La via del petrolio, punto nevralgico tra Golfo Persico e Mar Arabico
Lo Stretto di Hormuz rappresenta una delle rotte marittime più strategiche al mondo. Situato tra l’Iran e l’Oman, collega il Golfo Persico al Golfo dell’Oman e da lì al Mar Arabico. In questo stretto passaggio largo appena 33 chilometri nel punto più stretto, transitano ogni giorno oltre 20 milioni di barili di petrolio, ovvero circa il 30% del petrolio mondiale trasportato via mare. È un vero e proprio “collo di bottiglia” per il commercio energetico globale.
In queste settimane è tornato sotto i riflettori internazionali a causa dell’escalation tra Iran, Stati Uniti e Israele. Dopo gli attacchi americani a siti nucleari iraniani, il Parlamento di Teheran (il Majlis) ha discusso la possibilità di chiudere lo Stretto. Una scelta che, secondo il vicepresidente statunitense JD Vance, sarebbe “suicida” per l’Iran stesso, visto che “l’intera economia iraniana passa attraverso lo Stretto di Hormuz”. La decisione finale, comunque, spetterebbe al Consiglio supremo di sicurezza nazionale iraniano.
IL CROCEVIA DEL PETROLIO E DEL GAS. I RISCHI ECONOMICI DI UN BLOCCO
Lo Stretto non è importante solo per il greggio. Anche il gas naturale liquefatto, il Gnl, soprattutto quello proveniente dal Qatar, passa attraverso questo tratto di mare per raggiungere l’Europa, l’Asia orientale e la Cina. Secondo la U.S. Energy Information Administration, il transito attraverso Hormuz è stato cruciale nel 2024 per circa un quinto del commercio globale di GNL. L’Agenzia Internazionale per l’Energia lo definisce “la via d’uscita dal Golfo per circa il 25% delle forniture di petrolio globali”, sottolineando che una sua eventuale chiusura “avrebbe un impatto importante sul mercato del petrolio e del gas”.
Lo spettro della chiusura dello Stretto di Hormuz preoccupa profondamente i mercati. Dopo l’attacco israeliano all’Iran, il prezzo del petrolio Brent è salito del 7%, superando i 74 dollari al barile, con un’impennata simile a quella registrata nel 2022 durante l’invasione russa dell’Ucraina. Secondo JP Morgan, un blocco effettivo del transito potrebbe far schizzare il prezzo del greggio fino a 120 dollari al barile, con gravi conseguenze sull’economia globale: aumento dei costi energetici, inflazione e instabilità nei mercati finanziari.
IL RUOLO DELLA CINA E LE ALTERNATIVE
Anche la Cina è direttamente coinvolta, essendo uno dei maggiori acquirenti di petrolio iraniano – circa 1,5 milioni di barili al giorno. In caso di interruzione delle forniture, Pechino sarebbe costretta a rivolgersi ad altri fornitori, a costi più alti, con possibili ripercussioni sulla propria economia e sull’inflazione globale. Negli anni, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita hanno tentato di ridurre la dipendenza dallo Stretto, costruendo oleodotti alternativi, ma la rilevanza strategica di Hormuz resta intatta.
Lo Stretto di Hormuz è spesso stato teatro di tensioni internazionali e sequestri di petroliere da parte dei Guardiani della Rivoluzione iraniani. Nonostante le ripetute minacce, non è mai stato realmente chiuso nella storia recente. La stabilità economica globale trema.