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Così Ungheria, Polonia e Slovenia bloccano il Recovery Fund e spaccano l’Ue

Ungheria Polonia Recovery Fund

Ungheria, Polonia e Slovenia contro il Recovery Fund. Il commissario Ue al Bilancio, Johannes Hahn: “un fallimento sarebbe devastante”. L’articolo di Guido Keller

Rischia di trasformarsi in un vero e proprio scontro interno al Consiglio europeo la decisione di Ungheria e Polonia, alle quali si è aggiunta anche la Slovenia, di porre il veto sul bilancio settennale dell’Ue. Ad esso sono infatti collegati anche i fondi previsti per il Next generation Eu tra cui il Recovery Fund per il contrasto alla pandemia di Covid-19. Si tratta complessivamente di 750 miliardi di euro tra sovvenzioni e prestiti agevolati destinati a tenere insieme le economie dei paesi membri sconvolte dall’emergenza pandemica, con primo beneficiario l’Italia per un importo di 209 miliardi.

Alla base della mossa delle cancellerie di Polonia e Ungheria vi sono leggi in contrasto con la normativa quadro ma anche con lo spirito stesso che anima l’Unione Europea, ovvero posizioni che possono portare a vere e proprie procedure di infrazione.

Nell’Ungheria del “sovranista a corrente alterna” Viktor Orban è stata ad esempio approvata una legge che prevede per il migrante l’obbligo di chiedere la protezione internazionale attraverso un’ambasciata ungherese in un paese extracomunitario prima di presentarsi in Ungheria, e difatti Orban ha twittato che l’Ue vuole usare il Recovery Plan per “ricattare chi si oppone all’immigrazione”.

La Polonia tenta invece a fare pressioni dopo che Bruxelles l’ha deferita alla Corte di giustizia europea per aver contravvenuto all’articolo 7 del Trattato di adesione, ovvero per la riforma costituzionale controversa che mina l’indipendenza della magistratura e che nel paese ha portato milioni di persone in piazza. La riforma è stata voluta dall’euroscettico Jaroslaw Kaczynski, leader del partito al potere Diritto e Giustizia e prevede tra l’altro la scelta dei giudici della Corte suprema da parte del Parlamento (e quindi della maggioranza al potere), una forte influenza del ministro della Giustizia (e quindi del governo) sulla Corte suprema e la nomina dei presidenti dei tribunali ordinari da parte del ministro della Giustizia (e quindi del governo).

Il premier sloveno Janez Jansa se l’è invece presa con la maggioranza politica che guida l’Unione Europea, invocando un “organo giudiziario indipendente” per valutare il comportamento dei singoli paesi.

Il Parlamento europeo ha tuttavia fatto sapere in una nota diffusa al termine della conferenza dei presidenti che “gli accordi raggiunti (sia sul quadro finanziario pluriennale Ue che sullo stato di diritto) sono chiusi e non possono in alcun modo essere riaperti. Nessuna ulteriore concessione sarà fatta da parte nostra. Chiediamo al Consiglio di adottare il pacchetto e avviare il processo di ratifica il prima possibile”.

Il commissario Gentiloni ha affermato che “La maggior parte delle misure incluse nei bilanci 2021 dei paesi dell’area dell’euro sostengono giustamente l’attività economica, ma una ripresa forte ed equilibrata dipende da una rapida entrata in vigore di Next generation Eu”, ed il suo collega al Bilancio Johannes Hahn ha paventato “in caso di fallimento un impatto devastante sui nostri cittadini, le nostre economie e anche i nostri mercati”.

La questione del veto di Ungheria, Polonia e Slovenia è al centro dell’incontro che si svolge proprio in queste ore tra i capi di Stato e di governo dell’Ue, difficilmente si arriverà ad un’immediata risoluzione della questione.

Articolo pubblicato su notiziegeopolitiche.net

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