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Israele, l’era Netanyahu è davvero finita?

Israele Netanyahu

Naftali Bennett, Yair Lapid e Mansour Abbas: rispettivamente l’ex capo del Consiglio dei coloni, l’ex giornalista e volto noto della tv israeliana, e il leader di un partito arabo-israeliano insieme per mettere la parola fine all’era Netanyahu in Israele. Ma Bibi uscirà davvero di scena dopo 12 anni di governo?

Dopo 12 anni di governo Netanyahu con il partito conservatore Likud, Israele potrebbe avviarsi verso un governo di coalizione. Ad annunciarlo è stato Yair Lapid, leader del partito centrista israeliano Yesh Atid, il quale ha parlato di sistema “a rotazione”. Netanyahu però non si farà mettere da parte senza tentarle tutte e infatti ha già convocato una riunione di emergenza per ostacolare la nuova formazione.

La coalizione deve ancora ottenere la fiducia dalla Knesset, il Parlamento israeliano, che potrebbe esprimere il proprio voto la prossima settimana. Intanto, con 87 voti su 120, è stato eletto il centrista Isaac Herzog a nuovo presidente d’Israele. Sostituisce l’uscente Reuven Rivlin.

CHI FA PARTE DELLA COALIZIONE

L’ampia coalizione raggruppa otto partiti: i centristi di Yesh Atid e Kahol Lavan, la destra di Israel Beitenu, Yamina e Tikva Hadasha, i Laburisti, la sinistra di Meretz e la Lista Araba Unita, conosciuta anche con l’acronimo Ra’am, che diventerebbe la prima formazione araba nella storia di Israele a entrare in un governo.

Da sinistra: Yair Lapid (Yesh Atid), Naftali Bennet (Yamina) e Mansour Abbas (Ra’am)

COME FUNZIONEREBBE LA ROTAZIONE

Secondo l’intesa siglata dagli otto partiti, il governo “a rotazione” avrà inizialmente come primo ministro Naftali Bennett, leader del partito di destra Yamina, fino al settembre del 2023. L’incarico poi passerebbe a Yair Lapid, capo di Yesh Atid.

LE PRIME DIVERGENZE

Il ‘governo del cambiamento’ non ha ancora ottenuto la fiducia della Knesset, ma una coalizione così eterogenea si trova già a fare i conti con le proprie differenze.

L’ingresso di Ra’am, per esempio, è subordinato a un’intesa tra Mansour Abbas, Bennet e Lapid, che prevede numerosi progetti a favore della popolazione arabo-israeliana. “Pianificazione, crisi abitativa e, naturalmente, lotta alla violenza e alla criminalità organizzata”, ha citato tra gli altri Abbas, il quale ha promesso che a beneficiare maggiormente dei progetti sarà la regione del Negev, base elettorale di Ra’am e abitata da comunità beduine. Per decenni i partiti arabo-israeliani, ritenuti estremisti dai partiti ebraici, sono infatti rimasti fuori del processo decisionale nella politica d’Israele.

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Se da un lato Abbas otterrà quanto richiesto dall’altro si troverà di fronte a questioni finora ritenute del tutto lontane dal suo partito islamista, come “l’impegno a promuovere la comunità Lgbt e la legalizzazione delle coppie dello stesso sesso” già annunciati alla coalizione da Nitzan Horowitz, presidente di Meretz. Walid Taha di Ra’am ha infatti commentato: “La nuova coalizione si basa su molte cose che ci uniscono, ma non sosterremo nessun governo che ci imponga valori in cui la nostra comunità non crede”.

Intanto, in attesa del voto della Knesset, lo Shin Bet, l’agenzia di intelligence che protegge i massimi funzionari dello Stato, ha deciso di cominciare già a occuparsi di Bennett per il timore che la rabbia da parte di alcune parti della destra possa sfociare in un attentato.

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