Al centro del nuovo (vecchio) fronte tra Nuova Delhi e Islamabad c’è la regione Kashmir
Una notte di fuoco ha scosso l’Asia meridionale, un nuovo fronte di tensione geopolitica si apre sul mondo: l’India ha lanciato nelle scorse ore un attacco missilistico contro il Pakistan, colpendo nove obiettivi ritenuti “terroristici”. Il bilancio (notizia in aggiornamento) è drammatico: 26 morti, tra cui almeno un bambino, e 46 feriti. I raid hanno colpito sei località nella zona del Kashmir amministrata dal Pakistan e nella provincia del Punjab, distruggendo anche almeno quattro moschee e una clinica medica. In risposta, Islamabad ha parlato senza mezzi termini: “Un atto di guerra”.
IL 22 APRILE LA MICCIA CHE HA SCATENATO L’OPERAZIONE MILITARE DI NUOVA DELHI
L’operazione militare di Nuova Delhi arriva dopo il sanguinoso attentato del 22 aprile scorso a Pahalgam, nella parte del Kashmir sotto controllo indiano. Venticinque turisti indiani e un cittadino nepalese sono stati uccisi da un gruppo armato che si fa chiamare “Fronte della Resistenza”. L’India accusa il Pakistan di aver supportato l’attacco, senza però fornire prove pubbliche. Islamabad ha respinto con forza ogni responsabilità, ma i toni si sono subito alzati: espulsioni diplomatiche, visti cancellati, scambi commerciali azzerati. Il barile della polvere era già pronto.
“Giustizia è fatta”, ha dichiarato l’esercito indiano in un video su X, parlando di un’azione “mirata, misurata e priva di intenzioni di escalation”. L’India insiste sul fatto che nessuna struttura militare pakistana è stata colpita. Le autorità di Islamabad di contro riferiscono di ben 24 attacchi missilistici in sei località e confermano la distruzione di moschee e la morte di civili, tra cui una bambina di tre anni.
LA REAZIONE PAKSTANA: “RISPONDEREMO CON FORZA”
Il primo ministro pakistano Shehbaz Sharif ha convocato il Comitato di sicurezza nazionale e ha annunciato che il Paese ha “tutto il diritto di rispondere con forza a questo atto di guerra imposto dall’India”. Intanto l’esercito pakistano sostiene di aver abbattuto almeno cinque jet indiani.
In India, le autorità hanno chiuso scuole e università in almeno sette distretti del Kashmir, inclusa la zona dell’aeroporto di Srinagar. Il Pakistan ha risposto chiudendo lo spazio aereo a tutte le compagnie indiane e sospendendo i commerci bilaterali.
UN CONFLITTO LUNGO 77 ANNI
La miccia è vecchia di decenni: il Kashmir, regione contesa fin dal 1947, ha già provocato tre guerre tra India e Pakistan. Entrambi i Paesi la rivendicano interamente, ma ne controllano solo una parte, divisa dalla temibile “linea di controllo”, una delle frontiere più militarizzate del mondo. Il conflitto è stato riacceso nel 2019, quando il governo Modi ha revocato lo status speciale della regione, accendendo le proteste tra la popolazione musulmana locale.
La comunità internazionale subito in allarme. Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha lanciato un appello: “Il mondo non può permettersi una guerra tra India e Pakistan”. Gli Stati Uniti hanno chiesto la massima prudenza e il mantenimento del dialogo. Intanto, l’Iran si propone come mediatore: dopo una visita a Islamabad, il ministro degli Esteri è atteso a Nuova Delhi. La tensione resta altissima tra due potenze nucleari con una lunga storia di conflitti irrisolti, il rischio di escalation è reale.