimizzare il rischio di attriti tra alleati e soprattutto con Trump: tutti d’altronde ricordano quanto successo nel 2018, quando lo stesso Trump minacciò di far uscire l’America dall’organizzazione da essa stessa creata nel lontano 1949.

ATTENTATO JIHADISTA A DAMASCO 

Come riferisce BBC, un devastante attentato terroristico ha colpito Damasco domenica sera, quando un kamikaze che si ritiene affiliato allo Stato Islamico (IS) ha attaccato la chiesa greco-ortodossa del Profeta Elia nel quartiere di Dweila mentre era in corso una messa. L’attacco, il primo di tale gravità nella capitale siriana dopo la caduta di Bashar al-Assad lo scorso dicembre, ha causato secondo la CNN, che cita il ministero della salute siriano, tra i 22 e i 25 morti e una sessantina di feriti. La chiesa, riferisce il Guardian citando vari video diffusi sui social, ha subito danni massicci: l’altare risulta distrutto, i banchi frantumati, i vetri rotti tra sangue sparso ovunque. Il ministero dell’interno siriano ha riferito, secondo la BBC, che l’attentatore ha aperto il fuoco sui fedeli prima di detonare un giubbotto esplosivo all’ingresso. Testimoni hanno descritto un uomo armato che sparava, mentre un secondo assalitore avrebbe partecipato senza farsi esplodere. L’attentato è stato attribuito all’IS, che non ha tuttavia ancora diffuso una rivendicazione ufficiale. Sconfitta militarmente nel 2019, l’organizzazione jihadista conta ancora secondo alcune stime tra 1.500 e 3.000 combattenti in Siria e Iraq e sta ora sfruttando il caos post-Assad per riorganizzarsi anche grazie alle armi abbandonate dal vecchio regime. L’attacco di domenica sembra mirato a colpire i cristiani, un frequente bersaglio dell’IS, con l’obiettivo evidente di destabilizzare la convivenza interreligiosa. Il governo siriano guidato da Ahmed al-Sharaa ha condannato l’attacco come “crimine riprovevole”. Il ministro dell’interno, Anas Khattab, ha annunciato l’avvio di indagini, mentre il Patriarcato greco-ortodosso ha chiesto protezione per le minoranze. L’Onu, tramite l’inviato Geir Pedersen, ha condannato il “crimine efferato”, invitando a respingere il terrorismo, mentre l’inviato Usa Tom Barrack ha definito l’attacco “codardo”. Grecia, Turchia, Giordania, Iraq, Israele, Emirati Arabi e altri hanno espresso condanne, con il premier greco Mitsotakis che ha chiesto protezione per le minoranze.

 

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