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Niente bacchetta magica. Cosa cambia con Biden per Cina, Ue, Nato (e Italia). Parla il Prof. Parsi
L’intervista esclusiva per Policy Maker a Vittorio Emanuele Parsi, professore ordinario di Relazioni Internazionali nella facoltà di Scienze Politiche e Sociali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e direttore di ASERI, l’Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali
Joe Biden è il nuovo presidente degli Stati Uniti d’America. Ha sconfitto Donald Trump e a gennaio 2021 si insedierà ufficialmente alla Casa Bianca. Per capire cosa succederà da qui all’insediamento e comprendere cosa cambierà per la Cina, l’Unione europea, la Nato e l’Italia, Policy Maker ha intervistato il Professor Vittorio Emanuele Parsi, ordinario di Relazioni Internazionali nella facoltà di Scienze Politiche e Sociali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e direttore di ASERI, l’Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali.
PROFESSOR PARSI, TRUMP HA GLI STRUMENTI PER BLOCCARE DA QUI A GENNAIO IL PASSAGGIO DI TESTIMONE A BIDEN?
“Le basi legali per possibili ricorsi sembrano molto esili, le basi politiche stanno franando. Non prevedo che dal punto di vista della Casa Bianca attuale possa esserci un successo nel provocare danni a Biden. Quello che però potrebbe succedere è che i supporter di Trump possano sentirsi legittimati a contestare queste elezioni e quindi ciò possa scatenare scontri e complessivamente contribuire a mantenere un Paese diviso, che è il messaggio su cui Trump ha investito per quattro anni”.
PARLANDO DI POLITICA ESTERA, CONSIDERANDO CERTO L’INSEDIAMENTO DI BIDEN E L’AVVIO DI UN NUOVO CORSO DELLA POLITICA AMERICANA, COSA CAMBIERÀ PER LA CINA?
“La Cina si è disallineata dagli Stati Uniti nel 2008 a seguito della crisi finanziaria e le ragioni di questo disallineamento permangono – continueranno a contraddistinguere la politica di Pechino, a prescindere da chi sia il presidente degli Stati Uniti. I rapporti tra Pechino e Washington, dunque, non vedo perché dovrebbero cambiare, anche con l’elezione di Biden. È possibile che il nuovo presidente sarà maggiormente prevedibile di Trump nelle azioni di politica estera, ma sostanzialmente per i cinesi, uno o l’altro, non fa molta differenza”.
COSA CAMBIA PER UE E NATO?
“Per l’Europa qualcosa cambierà, ma non pensiamo che d’incanto, con un colpo di bacchetta magica, si possano ristabilire il multilateralismo e l’internazionalismo liberale. Nell’impostazione di Biden però ci sono degli elementi positivi per l’Europa. C’è per esempio l’idea che l’Occidente – e quindi l’Europa, gli Stati Uniti e il Giappone insieme – debbano affrontare uniti le sfide globali, proprio perché i problemi non scompaiono in Medio Oriente, in Cina, in materia ambientale (riscaldamento globale), non scompaiono nella gestione più ordinata dell’economia e della globalizzazione. Biden sarà quindi molto attento a fare massa critica insieme agli europei e ai giapponesi. Proprio in ambito economico, sul tema della globalizzazione in particolare, è infatti necessario avere un gruppo di Paesi che la vedono in un modo comune per poter agire insieme. Tutti questi aspetti ci fanno pensare che a cambiare sarà sicuramente l’atteggiamento degli Stati Uniti verso gli alleati della Ue (più il Giappone), con Biden che avrà un atteggiamento diverso anche verso la Russia, più attento ai valori e meno all’opportunismo tattico di Trump”.
PER PUTIN E LA RUSSIA?
“Questa nuova apertura di Biden verso l’Europa inevitabilmente si scontrerà con la politica estera russa, che in questi ultimi anni ha beneficiato della debolezza dell’Ue e ha potuto contare anche sulla debolezza degli Stati Uniti – pensiamo all’Ucraina, alla Bielorussia e al sostegno di Mosca a tutti i leader politici sovranisti, Trump compreso, si dice, pur di minare e indebolire le relazioni transatlantiche, la Nato e l’Unione europea. In questo senso, quando i rapporti con l’Europa sono più importanti per gli Stati Uniti, per questa Russia non è un’opportunità ma un problema”.
E PER L’ITALIA?
“Anche per l’Italia vale il discorso fatto per l’Europa. Al momento, nel nostro governo ci sono pochissimi simpatizzanti di Trump. Le reazioni di tutti i Paesi sono state estremamente positive verso Biden, perché avere buoni rapporti con gli Stati Uniti significa avere una base di collaborazione che evidenza i valori e gli interessi comuni e meno le differenze dei punti di vista. Diciamocelo. Qualunque cosa dobbiamo fare, è meglio farlo con gli Stati Uniti al nostro fianco che senza o contro l’America”.
NELLA GESTIONE DEI PROBLEMI GLOBALI, IN PRIMIS LA PANDEMIA DI COVID-19, BIDEN AVRÀ MAGGIORI POSSIBILITÀ DI SUCCESSO DI TRUMP?
“Gestire una pandemia, una globalizzazione selvaggia, il riscaldamento globale e gli altri problemi ambientali, sono tutti obiettivi più a portata di mano con l’America che senza l’America o contro l’America. Ecco perché la vittoria di Biden è stata accolta con tanta soddisfazione da tutti i leader europei. Come ho detto all’inizio, la sola elezione di Biden non basterà a rimettere in carreggiata multilateralismo e internazionalismo liberale, né risolverà magicamente i problemi ambientali. Neppure cambierà la realtà di una crescita relativa del ruolo cinese nel mondo o delle tensioni esplosive del Medio Oriente: ma ci fa guadagnare tempo, ci fornisce rassicurazioni sul metodo e sulla responsabilità con cui Washington si muoverà nei prossimi quattro anni. Ci offre, in sintesi, maggiori speranze di successo”.