L’amministrazione statunitense ha identificato presunti obiettivi militari e logistici in Venezuela collegati al narcotraffico e starebbe valutando la possibilità di un intervento militare per distruggerne le infrastrutture. Secondo gli Usa e Trump, il governo di Caracas sarebbe legato alle reti di contrabbando di droga. Ma il vero scopo di un attacco è rovesciare Nicolás Maduro
Secondo il Wall Street Journal, il Pentagono ha selezionato una lista di potenziali bersagli dentro il Venezuela: porti, aeroporti e strutture militari che, sempre secondo Washington, sarebbero usati come snodi del narcotraffico.
I media internazionali segnalano la possibilità di un’escalation imminente volta a destabilizzare il regime di Nicolás Maduro, ma una decisione definitiva sull’uso della forza non è stata ancora formalmente annunciata: è possibile che si attenda la fine della stagione degli uragani, che, oltre a mettere in ginocchio i Paesi dell’America centrale, potrebbe ostacolare le operazioni militari.
LA RAGIONE UFFICIALE: COLPIRE I NARCO-CARTELLI
L’argomento centrale dell’amministrazione Trump è la lotta al narcotraffico: gli Stati Uniti presentano i gruppi criminali che operano nella regione come una minaccia diretta alla sicurezza interna.
In questo quadro, i siti controllati dall’esercito venezuelano che verrebbero utilizzati per il transito di cocaina (porti, piste aeree, basi navali) sono stati individuati come punti sensibili da neutralizzare.
IL DISPIEGAMENTO MILITARE: UNA TASK FORCE NEL CARAIBI
Alla retorica di Washington si è accompagnato un rapido dispiegamento di mezzi: la portaerei USS Gerald R. Ford è stata inviata verso il Sud America insieme ad altre navi da guerra, sottomarini e forze aeree, mentre unità anfibie e reparti di Marines sono stati posti in stato di allerta nella regione. Tra i mezzi segnalati nei pressi dei Caraibi figura la nave commercialmente mascherata nota come MV Ocean Trader, descritta nei resoconti come una base galleggiante per reparti addestrati per operazioni speciali: può imbarcare incursori, elicotteri e attrezzature per raid limitati.
GLI ATTACCHI ALLE IMBARCAZIONI: PREPARARE IL TERRENO
Già da settembre si sono registrati attacchi a motoscafi e imbarcazioni accusate di trasportare droga; i raid, condotti in più casi in acque internazionali, hanno provocato decine di morti.
L’OBIETTIVO REALE: DESTABILIZZARE MADURO
Il quadro politico-giuridico degli Usa ha già preso una forma netta: già durante la prima amministrazione Trump gli Stati Uniti hanno annunciato una taglia sulla testa di Nicolás Maduro, incriminandolo negli Stati Uniti per reati legati al narcotraffico. Ad agosto il Dipartimento di Stato ha ufficialmente aumentato fino a 50 milioni di dollari la ricompensa per informazioni che portino al suo arresto o alla sua condanna.
Più che la lotta al narcotraffico, Washington sembra però perseguire obiettivi politici: isolare il regime, minarne la coesione interna (puntando sui rapporti fra comandi militari e guadagni illeciti) e incentivare defezioni nella catena di comando. Il clima politico sembra favorevole – e il Nobel all’oppositrice di Maduro María Corina Machado ne è una chiara testimonianza – perché la Casa Bianca possa immaginare un cambio di leadership a Caracas.
Per l’amministrazione, un risultato accettabile sarebbe la caduta di Maduro o la sua fuga; uno scenario alternativo, più pericoloso, è invece il prolungarsi di una guerriglia interna che renderebbe l’intervento molto più sanguinoso e complesso.
I RISCHI DI UN INTERVENTO USA IN VENEZUELA
Gli osservatori internazionali hanno sollevato dubbi sulla legalità di azioni militari con attacchi mirati sul territorio di uno Stato sovrano e sulle conseguenze per la stabilità dell’America latina.
Le operazioni già condotte in mare hanno attirato critiche da organismi internazionali e paesi vicini; un’azione aerea o terrestre contro installazioni venezuelane potrebbe provocare ritorsioni, un’ondata migratoria e un serio deterioramento delle relazioni diplomatiche nella regione.

