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Oltreconfine

Il Cile vira a destra, in Siria torna lo spettro dell’Isis, Bulgaria nel caos. Che si dice Oltreconfine?

Oltreconfine, la rassegna stampa internazionale di Policy Maker

KAST VINCE IN CILE

José Antonio Kast è il nuovo presidente del Cile. Con oltre il 58% dei voti ottenuti al ballottaggio di domenica, il leader di destra ha battuto nettamente Jeanette Jara, candidata della coalizione di sinistra al governo, in un’elezione segnata da temi come sicurezza, immigrazione e crimine. Come riporta la BBC, si tratta del più grande spostamento a destra dal 1990, fine della dittatura militare, e Kast non ha nascosto l’ammirazione per Augusto Pinochet, il dittatore che ha segnato la storia del Paese.

Nel suo discorso da presidente eletto, Kast ha promesso un Cile “libero dal crimine, dall’angoscia e dalla paura”. “Andremo a cercare i criminali, li troveremo, li giudicheremo e li chiuderemo in cella”, ha detto ai sostenitori festanti a Santiago. Come scrive il New York Times, Kast fa parte di un movimento globale di destra che punta su ordine e confini sigillati, ispirato a figure come Donald Trump, Viktor Orbán e Giorgia Meloni.

Ha incontrato quest’ultima di recente, adottando una strategia simile: ammorbidire l’immagine estrema per attirare voti mainstream, focalizzandosi su sicurezza anziché su posizioni contro l’aborto. L’aumento della criminalità organizzata e dell’immigrazione irregolare, soprattutto dal Venezuela, ha dominato la campagna.

Come osserva il New York Times, un sondaggio Ipsos mostra che il 60% dei cileni attribuisce la priorità alla lotta al crimine. Kast ha dipinto il Cile come un paese nel caos, promettendo un muro al confine con Perù e Bolivia, prigioni di massima sicurezza e deportazioni di massa. Come nota la BBC, tuttavia il tasso di omicidi è in calo e gli immigrati commettono in media meno reati, ma la percezione di insicurezza ha convinto molti elettori. Kast, padre di nove figli con radici nel cattolicesimo conservatore, ha origini familiari controverse: suo padre era nel partito nazista tedesco, anche se lui lo nega; il fratello fu ministro sotto Pinochet.

Come ricorda il New York Times, ha fondato il Partito Repubblicano nel 2019, basato su valori tradizionali e economia di mercato. In passato ha sostenuto la dittatura, riconoscendone gli abusi ma lodandone gli aspetti economici. Oggi promette tagli al bilancio statale e deregolamentazioni, gradite agli investitori. Il presidente uscente Gabriel Boric, di sinistra, aveva bassi indici di gradimento, e Jara ha pagato l’essere vista come in continuità. Questa, spiega la BBC, era la prima elezione con voto obbligatorio, che ha spinto molti a scegliere il “male minore”. Jara ha accettato la sconfitta augurando successo a Kast “per il bene del Cile”. Il voto cileno segue un’onda conservatrice in America Latina, da Argentina a Ecuador. Resta da vedere se le promesse di Kast si tradurranno in azioni, o se, come dice un elettore scettico alla BBC, espellere 360mila irregolari sia “fisicamente impossibile”.

ATTACCO ISIS IN SIRIA: TRE AMERICANI UCCISI

Come riporta il New York Times, un attacco attribuito all’Isis avvenuto lo scorso 13 dicembre nel centro della Siria ha causato la morte di due soldati americani e un interprete civile statunitense, le prime vittime Usa nel paese dopo la caduta di Bashar al-Assad l’anno scorso. L’episodio è avvenuto durante un’operazione antiterrorismo congiunta con forze siriane, vicino alla storica città di Palmira. Secondo fonti del Pentagono, i militari stavano fornendo sicurezza esterna a un incontro tra funzionari del ministero dell’Interno siriano quando un uomo armato solitario ha aperto il fuoco da un edificio vicino, probabilmente con una mitragliatrice.

Le forze siriane hanno risposto uccidendo l’attentatore sul posto. Tre militari americani e due siriani sono rimasti feriti; elicotteri Usa hanno evacuato i colpiti verso la base di al-Tanf. Il presidente Trump ha reagito duramente su Truth Social: “È stato un attacco Isis contro gli Usa e la Siria, in una zona pericolosa non pienamente controllata”. Ha aggiunto che ci sarà “una rappresaglia molto seria”. Il segretario alla guerra Pete Hegseth ha condannato l’attentato su X, avvertendo: “Chi colpisce americani passerà il resto della sua breve vita sapendo che gli Usa lo cercheranno, troveranno e uccideranno senza pietà”.

Nessun gruppo ha rivendicato l’operazione, ma valutazioni iniziali puntano sull’Isis. Fonti siriane indicano che l’attentatore era un membro delle forze di sicurezza locali con idee estremiste, infiltrato o radicalizzato, e che era stato segnalato per possibili legami con il terrorismo. L’attacco evidenzia le persistenti minacce dell’Isis in Siria, nonostante la sconfitta territoriale nel 2017-2018. Cellule dormienti continuano azioni nel deserto orientale, e crescono timori di liberazioni di massa di militanti detenuti.

Palmira, conquistata brevemente dall’Isis nel 2015 con distruzioni di siti archeologici, resta un’area instabile. Per il nuovo governo siriano guidato dal presidente Ahmad al-Sharaa – che ha recentemente firmato accordi di cooperazione antiterrorismo con gli Usa e visitato Trump alla Casa Bianca – è una sfida enorme: ricostruire forze armate, gestire fratture settarie e contrastare gruppi armati residui. Washington ha ridotto le truppe da 2.000 a circa 1.000 quest’anno, dopo la diminuzione di minacce da milizie iraniane e russe. Non è chiaro se l’attacco invertirà questa strategia di ritiro parziale.

IL GOVERNO IN BULGARIA SI DIMETTE DOPO SETTIMANE DI PROTESTE DI MASSA

La Bulgaria vive un nuovo capitolo di instabilità politica. Come riferisce il Guardian, il primo ministro Rosen Zhelyazkov ha annunciato le dimissioni del suo governo, in carica da meno di un anno, proprio alla vigilia di un voto di sfiducia in parlamento e a poche settimane dall’ingresso del Paese nella zona euro, previsto per il 1° gennaio.

In un intervento televisivo, Zhelyazkov ha spiegato la decisione dopo un incontro con i leader della coalizione: “Abbiamo discusso la situazione attuale, le sfide che affrontiamo e le scelte responsabili da prendere. Vogliamo essere all’altezza delle aspettative della società. Il potere viene dalla voce del popolo”. Ha poi aggiunto: “Persone di ogni età, etnia e religione hanno chiesto le dimissioni. Questa energia civica va sostenuta e incoraggiata”.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso secondo il quotidiano britannico è stata una serie di manifestazioni oceaniche contro le politiche economiche del governo e, soprattutto, contro la corruzione endemica, che i bulgari considerano intollerabile. Una settimana fa decine di migliaia di persone – oltre 100.000 solo a Sofia, secondo stime basate su immagini da drone – hanno invaso le strade della capitale e di molte altre città, scandendo “Dimissioni!” e mostrando cartelli con caricature di politici e scritte come “Ne ho abbastanza!”. Studenti universitari hanno gonfiato i numeri delle proteste nella capitale, in un paese di meno di 7 milioni di abitanti.

Le manifestazioni erano scoppiate inizialmente per il progetto di bilancio 2026, che prevedeva aumenti di tasse, contributi previdenziali e spesa pubblica. I critici lo vedevano come un tentativo di coprire la corruzione, senza reali benefici per i cittadini. Il governo ha poi ritirato il testo, ma le proteste sono continuate, ampliandosi alla richiesta di dimissioni dell’esecutivo di centro-destra.

Anche il presidente Rumen Radev, vicino a posizioni filorusse, ha invitato il governo a farsi da parte, scrivendo su Facebook: “Tra la voce del popolo e la paura della mafia, ascoltate le piazze!”. Ora Radev proverà a incaricare i partiti parlamentari di formare un nuovo esecutivo. Se falliranno, come probabile, nominerà un governo tecnico fino a nuove elezioni: sarebbero le ottave in quattro anni. Il paese più povero dell’Ue soffre da tempo di instabilità politica, bassa fiducia nelle istituzioni e timori per l’aumento dei prezzi con l’euro. Eppure, sottolinea il Guardian, analisti ritengono che l’adozione della moneta unica procederà senza intoppi.

 

 

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