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La dottrina Biden: cosa aspettarsi dal nuovo presidente USA

Biden

Il doppio binario con la Cina, l’Iran, l’asse con l’Ue, il Medio Oriente e il Golfo. La dottrina Biden secondo Paolo Wulzer, docente di Storia delle Relazioni internazionali dell’Università L’Orientale di Napoli

“I rapporti tra Washington e Pechino sono destinati a scandire l’evoluzione della politica internazionale nei prossimi anni, ma in forma molto diversa rispetto a quanto i rapporti USA-URSS avevano fatto durante la guerra fredda”. Mentre si va definendo la dottrina di Joe Biden in politica estera, Policy Maker ha intervistato il professor Paolo Wulzer, docente di Storia delle Relazioni internazionali dell’Università L’Orientale di Napoli,

Professore, partiamo dall’asse atlantico. Biden cercherà con Ue un asse allineato su Cina, Russia e Iran?

Sicuramente Biden maneggerà il tema delle relazioni transatlantiche e dei rapporti con l’UE con molta più cautela rispetto allo stile irruento di Trump, che spesso sembrava ignorare anche la grammatica fondamentale di quello che rappresenta comunque un asse fondamentale della politica estera americana. Si tratterà di un cambiamento non solo di forma, ma anche di sostanza. Penso dunque che la nuova Casa Bianca cercherà di fare asse con l’Europa sui principali dossier internazionali, sia globali che regionali. Spetterà all’Europa arrivare a questo auspicato rilancio dei rapporti transatlantici tentando di elaborare posizioni unitarie, e non sarà facile (penso alla Russia). Ovviamente, come al solito, maggiori saranno le divisioni europee e minore sarà il leverage europeo nei confronti di Washington.

Cosa vuole Biden in Medio Oriente? Come si posiziona Biden con Israele e Iran?

Nel passaggio da Trump a Biden, sicuramente potrebbe esserci dei cambiamenti formali, qualche ritocco cosmetico dell’approccio USA in Medio Oriente, come risultato della maggiore enfasi ed attenzione della nuova amministrazione alla tematica della democrazia e dei diritti umani. Poi bisognerà vedere cosa cambierà nella sostanza. Le prime mosse sembrano indicare, soprattutto per quanto riguarda il Golfo Persico, un ribaltamento delle posizioni di Trump e un ritorno al paradigma obamiano fondato sul tentativo di engagement dell’Iran e sul raffreddamento del rapporto con l’Arabia Saudita.

Si riferisce al sostegno militare?

Proprio ieri il presidente americano ha annunciato che gli Stati Uniti interromperanno la vendita di alcune armi all’Arabia Saudita e smetteranno di appoggiarla nella sua guerra contro i ribelli houthi in Yemen. È inoltre probabile che gli Stati Uniti ritornino ad operare in Medio Oriente in maggiore coordinamento con gli Europei, anche al fine di contrastare pressioni, penetrazione ed influenza guadagnata da Russia e Cina. Il percorso degli accordi di Abramo non sarà invece invertito, anche se ci si augura che con la nuova amministrazione democratica ci possa essere almeno il tentativo di far uscire la questione palestinese dal dimenticatoio nel quale è precipitata.

Alla Russia e alla Cina cambia qualcosa il cambio Trump/Biden?

Sicuramente il cambio di registro verbale su democrazia e diritti, che si annuncia come tratto caratterizzante della nuova Casa Bianca, non potrò non ripercuotersi sui rapporti con Mosca e Pechino. D’altronde Biden lo ha annunciato chiaramente, “è arrivato il momento di fronteggiare gli autoritarismi di Cina e Russia”. Per ora sembra maggiormente Putin nel mirino, per una serie di questioni quali la sorte di Navalny, le interferenze sulle elezioni, i cyber attacchi.

E per la Cina?

Per la Cina è presumibile che si vada verso una politica di “doppio binario” da parte degli Stati Uniti. Da una parte, si tenterà di coinvolgere la Cina su una serie di dossier fondamentali, a partire dalla sicurezza sanitaria globale e dalla protezione ambientale. Dall’altra, ci sarà un irrigidimento sui temi quali la libertà di navigazione, il Mar Cinese Meridionale, la difesa di Giappone,Taiwan e Filippine, oltre che per la questione dei diritti umani.

Esiste una vera guerra fredda tra Washington e Pechino?

No, la categoria di guerra fredda non è adatta a fotografare l’attuale stato delle relazioni tra Stati Uniti e Cina. La diversa configurazione del sistema internazionale, il mix di competizione e interdipendenza che caratterizza i rapporti tra i due paesi, la presenza di numerosi e rilevanti player regionali, rendono quel paragone storico completamente inadeguato. I rapporti tra Washington e Pechino sono destinati a scandire l’evoluzione della politica internazionale nei prossimi anni, ma in forma molto diversa rispetto a quanto i rapporti USA-URSS avevano fatto durante la guerra fredda.

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