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JOSÉ ANTONIO KAST

Il Cile sceglie Kast: chi è il presidente più a destra dall’era Pinochet

Il Cile ha un nuovo presidente, il più votato e il più a destra dal ritorno della democrazia: è José Antonio Kast, esponente dell’ultraconservatorismo d’ispirazione trumpiana, pro vita, antiabortista e nostalgico di Pinochet

Al terzo tentativo José Antonio Kast conquista La Moneda, imponendosi con il 58% di consensi sulla sfidante Jeannette Jara del Partito Comunista/Unità per il Cile, ferma al 42%.

Il neopresidente del Cile esce dalle urne con un “mandato chiaro”, forte di 7,2 milioni schede col suo nome: un risultato sbalorditivo, superiore al record di Sebastián Piñera del 2017, ma anche a quello dell’uscente Gabriel Boric, che nel 2021 aveva totalizzato oltre 4,6 milioni di voti, e che proietta il Cile nella legislatura più a destra dal ritorno della democrazia 35 anni fa.

CHI È JOSÉ ANTONIO KAST

Nativo di Santiago, Kast proviene da una famiglia di emigrati tedeschi. Il padre fu iscritto al partito nazista e servì nella Wermach prima di trasferirsi con la moglie in America latina nel 1951 per fuggire alle epurazioni post-hitleriane. In Cile la famiglia Kast fa fortuna grazie ai buoni affari dell’azienda di salumi Cecinas Bavaria, fondata dai Michael Kast e Olga Rist Hagspiel. Nel 1966 nasce José Antonio, ultimo di 9 figli.

Formatosi in legge alla Pontificia Università Cattolica del Cile, Kast entra in politica a metà degli anni Novanta nelle fila dell’Unione Democratica Indipendente, partito di destra erede del movimento gremialista, tra le principali forze a sostegno del golpe Pinochet nel 1973.

Nel 2016 lascia l’UDI per candidarsi da indipendente alle presidenziali dell’anno successivo con il sostegno di ambienti nazionalisti, ultracattolici e militari e promettendo il perdono agli ex membri del regime di Augusto Pinochet che avessero superato gli 80 anni, anche quelli macchiatisi di gravi crimini. Risultato quarto al primo turno, appoggia il vittorioso Sebastián Piñera al ballottaggio.

Da quel momento virerà su una linea più moderata – per esempio, cessa di presentarsi come l’erede di Pinochet – e si ripresenta alle presidenziali del 2021, dove risulta il più votato al primo turno. Dovrà però cedere il passo al ballottaggio contro Boric.

DUE VISIONI OPPOSTE DELLA STORIA E DEL FUTURO DEL CILE

La vittoria arriva al termine di una campagna elettorale fortemente polarizzata, spesso segnata da scontri duri tra i due candidati, espressione di visioni diametralmente opposte del futuro e della storia del Cile. Se Jara rappresentava il ceto popolare e una piattaforma di profonde riforme sociali per ridurre le disuguaglianze, accompagnata da una condanna netta della dittatura di Augusto Pinochet, Kast ha costruito la propria proposta su un’agenda di tagli alla spesa pubblica, sicurezza e conservatorismo morale, mantenendo un rapporto mai rinnegato con l’eredità del regime militare.

Nel 1988, da parlamentare, Kast votò contro la destituzione di Pinochet, mentre uno dei suoi fratelli, Miguel Kast, fu ministro del Lavoro e presidente della Banca centrale sotto la giunta militare. Un legame simbolico e familiare che continua a pesare sul profilo del nuovo presidente.

UN TRUMPIANO ALLA MONEDA

Sulla scia dei movimenti trumpiani già affermatisi nel continente – dall’argentino Javier Milei al brasiliano Jair Bolsonaro – Kast ha puntato con forza sui temi dell’immigrazione e della sicurezza, facendo leva su una società preoccupata per l’aumento della violenza urbana. Ha promesso deportazioni di massa per i migranti irregolari, la costruzione di una barriera al confine settentrionale e nuove carceri ispirate al “modello Bukele” adottato in El Salvador. L’obiettivo dichiarato è l’eradicazione della criminalità organizzata, in un Paese che resta comunque tra i più sicuri dell’America Latina.

Sul piano economico, la sua ricetta s’ispira alla scuola dei Chicago Boys – di cui il fratello fu un esponente rilevante – e prevede un drastico ridimensionamento dello Stato: fino a 6 miliardi di dollari di tagli alla spesa pubblica nei primi 18 mesi di mandato, con l’obiettivo di rilanciare una delle economie più dinamiche della regione. Il tutto accompagnato da un conservatorismo morale che include il rifiuto dell’aborto e dei diritti LGBTQIA+.

 

 

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