#MeToo è uno degli hashtag più virali di sempre e nei primi due mesi del 2021 è stato lanciato nei Balcani, in Grecia e in Kuwait. Le storie di Milena Radulovic, Sofia Bekatorou e della blogger Ascia al Faraj (#lanAsket: “non starò zitta”)
A distanza di poco più di tre anni, il movimento #MeToo, nato negli Stati Uniti il 15 ottobre 2017 per denunciare le molestie sessuali, continua a diffondersi e a raggiungere sempre più Paesi. Uno degli hashtag più virali di sempre nei primi due mesi del 2021 è stato lanciato in Grecia, Kuwait e nei Balcani. Secondo il Pew Research Center, #MeToo viene usato più di 55 mila volte al giorno su Twitter. Un numero che non stupisce se si considera che l’Organizzazione mondiale della sanità ha stimato che il 75% delle donne adulte nel mondo è stata vittima di molestie.
NON UN SEMPLICE HASHTAG
“Cominciato come una denuncia delle molestie, è diventato poi un discorso più generale sulla parità di genere”, ha detto la giornalista del New York Times, Jessica Bennett. Il movimento #MeToo è stato scelto anche dal Time come Persona dell’anno nel 2017 per dedicare una copertina a tutte quelle donne che hanno trovato il coraggio di rompere il silenzio su un tema spesso nascosto a causa della vergogna.
IL #METOO NEL 2021
A gennaio 2021, il #MeToo è arrivato anche nei Balcani, dove l’attrice serba Milena Radulovic di 25 anni ha accusato il suo ex insegnante di teatro, Miroslav Aleksic (69 anni), di averla violentata quando era ancora minorenne. Dopo la sua denuncia, in Serbia e in tutta la regione è partita un’ondata di proteste contro le violenze sessuali e la cultura del silenzio nel mondo dello spettacolo, ma anche universitario.
In Grecia, sempre a gennaio, la velista Sofia Bekatorou ha raccontato di aver subito una violenza sessuale da un funzionario della federazione greca di vela nel 1998 e la sua storia ha spinto molte altre donne a denunciare esperienze simili. La Grecia, tra l’altro, secondo l’indice dell’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere, è il paese dell’Unione Europea con la maggiore disparità tra uomini e donne.
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Il 10 febbraio è stata la volta del Kuwait: al grido di #lanAsket (in arabo, “non starò zitta”), le donne si sono unite sui social per rompere il tabù raccontando le proprie storie di pedinamenti, molestie e aggressioni. La campagna è stata lanciata dalla fashion blogger kuwaitiana Ascia al Faraj, che in un video ha detto: “ogni volta che esco, c’è qualcuno che mi molesta o molesta un’altra donna per strada. Non provi vergogna? Abbiamo un problema di molestie in questo Paese, e io ne ho abbastanza!”. In Kuwait, a essere più colpite dalle violenze e molestie sono le donne straniere, molte delle quali lavoratrici immigrati e più vulnerabili agli abusi.

Ultimo il caso di ieri che ha travolto lo stilista americano Alexander Wang, accusato da una decina di modelli e da una modella trans di aver allungato le mani. Le prime accuse erano già venute fuori alla fine dell’anno scorso, ma Wang le aveva definite “senza fondamento e grottescamente false”. Adesso l’avvocato che ha contribuito a far cacciare Bill O’Reilly dalla Fox, Lisa Bloom, ha accettato di rappresentare le nuove vittime che sono uscite allo scoperto.