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Il Piano Mattei e gli effetti collaterali nella strategia di cooperazione Ue-Africa
Gli effetti indesiderati della Cooperazione Ue – Africa: l’allocazione inefficace e ingiusta delle risorse e la transizione ecologica sulla pelle del continente africano
Nella conferenza di inizio anno la premier Meloni ha ricordato l’impegno del governo per l’implementazione del “Piano Mattei”, il programma di cooperazione e sviluppo economico per il continente africano. “Quello che secondo me va fatto in Africa non è la carità, è costruire rapporti di cooperazione seri, strategici, da pari a pari e non predatori”, ha detto la Premier Meloni.
LA COOPERAZIONE CON L’AFRICA: LE BUONE INTENZIONI DEL PIANO MATTEI
Bisogna “difendere il diritto a non dover migrare prima del diritto a poter migrare, e questo si fa con gli investimenti e una strategia – ha detto la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni -. Il piano Mattei costruisce questa idea: il mio obiettivo è che diventi un modello anche per altri paesi europei e occidentali, perché possano aggregarsi”. Il proposito della Premier Meloni, per quanto animato dall’obiettivo di contribuire alla stabilità di “un continente ricco di materie prime ma altamente instabile”, potrebbe non trovare un riscontro fattuale.
COOPERAZIONE UE-AFRICA: IL REPORT AL PARLAMENTO EUROPEO
Il prossimo 17 gennaio il Parlamento Europeo esaminerà un documento che illustra gli effetti collaterali indesiderati di aiuti europei a stati africani. “L’Africa ospita quasi il 18% della popolazione mondiale, ma rappresenta meno del 6% del consumo energetico globale, con 600 milioni di persone, ovvero il 43% della popolazione, senza accesso all’elettricità – si legge nel Report on Eu development cooperation in support of access to energy in developing countries -. La maggior parte di queste persone vive in aree rurali e insediamenti informali oppure sono sfollati o rifugiati. E anche quando c’è accesso all’elettricità, la qualità dei servizi è spesso scarsa”.
LE DIFFICOLTÀ NELL’APPROVVIGIONAMENTO DI ALIMENTAZIONE SICURA
Non solo difficoltà nell’approvvigionamento energetico ma anche difficoltà nell’accesso ad acqua potabile e a un’alimentazione sicura. “Nel 2022, le persone in Africa senza accesso a un’alimentazione sicura erano 970 milioni. Il 64% degli africani fa affidamento prevalentemente sul legno raccolto insieme ai rifiuti agricoli e animali come combustibile per cucinare. La mancanza di accesso a un’alimentazione sicura in Africa ha enormi conseguenze sociali e ambientali: salute, deforestazione, cambiamento climatico. Inoltre, la mancanza di obiettivi di genere sta danneggiando donne e ragazze”.
COOPERAZIONE EU-AFRICA: DAL 2014 AL 2020 FORNITI 13,8 MILIARDI DI EURO
Nel report si riconosce l’impegno dell’Europa nei confronti dei paesi africani ma, allo stesso tempo, se ne individuano gli aspetti di inefficacia. “Sebbene l’UE abbia una lunga tradizione di cooperazione energetica in Africa – insieme ai suoi Stati membri, ha fornito 13,8 miliardi di euro ovvero la stragrande maggioranza dei finanziamenti APS per i progetti SDG7 in Africa tra il 2014 e il 2020 –, tuttavia soffre di alcune carenze. La transizione energetica è costantemente sottofinanziata nei Paesi meno sviluppati (PMS)”.
GLI EFFETTI COLLATERALI DELLA COOPERAZIONE UE-AFRICA
Ma non solo. Il report sottolinea come la cooperazione possa avere effetti collaterali peggiorativi. “La maggior parte degli esborsi ha avuto la forma di prestiti, il che solleva alcune preoccupazioni sulla sostenibilità del debito, tenendo conto che, nel 2023, 21 paesi a basso reddito in Africa sono o sono a rischio di sofferenza debitoria – si legge nel report -. Inoltre, la maggior parte dei progetti finanziati dall’UE mira a promuovere grandi infrastrutture di generazione elettrica e l’interconnessione delle reti di trasmissione per creare mercati elettrici integrati, che hanno un impatto minimo sulla promozione dell’accesso all’elettricità per coloro che non ce l’hanno”. Quindi la promozione di reti infrastrutturali per la produzione di energia non interesserà coloro i quali oggi non accedono alla rete elettrica.
I SUGGERIMENTI DELLA RELATRICE ROOSE: PIÙ SOVVENZIONI E MENO PRESTITI
Caroline Roose, europarlamentare belga ma operante in Francia, eletta tra le fila dei Greens/European Free Alliance è la relatrice del report. Secondo l’on. Roose l’Ue dovrebbe dare “priorità alle sovvenzioni rispetto ai prestiti nei paesi a rischio di indebitamento”. Per quello che riguarda il contrasto alla “povertà energetica” in Africa, secondo l’on. Roose “i finanziamenti dell’UE dovrebbero essere riorientati verso i paesi con tassi di accesso all’elettricità più bassi”. Dovrebbe essere dato, dunque, maggiore peso al segmento della distribuzione come elemento strategico per promuovere l’accesso universale all’energia. E dovrebbero trovare posto anche le variabili legate ai diritti di genere “in tutta la progettazione delle politiche di sviluppo e dei programmi energetici dell’UE in Africa”, così come l’accesso a un’alimentazione sicura.
LE GIUSTIZIA ENERGETICA DEVE ESSERE BASATA SUI DIRITTI
La giustizia energetica, secondo la relatrice, la si ottiene sostenendo “l’attuazione di un regime di energia rinnovabile basato sui diritti”. Ciò è tanto più importante poiché “i progetti di energia rinnovabile su larga scala, come l’idrogeno verde basato sull’energia solare ed eolica, e l’energia idroelettrica, presentano sia opportunità che sfide nel Sud del mondo. Ad esempio, sebbene l’idrogeno verde prodotto da risorse rinnovabili possa potenzialmente svolgere un ruolo significativo nel raggiungimento degli obiettivi climatici di Parigi, potrebbe innescare conflitti sull’uso del territorio e aggravare la povertà”.
LA TRANSIZIONE ENERGETICA EUROPEA SULLA PELLE DELL’AFRICA
A tutto ciò si aggiunge un altro tassello, un leitmotiv dello sviluppo europeo: il progresso dell’Ue rischia di avvenire a spese dei paesi africani. Questa volta è la transizione energetica verso forme di energia pulita che minaccia di erodere i territori dell’Africa. “I paesi in via di sviluppo dispongono di un’abbondanza di fonti energetiche rinnovabili, che forniscono una fonte di energia più economica, più accessibile, inclusiva e affidabile rispetto ai combustibili fossili – si legge nel report -. In Africa, che è dotata di molte fonti di energia rinnovabile, le aree aride sono viste come siti eccellenti per la generazione di energia eolica e solare. Con la transizione energetica globale, si tende ora a sfruttare l’enorme potenziale di queste aree per produrre energia. I governi dei paesi in via di sviluppo utilizzano la narrativa delle terre “inattive” o “degradate” per giustificare l’acquisizione di terreni. Tuttavia, queste aree sono state utilizzate per generazioni da diverse popolazioni di pastori, cacciatori-raccoglitori e agricoltori come risorse di proprietà comune. Le iniziative nel campo delle energie rinnovabili spesso ignorano i loro diritti fondiari”.
Ciò non farebbe che aggravare l’ingiustizia climatica e il rischio di “accaparramento di terre per l’energia verde”. Secondo la relatrice “l’UE e le istituzioni finanziarie europee per lo sviluppo dovrebbero dare priorità e intensificare i propri investimenti in sistemi di energia rinnovabile decentralizzati, su piccola scala e off-grid, che offrono buone soluzioni per le comunità remote, per raggiungere l’SDG7 e “non lasciare nessuno indietro”.