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Perché Pechino detta a Hong Kong la legge sull’immigrazione
Hong Kong ha approvato una nuova legge sull’immigrazione che include poteri per fermare le persone che entrano o escono dalla città, sollevando timori di “divieti di uscita” ordinati da Pechino
Attivisti, avvocati e alcuni uomini d’affari hanno lanciato l’allarme per la nuova controversa legge sull’immigrazione di Hong Kong in vigore dal prossimo 1° agosto, che prevede anche la possibilità di impedire alle persone, residenti e non, di entrare e uscire dalla città.
L’associazione degli avvocati della città (HKBA) ha detto che la formulazione del disegno di legge dà “apparentemente potere illimitato” al direttore dell’immigrazione, scrive il Guardian.
“Quando hanno questo potere, un potere assoluto, non si sa su chi lo useranno”, ha detto l’avvocato Chow Hang-tung, membro della Hong Kong Alliance, che lotta per la democrazia.
I DIVIETI DI USCITA
Il governo di Hong Kong, dal canto suo, ha detto che la legge sull’immigrazione era necessaria “per affrontare le richieste di ingresso arretrate” e “per controllare i migranti che viaggiano illegalmente”. L’ufficio di sicurezza ha aggiunto che la legge si applicherà “solo ai voli verso Hong Kong”. Secondo gli ultimi dati, sono 13.000 le richieste di rifugiati nell’ex colonia britannica.
Tuttavia, scrive il quotidiano britannico, la legge non limita i poteri del governo a coloro che arrivano nel territorio o agli immigrati e gli esperti legali dicono che potrebbe essere usata anche contro le persone che cercano di lasciare Hong Kong.
I “divieti di uscita”, infatti, nella Cina continentale hanno già colpito personalità legate al mondo economico e sono spesso usati contro gli attivisti che sfidano le autorità.
ADDIO DEMOCRAZIA
Dalle proteste pro-democrazie esplose nell’estate del 2019, il governo di Hong Kong – sotto la direzione di Pechino – è diventato via via più autoritario. Prima la legge sulla sicurezza nazionale, che praticamente nega la possibilità di esprimere dissenso e permette di punire più facilmente i manifestanti, e poi la riforma del sistema elettorale approvata lo scorso marzo che di fatto consente a Pechino di scegliere i candidati adatti a governare Hong Kong.
Con la legge sulla sicurezza nazionale sono già molte le figure pro-democrazia arrestate, detenute o fuggite all’estero proprio perché, nonostante le rassicurazioni di Pechino su quanto non avrebbe influito sulla vita delle persone, ha in realtà radicalmente trasformato una città politicamente pluralista e criminalizzato il dissenso.
I cambiamenti porteranno Hong Kong “20 anni indietro”, aveva detto Lo Kin-hei, presidente del Partito democratico all’opposizione, alla BBC. “Ogni progresso degli ultimi due decenni è stato essenzialmente cancellato da Pechino”.
“Sappiamo che per noi lo spazio di partecipazione si è molto ridotto e sappiamo che è molto difficile passare attraverso il sistema di controllo”, ha detto, riferendosi al nuovo sistema elettorale. Il tesoriere del partito, Ramon Yuen Hoi-man, ha infine aggiunto che la leadership cinese sta “calpestando la democrazia”.