Dalla tregua tra Thailandia e Cambogia alle elezioni Siria: le principali notizie geopolitiche della settimana in Oltreconfine, la rassegna di Policymakermag
La buona notizia geopolitica della settimana è che Cambogia e Thailandia hanno siglato un cessate il fuoco. La cattiva è che nella Striscia di Gaza non cessa l’emergenza umanitaria sebbene sia ripresa una limitata distribuzione dei viveri.
TREGUA TRA CAMBOGIA E THAILANDIA
Come riportato da CNN, dopo giorni di scontri lungo il confine conteso tra Cambogia e Thailandia, che hanno causato almeno 38 morti e oltre 200 feriti, le due nazioni hanno concordato ieri un cessate il fuoco immediato e incondizionato entrato in vigore alla mezzanotte dello stesso giorno, come annunciato dal primo ministro malese Anwar Ibrahim, mediatore dei negoziati a Kuala Lumpur. La tregua sembra reggere: sempre secondo la CNN la Marina thailandese ha confermato la cessazione delle ostilità nella provincia di Trat, mentre in Cambogia un responsabile di un centro di evacuazione ha riferito l’assenza di esplosioni. Radicato, come ricorda BBC, in una disputa di confine secolare, il conflitto si è intensificato a maggio dopo la morte di un soldato cambogiano e l’escalation è culminata la settimana scorsa con un’esplosione di una mina che ha ferito un soldato thailandese, seguita da scambi di artiglieria e razzi. Entrambe le parti si sono accusate a vicenda di aver avviato le ostilità, che hanno ucciso costretto allo sfollamento di decine di migliaia di persone.
La Thailandia ha chiuso alcuni valichi di frontiera e imposto restrizioni, mentre la Cambogia ha vietato alcune importazioni thailandesi. I negoziati, mediati da Ibrahim, hanno visto la partecipazione anche di Stati Uniti e Cina. Il presidente Trump in particolare ha dichiarato sabato che non avrebbe negoziato accordi commerciali con i due paesi se il conflitto fosse continuato, fornendo così un forte incentivo alle trattative di pace. Entrambe le nazioni, sottolinea BBC, dipendono fortemente dalle esportazioni verso gli Usa, e l’ultimatum di The Donald sui dazi ha assai probabilmente forzato l’accordo. “Questo è un passo importante verso la riduzione delle tensioni e il ripristino della pace e della sicurezza”, ha detto il primo ministro cambogiano Hun Manet, ringraziando Malesia, Cina e Trump con parole riportate da CNN. Ha anche annunciato la creazione di un Comitato Generale di Confine Cambogiano-Thailandese, con un primo incontro previsto il 4 agosto.
Il primo ministro thailandese ad interim Phumtham Wechayachai dal canto suo ha dichiarato: “Oggi riflette il desiderio della Thailandia per una risoluzione pacifica, pur proteggendo la nostra sovranità e la vita dei nostri cittadini”. Ibrahim ha aggiunto che la Malesia è pronta a inviare una squadra per monitorare l’attuazione del cessate il fuoco. Anche il segretario di Stato Usa Marco Rubio ha elogiato la tregua sottolineando, come riferisce CNN, che l’amministrazione Trump si aspetta che i due governi “onorino pienamente i loro impegni per porre fine al conflitto”. Nonostante il cessate il fuoco, la situazione lungo la frontiera rimane incerta, con entrambi gli eserciti rafforzati e la necessità di un monitoraggio indipendente per prevenire ulteriori scontri.
ELEZIONI PARLAMENTARI IN SIRIA A SETTEMBRE
Come annunciato da Mohammed Taha al-Ahmad, presidente del Comitato Superiore per le Elezioni dell’Assemblea del Popolo, all’agenzia di stampa di stato SANA in un comunicato riportato da Al Jazeera, la Siria terrà le sue prime elezioni parlamentari sotto la nuova amministrazione guidata da Ahmed al-Sharaa, presidente ad interim, tra il 15 e il 20 settembre di quest’anno. Stando a quanto riferito da Hassan al-Daghim, membro del comitato elettorale, l’Assemblea del Popolo avrà 210 seggi, di cui un terzo nominati direttamente da al-Sharaa, mentre i restanti saranno eletti tramite un sistema di collegi elettorali istituiti in ogni provincia siriana.
Secondo Reuters, il governo ha promesso un’ampia rappresentanza e consentirà inoltre la presenza di osservatori internazionali per monitorare il processo elettorale. Le aree fuori dal controllo governativo, riferisce ancora Reuters, come le regioni curde nel nord e la provincia a maggioranza drusa di Sweida, avranno seggi allocati in base alla popolazione. La nuova assemblea avrà il compito di approvare leggi per riformare le politiche economiche statali approvate durante i decenni della dittatura baathista oltre al ruolo di ratificare trattati che potrebbero ridefinire le alleanze di politica estera della Siria. Le elezioni si svolgeranno tuttavia in un contesto di crescenti divisioni, segnate dai violenti scontri settari nella regione di Sweida innescati da rapimenti reciproci tra clan beduini armati e combattenti drusi, che hanno causato centinaia di morti e minacciato la fragile transizione postbellica.
Le forze governative, intervenute per sedare i combattimenti, hanno alla fine appoggiato i clan beduini, con alcune truppe accusate di aver giustiziato civili drusi e saccheggiato case. Come aveva già fatto nei mesi precedenti, Israele ha risposto con attacchi aerei contro le forze governative e il quartier generale del Ministero della Difesa, giustificando l’intervento come difesa della minoranza drusa. Una costituzione provvisoria firmata da al-Sharaa a marzo mantiene un ruolo centrale per la legge islamica, garantendo però i diritti delle donne e la libertà di espressione, ma ciò non è bastato per placare le preoccupazioni di molti gruppi civici e delle nazioni occidentali che temono l’eccessiva concentrazione di potere nelle mani della leadership islamista. Come ricorda Reuters, non mancano poi le figure che sottolineano che il processo democratico soffrirà per l’insufficiente partecipazione delle minoranze.
INIZIATA LA CONFERENZA ONU SULLA PALESTINA
Co-presieduta da Francia e Arabia Saudita, è iniziata ieri a New York La Conferenza di alto livello delle Nazioni Unite per la risoluzione pacifica della questione palestinese e l’attuazione della soluzione a due Stati originariamente prevista per il 17-20 giugno ma poi posticipata a causa della guerra tra Israele, Iran e Usa. Come sottolinea Reuters, la conferenza durerà tre giorni e mira tanto a definire un piano per la ricostruzione di Gaza dopo la guerra quanto a preparare il riconoscimento dello Stato palestinese. Come evidenzia France 24, a New York sono presenti delegati di circa 100 nazioni, tra cui il primo ministro palestinese Mohammad Mustafa e numerosi ministri degli Esteri. Scontata, come nota Eunews, l’assenza tanto di Israele quanto degli Usa, che hanno definito l’iniziativa “controproducente”.
Meno scontata l’assenza del presidente francese Macron, dopo che questi tre giorni fa ha annunciato che la Francia riconoscerà lo Stato palestinese a settembre, diventando il primo paese del G7 a farlo, in una decisione che ha suscitato un ampio dibattito. Organizzata in un contesto in cui 147 Stati membri dell’Onu già riconoscono la Palestina, la conferenza si focalizza su quattro obiettivi chiave: 1) il riconoscimento dello Stato palestinese, con la Francia che secondo France 24 spera di convincere altri paesi, come il Regno Unito, a seguire il suo esempio; 2) la riforma dell’Autorità Nazionale Palestinese per una governance più efficace dei territori; 3) la smilitarizzazione di Hamas e la sua esclusione dalla vita politica palestinese; 4) la normalizzazione dei rapporti tra Israele e gli Stati arabi. Al centro del dibattito anche gli aiuti umanitari e la ricostruzione di Gaza.