Da islamista a pragmatico, il profilo di al-Jolani che alla guida degli insorti ha dato…
Se Trump si ritira dalla Siria, Israele non molla l’obiettivo iraniano
Raid aerei su Damasco. L’esercito israeliano ha confermato l’offensiva contro obiettivi militari iraniani in Siria. Pubblichiamo un estratto dal Geopolitical Weekly del CeSI presieduto da Andrea Margelletti.
Nella notte del 20 gennaio, Israele ha condotto un raid aereo sull’aeroporto di Damasco e su altri siti nei pressi della capitale. L’obiettivo era colpire la rete di rifornimenti, i siti di stoccaggio e i centri di comando e controllo utilizzati dai Pasdaran iraniani in territorio siriano. Allo strike ha fatto seguito la risposta iraniana, che il mattino seguente ha lanciato un missile a medio raggio in direzione del monte Hermon, nelle alture del Golan.
LA RAPPRESAGLIA ISRAELIANA
Dopo aver intercettato il missile, Tel Aviv ha quindi lanciato una rappresaglia. In un secondo raid gli israeliani hanno colpito direttamente le postazioni antiaeree siriane nei pressi della capitale. Tel Aviv non si è dunque limitata ai consueti strike contro obiettivi iraniani, ma ha colpito anche infrastrutture militari siriane.
Israele conduce raid contro obiettivi militari iraniani in Siria dal 2013, e già nel febbraio 2018 aveva colpito la difesa anti-aerea siriana in risposta all’abbattimento di un suo F-16.
ATTACCO UFFICIALE
È però la prima volta che Tel Aviv ammette apertamente e attraverso canali ufficiali di aver eseguito un attacco in Siria. L’intenzione dello Stato ebraico potrebbe essere ribadire che, sebbene gli Stati Uniti stiano iniziando a ritirare il proprio contingente dalla Siria, Israele resta fermo nel contrastare la minaccia iraniana.
Tuttavia, tale dinamica rischia di portare a un innalzamento del livello dello scontro, soprattutto se dovesse diventare la prassi. Infatti, non si può escludere che sia stata proprio l’ammissione israeliana della responsabilità degli attacchi a spingere Teheran a reagire, per non subirne un contraccolpo politico e d’immagine.
Estratto dal Geopolitical Weekly del CeSI. Qui il report integrale