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Bulgaria

La Bulgaria entra nell’Eurozona: cosa cambia e perché il Paese teme l’impennata dei prezzi

Dal 1° gennaio 2026 la Bulgaria adotterà l’euro. Un riconoscimento per un Paese povero, reduce da un lungo percorso di risanamento dei conti, che ora ottiene un riconoscimento storico che lo avvicinerà all’Occidente riducendo l’influenza di Mosca. Ma nei cittadini alberga il timore che l’ingresso nell’Eurozona scatenerà un nuovo innalzamento dei prezzi

Il giorno di Capodanno la Bulgaria completa ufficialmente la sua integrazione nel nucleo monetario europeo: il lev cede il passo all’euro e Sofia diventa membro effettivo dell’area valutaria comune. L’evento — celebrato dai sostenitori come la naturale tappa di un percorso iniziato negli anni Novanta — è però segnato dall’instabilità politica: il governo ha rassegnato le dimissioni in piena ondata di proteste contro la corruzione e il progetto di bilancio, lasciando il Paese senza una maggioranza stabile nel momento in cui comincia a convivere con la nuova moneta.

L’INGRESSO NELL’EUROZONA: COSA CAMBIA PER LA BULGARIA

Il passaggio all’euro è il coronamento di anni di aggiustamenti macroeconomici: la Bulgaria ha rispettato i criteri di convergenza richiesti da Commissione ed Eurotower e ha ottenuto il via libera formale che fissa il tasso di conversione e la data di adozione.

Per Bruxelles e per molte imprese locali la mossa dovrebbe abbattere i costi di transazione, rendere più semplici gli scambi intra-UE e attrarre investimenti. Sul piano formale, la Banca nazionale smette di avere autonomia monetaria pratica: il Paese entra nel processo di decision-making dell’Eurosistema e prenderà parte stabilmente alle riunioni della Bce come membro dell’area.

IL CONTESTO POLITICO: L’ADOZIONE SOVRAPPPOSTA AL CAOS

L’introduzione dell’euro avviene in un quadro politico turbolento. Nelle scorse settimane l’esecutivo si è dimesso in blocco a seguito dell’ondata di manifestazioni contro la legge di bilancio.

L’aumento dei prezzi a causa dell’inflazione, la perdita di sovranità monetaria e lo scetticismo verso una transizione sentita come imposta dall’alto e non accompagnata con le dovute cautele, sono solo alcuni dei punti espressi dai manifestanti. Molti, soprattutto tra i giovani, ritengono che anni di appartenenza all’Ue non abbiano migliorato ciò che davvero conta: lo stato di diritto e la qualità della vita democratica.

Le dimissioni del primo ministro Rossen Zhelyazkov, in carica da appena un anno, hanno aperto la strada a un periodo di incertezza che potrebbe complicare l’attuazione di riforme necessarie per sfruttare i benefici dell’euro, e rallentare l’assorbimento dei fondi comunitari di cui la Bulgaria ha bisogno. Gli osservatori sottolineano che la fragilità istituzionale riduce la capacità del Paese di convertire il ‘passaporto euro’ in crescita reale.

PAURE DELL’AUMENTO DEI PREZZI

Una delle paure più diffuse tra i cittadini è quella dell’aumento dei prezzi: il timore che commercianti e servizi arrotondino i listini al rialzo al momento del cambio, aggravando il costo della vita.

L’opinione pubblica è divisa: una quota significativa dei bulgari dichiara di preferire il mantenimento del lev proprio per timore dell’inflazione e le autorità europee e la Banca centrale europea avvertono che i passaggi di valuta comportano rischi — in particolare fenomeni di arrotondamento — ma insistono che la stabilità macro è favorita dall’integrazione.

COSA CAMBIA (E COSA NO) NEL BREVE TERMINE

Gli economisti concordano su un punto: nel breve periodo i cambiamenti reali potrebbero essere contenuti. Il lev, da quasi tre decenni, è stato sostanzialmente ancorato all’euro tramite il currency board, quindi molte variabili monetarie sono già allineate.

Tutto dipenderà però dalla politica fiscale, dalla tenuta dello stato di diritto e dalla lotta alla corruzione.

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