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La guerra dei cercapersone: antipasto del ‘grande conflitto mediorientale’. Parla Giuseppe Dentice (Cesi)
L’operazione, attribuita al Mossad, ha colpito più di 5mila esponenti di Hezbollah, causando almeno 20 morti e 450 feriti. Colloquio con Giuseppe Dentice (analista Nord Africa e Medio Oriente del Cesi)
Sono circa 5mila i dispositivi in possesso di membri di Hezbollah che negli ultimi due giorni sono esplosi causando almeno 20 morti e il ferimento di 450 persone. Un’operazione attribuita al Mossad, il servizio segreto israeliano, che potrebbe anticipare un’operazione militare tradizionale, su vasta scala, nel sud del Libano. Ne abbiamo parlato con Giuseppe Dentice, analista Nord Africa e Medio Oriente del Cesi.
Perché Israele ha deciso di far saltare in aria cercapersone (pager), walkie talkie e radio?
Allora, la situazione è in divenire quindi molti dettagli li stiamo assumendo ancora oggi. Però possiamo dire che ci sono due necessità: una politica e l’altra di natura tattica e strategica. Quest’ultima si lega al fatto che l’azione di Israele è un’operazione di intelligence che va avanti da diverso tempo. I pager, i walkie talkie e le radio esplose sono arrivati in Libano almeno sei mesi fa. Proprio dopo l’appello del Segretario generale degli Hezbollah, Hassan Nasrallah a non utilizzare tecnologia di alta qualità perché Israele sarebbe stata in grado di danneggiarla. Ora, Israele aveva fretta, perché, dalle ultime informazioni, il gruppo infiltrato in Libano non è stato in grado di tenere la copertura e ha rischiato di venire scoperto. Quindi se Israele non avesse lanciato, negli ultimi giorni, questa operazione avrebbe rischiato di vedere svanire gli sforzi dei suoi uomini in campo.
E la questione politica?
Risponde alle esigenze del governo Netanyahu di rimanere più a lungo in carica. A questo si aggiunge la necessità di sfruttare gli spazi che ci sono al momento: a novembre le elezioni americane e a gennaio l’insediamento della nuova Presidenza. Un periodo di tempo troppo lungo che potrebbe essere limitante o logorante per gli israeliani. Per questo il governo israeliano da tempo sta puntando sul Libano per provocare una reazione di Hezbollah e riuscire a dare vita alla ‘grande guerra mediorientale’.
Dunque, nell’immediato, possiamo escludere un attacco su più vasca scala?
Nell’immediato forse no, però è anche vero che le operazioni lanciate in questi giorni possono aprire il campo a operazioni di larga scala. Quindi direi che non possiamo escludere nulla.
Fino a qualche giorno fa la poltrona del ministro della Difesa Yoav Gallant sembrava in bilico. Questa operazione cambia le carte in tavola?
Non può essere cambiato il ministro della Difesa con una possibile guerra all’orizzonte, tant’è che anche il governo ha messo in stand by la nomina di un nuovo titolare del dicastero della difesa. Al momento il governo sta concentrando tutte le sue attenzioni sulle ipotesi di un’operazione di terra in Libano e Gallant deve tenere le redini dell’operatività. Cambiare oggi le gerarchie sarebbe un autogoal.
Però, perché aprire il fronte politico con il ministro della difesa a pochi giorni da un attacco così importante? Il dubbio è se il Premier israeliano Netanyahu sapesse dell’attacco.
Se Netanyahu non avesse saputo di un attacco di questo tipo sarebbe molto strano ma soprattutto pericoloso. Io tendo ad escluderlo categoricamente. Se il ministro della Difesa prepara un’operazione del genere il suo primo Ministro non solo ne è a conoscenza ma lo ha incaricato. A questo aggiungo un altro elemento. Gli equilibri interni alla maggioranza, e al governo, in virtù dei quali il ruolo di Gallant è stato traballante sono quelli che spingono per un cambio di rotta e che vorrebbero una posizione più radicale verso operazioni di altro tipo, non solo in Libano.
Di quale fronte sta parlando?
Parlo della Cisgiordania che oggi è il vero bottino verso il quale si dirigerà l’operazione finale di Israele: ossia la totale annessione di quel territorio che gli israeliani reclamano come Samaria e Galilea, ovvero la Cisgiordania.
Cosa sappiamo delle aziende che hanno prodotto i cercapersone e le radioline che contenevano le cariche esplosive? La tawanese Gold Apollo e l’ungherese BAC Consulting Ungheria negano di aver preso parte alle fasi produttive ma di essere solo degli intermediari.
Allora, io posso dirle quello che so sulla base di quello sono riuscito a ricostruire. Se è un’operazione di intelligence su larga scala, è presumibile che ci possano essere società di copertura, che possano essere fittizie e avere altri indirizzi. Ora ci troviamo in un meccanismo di varie scatole cinesi, dove è difficile dipanare la matassa senza avere tutti i tasselli. Quello che dobbiamo tener presente, però, secondo me è comprendere a pieno la supply chain, ossia i vari passaggi che hanno portato all’atto finale; quindi, capire dove è avvenuto un eventuale intervento su i vari pager e in che modo.
Quali effetti ha avuto quest’operazione sulle migliaia di sfollati israeliani al confine con il Libano?
Il governo ha giustificato queste operazioni con la necessità di garantire la sicurezza e la stabilità dei circa 60mila abitanti del Nord di Israele che sono stati dislocati altrove. Se è così, è evidente che Israele sta conducendo una guerra per garantirsi una fascia di stabilità nel sud del Libano che gli permetta di riportare i suoi abitanti nelle zone di origine e, allo stesso tempo, di espellere Hezbollah dal sud, quindi non avere una minaccia costante. Però, questo è oggettivamente difficile con una guerra. Perché è una guerra di cui non si sa nulla, nella quale ci possono essere sviluppi assolutamente imprevedibili e che non garantirà, almeno nell’immediato, un ritorno dei cittadini israeliani nelle loro case nel nord del paese.