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Ecco come la Svizzera prova a fermare le multinazionali
I risultati dei vari referendum tenuti oltralpe ieri hanno visto registrare l’ok popolare al 15% di tasse per le imprese
Il 18 Giugno 2023 gli svizzeri erano chiamati a pronunciarsi a livello nazionale su 3 quesiti referendari, oltre ad altri quesiti a livello locale.
I risultati appaiono senz’altro interessanti.
Tutti i dettagli.
REFERENDUM SVIZZERI, OK DEI VOTANTI AL NET ZERO NEL 2050
1° referendum: il 59,1 delle elettrici e degli elettori elvetici ha votato a favore della nuova legge sul clima, che rende vincolante il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050, la riduzione dell’uso di combustibili fossili e l’accelerazione della transizione verso le rinnovabili.
Questo obiettivo sarà raggiunto mettendo in campo misure per ridurre il consumo di energie provenienti da fonti fossili e incentivare l’investimento in tecnologie rispettose del clima, senza ricorrere a divieti e nuove tasse.
La Svizzera, infatti, essendo sprovvista di giacimenti di petrolio e di gas, dipende da altri Paesi per importare questi combustibili. Attualmente, il Paese importa il 70% dell’energia che consuma.
Tra i maggiori esportatori di combustibili fossili verso la Svizzera, ci sono Stati con Governi instabili e che non rispettano i diritti umani, come Nigeria e Libia.
Per rendere la Confederazione più indipendente a livello energetico, la legge prevede di potenziare la produzione di energia da fonti rinnovabili, come il fotovoltaico e l’eolico, che in Svizzera non sono così sviluppati come nei Paesi vicini, come detto senza imporre tasse o divieti sul consumo di energie fossili.
COSA VUOLE FARE IL CANTON VAUD SUL CLIMA: OLTRE IL 63% VOTA SI’ AL REFERENDUM DEI VERDI
E mentre la legge sul clima raccoglie consensi a livello federale, il Canton Vaud conferma anche sul piano regionale il suo impegno per il clima: il popolo vodese ha infatti altresì votato a favore dell’iscrizione della protezione del clima nella costituzione cantonale. Più del 63% dell’elettorato vodese ha detto “sì” all’iniziativa popolare cantonale lanciata dai Verdi locali.
OK ANCHE ALLA TASSA SULLE MULTINAZIONALI
2° referendum: Il 78,5% dell’elettorato ha dato luce verde all’imposizione minima per le grandi imprese: anche in Svizzera, dunque, le multinazionali che realizzano una cifra d’affari annua di almeno 750 milioni di euro saranno tassate con un’aliquota minima del 15%.
Si stima che si tratti di circa 2’000 gruppi di imprese, mentre la riforma non riguarda invece le circa 600’000 aziende con un fatturato inferiore.
ALLINEAMENTO AL PROGETTO OCSE
In questo modo il Paese si allinea al progetto dell’OCSE e del G20 che ha lo scopo di adeguare a livello planetario le norme sull’imposizione dei grandi gruppi di aziende alla digitalizzazione e alla globalizzazione dell’economia.
Al progetto dell’OCSE hanno aderito altri 140 Stati, ma la Svizzera è il primo Paese in cui il popolo ha potuto esprimersi in proposito.
Per introdurre l’imposizione minima, la Confederazione ha previsto un’“imposta integrativa” che compensa la differenza tra l’aliquota di imposta effettiva prelevata dai Cantoni e quella minima del 15%, il che implica un intervento nella sovranità fiscale dei Cantoni: una modifica della Costituzione si è quindi rivelata necessaria e, di conseguenza, il testo è stato sottoposto a referendum obbligatorio.
Il Parlamento ha deciso che il gettito generato dall’imposta integrativa sarà riversato al 75% ai Cantoni, mentre il 25% finirà nelle casse della Confederazione.
Secondo il Governo e tutti gli altri grandi partiti politici (ad eccezione dei Socialisti che hanno chiesto di votare contro, per riscrivere il testo della legge nella parte in cui, secondo loro, destina troppo pochi soldi ai Cantoni rurali, che attraggono meno le multinazionali, non ritenendo sufficiente il sistema della perequazione, ed i Verdi che hanno deciso di non fornire indicazioni di voto), i Cantoni finanziariamente deboli beneficeranno comunque delle entrate supplementari, grazie al sistema svizzero della perequazione finanziaria, che consiste in un trasferimento di denaro dai Cantoni più ricchi a quelli con mezzi più limitati.
Il nuovo regime fiscale entrerà in vigore il primo gennaio 2024
GLI SVIZZERI SI FIDANO DEL GOVERNO SULLA GESTIONE COVID-19, I RISULTATI DEL REFERENDUM PREMIANO LA PROROGA DELLA LEGGE
3° referendum: chiamati per la terza volta alle urne per esprimersi sulla legge Covid-19, gli svizzeri rinnovano la fiducia nella gestione della crisi sanitaria da parte del Governo, il 61,9% delle elettrici e degli elettori avendo votato “sì”.
Una chiamata alle urne che ha sorpreso: risale a un anno fa, infatti, la decisione dell’Esecutivo di revocare le ultime misure sanitarie.
A dicembre 2022, però, il Parlamento ha deciso di prorogare la legge fino a giugno 2024, proroga ulteriore che non è piaciuta al comitato referendario “Misure no”, composto principalmente dalle associazioni Mass-Voll e Amici della Costituzione – movimenti di cittadini e cittadine senza una chiara affiliazione politica che si sono distinti durante la pandemia per la loro opposizione alla politica del Consiglio federale e in particolare al certificato Covid-19 – e che ha raccolto le firme necessarie per lanciare il referendum su cui si è votato oggi.
Questa conferma significa che, come ha fatto sin dallo scoppio della pandemia, il Governo “potrà importare e mettere in commercio nuovi medicamenti anti-COVID-19 benché non ancora omologati in Svizzera” (dall’opuscolo informativo sul voto del 18 giugno); permette inoltre di continuare a finanziare la ricerca per lo sviluppo di nuovi farmaci in grado di combattere il virus, e prolungherà anche la vita del certificato Covid: “Molti Stati prevedono tuttora la possibilità di tornare a richiederlo per l’ingresso nel Paese. La proroga della legge fa sì che potranno ancora essere rilasciati i certificati eventualmente necessari per i viaggi all’estero. È invece improbabile che il certificato venga di nuovo utilizzato all’interno” della Confederazione.
Luce verde anche per l’app SwissCovid (attualmente non operativa), che potrà essere riattivata in caso di necessità.
La proroga prevede inoltre la possibilità per la Confederazione di intervenire per obbligare i datori di lavoro a proteggere maggiormente impiegate e impiegati (ricorrendo al telelavoro oppure offrendo impieghi alternativi) e garantisce, nel caso di una nuova crisi pandemica, l’entrata in Svizzera di lavoratrici e lavoratori frontalieri; questo anche qualora venissero reintrodotte restrizioni di entrata nella Confederazione.
Questo articolo è stato pubblicato sul blog Elezioni e sistemi elettorali nel mondo