Il Consiglio europeo ha concordato di posticipare la firma formale dell’accordo Ue-Mercosur: ecco perché e chi si è opposto alla ratifica
Fuori dai palazzi, migliaia di agricoltori e centinaia di trattori. Dentro, il pressing di Roma e Parigi per garanzie e salvaguardie più stringenti. Dopo mesi di negoziati e 25 anni di discussioni, l’accordo tra Unione europea e Mercosur — il blocco sudamericano composto da Brasile, Argentina, Paraguay e Uruguay — viene nuovamente rimandato.
La firma, inizialmente attesa per domani, è stata rinviata: a chiederlo più apertamente è stata l’Italia, appoggiata dalla Francia, che invoca tempi e garanzie maggiori per l’agricoltura nazionale. Ora l’attenzione si sposta alla finestra del 20 gennaio, quando il cambio alla presidenza del Mercosur dl Brasile al Paraguay potrebbe aprire nuovi scenari.
IL RINVIO: CHE COSA È SUCCESSO E PERCHÉ
La decisione di posticipare la firma è arrivata nel corso del vertice dei capi di Stato e di governo a Bruxelles che aveva come tema principale la gestone degli asset russi congelati.
Roma ha chiesto più tempo per rispondere alle pressioni interne del mondo agricolo e per ottenere delle salvaguardie ritenute necessarie per proteggere alcuni prodotti italiani; la Francia ha espresso riserve analoghe lasciando aperta la possibilità di non partecipare subito alla sigla. Di fronte a queste posizioni, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha annunciato lo slittamento a gennaio.
COS’È L’ACCORDO SUL MERCOSUR
Si tratta di un partenariato che in prospettiva liberalizza una quota molto ampia degli scambi: l’intesa prevede la rimozione progressiva di dazi su larga parte dei beni industriali e agricoli (con soglie che negli atti di negoziato indicano percentuali molto elevate di liberalizzazione entro un arco temporale stabilito), apertura di appalti pubblici e impegni su sostenibilità, lavoro e ambiente.
L’intesa politica è stata raggiunta il 6 dicembre 2024 a Montevideo e da allora il testo è oggetto di “legal scrubbing” e di passaggi formali presso istituzioni e parlamenti.
PERCHÉ FRANCIA E ITALIA SI OPPONGONO
Le obiezioni più forti arrivano dal settore agricolo: allevatori e coltivatori temono concorrenza da prodotti (carne, zucchero, cereali) che potrebbero entrare in Europa a prezzi più bassi e con standard diversi su uso di pesticidi, tracciabilità o benessere animale.
In alcuni Paesi la protesta è trasversale e tocca sensibilità di sinistra e di destra (con rivendicazioni molto differenti), ma sul terreno concreto la richiesta comune è di clausole di salvaguardia temporanee e di strumenti di compensazione per i settori più colpiti.
BRUXELLES, LA PIAZZA E LA PROTESTA
Mentre i capi di Stato discutevano nei palazzi europei, migliaia di agricoltori — con centinaia di trattori — hanno invaso il quartiere delle istituzioni a Bruxelles. Le manifestazioni, spesso rumorose e simboliche, sono degenerate in scontri con la polizia: lancio di ortaggi e fumogeni, uso di idranti e in alcuni momenti gas lacrimogeni. Una mobilitazione che immediatamente prodotto un effetto politico, rafforzando la determinazione dei governi scettici a chiedere tempo e garanzie.
IL PUNTO DI VISTA DELLA COMMISSIONE E DEI PROMOTORI
Da Bruxelles si sottolinea che il testo contiene già misure di tutela — incluse clausole di salvaguardia, strumenti per il controllo fitosanitario e impegni su ambiente e lavoro — e che il rinvio non equivale a un blocco definitivo.
La Commissione insiste sull’importanza strategica dell’accordo per diversificare i mercati europei e rafforzare la posizione geopolitica dell’Unione. I sostenitori ricordano che il voto del Parlamento europeo e il via libera dei governi nazionali alle garanzie erano già in fase avanzata.
TRA LE CAPITALI: ROMA, PARIGI E BERLINO
Roma ha giocato un ruolo centrale nel chiedere il rinvio: la premier Meloni ha motivato la richiesta con la necessità di rassicurare gli agricoltori italiani e di ottenere “garanzie” sul testo prima della ratifica definitiva. Una posizione su cui ha pesato la contrarietà delle associazioni di categoria – Confagricoltura, Coldiretti e Cia, che fanno parte della delegazione di agricoltori europei Copa-Cogeca.
Parigi, pur non chiudendo del tutto la porta, ha parlato di tempi e condizioni incerte. Berlino, pur favorevole alla firma e convinta dell’importanza geopolitica, ha accettato il rinvio come compromesso politico, confidando che l’intesa possa essere sottoscritta nella prima finestra utile del nuovo anno.

