A dispetto di quel che generalmente si crede, la scena delle startup tedesche soffre di storiche debolezze, finanziarie e burocratiche. Il governo però ci punta e mette in campo incentivi e facilitazioni. L’articolo su Berlino per il quadrimestrale di Start Magazine
La coalizione di governo tedesca va d’accordo su poco, litiga su molto e non incontra un grande entusiasmo nel Paese secondo i sondaggi. Su un tema però regna piena armonia fin dall’inizio: la volontà e la determinazione di fare della Germania un hub europeo delle startup in grado di reggere la competizione internazionale. Già poche settimane dopo l’insediamento del nuovo governo, la coalizione ha presentato a Bruxelles nuovi programmi per stimolare la crescita dell’ecosistema delle startup in Germania in modo da attirare talenti dall’estero, migliorare il profilo nella competizione internazionale e recuperare il deficit tecnologico nei confronti di Usa e Asia.
Attualmente la Germania è il quinto sistema di startup nel mondo e il primo in Europa. Da quel dicembre 2021, gli interventi per migliorare le condizioni quadro delle startup si sono susseguiti uno dopo l’altro a cadenza ritmata. Prima la presentazione di una strategia per le startup da parte del ministero dell’Economia e la protezione del clima, poi il passaggio in Consiglio dei ministri, poi il fondo per il Futuro da 10 miliardi e infine le proposte di alleggerimento fiscale del ministero delle Finanze.
E tutto ciò a fronte di anno di crisi economica ed energetica che ha investito pesantemente il settore delle aziende unicorno tedesche. Secondo uno studio della società di venture capital berlinese Morphais, il 2022 è stato un anno nero per il comparto, con un drastico salto indietro nella fondazione di nuove startup rispetto all’anno precedente. Basti pensare che tra luglio e settembre 2022 si sono registrate alla Camera di commercio circa il 30% in meno di aziende con un modello di business innovativo orientato alle nuove tecnologie.
LA DEBOLEZZA DEL SISTEMA DI STARTUP TEDESCO
Il governo della coalizione semaforo (socialdemocratici, liberali e verdi), nonostante la congiuntura difficile, continua a puntare moltissimo sulle aziende unicorno. “Le startup sono e saranno il settore trainante dell’economia del futuro” ha dichiarato l’incaricata per il governo all’Economia digitale e alle startup Anna Christmann, in un’intervento pubblico all’ambasciata italiana a Berlino, “l’Europa deve diventare il cuore pulsante nella gestione delle innovazioni e del cambiamento climatico”.
A prescindere dalla crisi, l’ecosistema delle startup tedesche soffre di una serie di debolezze strutturali. Le aziende, per esempio, incontrano difficoltà nella fase di passaggio da piccola impresa innovativa a grande azienda, incapaci di compiere un salto di scala. Perché? Secondo un sondaggio del Deutscher startup Monitor, promosso dall’associazione di categoria delle startup tedesche Svb, il 67,9% delle startup ha necessità di capitale esterno in un futuro prossimo in media di 3,1 milioni di euro. Una quantità di denaro difficilmente accessibile attraverso i canali di finanziamento tradizionali per una giovane impresa.
Un altro ostacolo, sempre secondo il sondaggio del Dsm, è legato alla complessità dei processi amministrativi, e in generale della burocrazia per l’89,9% dei fondatori intervistati. Un altro elemento ancora è la mancanza di personale qualificato, un tema che riguarda in modo trasversale tutto il mondo del lavoro tedesco, ma che colpisce in particolar modo un settore che dipende anche dall’alta formazione dei suoi dipendenti, in larga parte stranieri. Il ministero dell’Economia e protezione del Clima, Robert Habeck, stima che siano 28.000 le posizioni libere nel settore. Nella ricerca del personale mancante pesa anche l’impatto della fiscalità, lamentano gli startupper. In particolare per il 91,7% dei fondatori è un tema importante nelle aziende sopra i 25 dipendenti, soprattutto riguardo alla partecipazione dei dipendenti al capitale dell’impresa.
I PIANI DEL GOVERNO PER IL RILANCIO
Rispetto a questi quattro aspetti critici – difficoltà di accesso al capitale nella fase di scale-up, eccessiva burocrazia, mancanza di personale e pressione fiscale – il governo tedesco sta mettendo in cartiere una serie di misure. Riguardo al finanziamento, il ministro dell’Economia e del Clima ha presentato un piano strategico per facilitare l’accesso al capitale, mettendo a disposizione strumenti pubblici e facilitando l’accesso al capitale di rischio. Sul fronte pubblico nei programmi si prevede il coinvolgimento della banca per lo sviluppo tedesco, la KfW – Kreditanstalt für Wiederaufbau, analogo alla nostra Cassa depositi e prestiti, così come il Fei, il fondo europeo degli investimenti.
Il finanziamento punta a sostenere startup “orientate alle tecnologie del futuro nei settori della digitalizzazione, clima e ambiente, sviluppo tecnologico, formazione e sociale”, si legge nel documento presentato dal ministero. Con il Fondo per il futuro di 10 miliardi di euro si punta “a rafforzare le opzioni di finanziamento nella fase di crescita delle startup ad alta intensità di capitale”. Il governo federale (Bund) metterà a disposizione 10 miliardi che, insieme agli investimenti dei privati, dovranno arrivare a mobilitare 30 miliardi entro il 2030. In particolare si vuole incoraggiare gli investitori istituzionali a puntare sulla crescita delle startup (per esempio i fondi pensione).
Sul piano della burocrazia si punta a semplificare le procedure per la fondazione di nuove startup e centralizzare la gestione da parte delle autorità competenti, in modo da alleggerire l’aggravio delle richieste. Infine, si vuole attirare la migrazione di talenti dall’estero. Su questo piano il governo di Berlino ha già varato un programma (Einwanderungsgesetzt) per semplificare, tra le altre cose, le complesse procedure di riconoscimento del titolo di studio e di lavoro all’estero, nel tentativo di duplicare i dipendenti del settore, passando dai 415.000 del 2020 ai 974.000 entro il 2030. “Vogliamo essere attraenti per l’Europa, non solo per la Germania” ha continuato l’incaricata tedesca alle startup Christmann. “Vogliamo tenere i talenti nell’Ue ed evitare che emigrino in altri Paesi. Puntiamo a costruire dei campioni europei sul piano tecnologico” e siamo interessati a capire come l’Italia vorrà integrarsi in questo progetto, ha aggiunto l’incaricata nel suo intervento all’ambasciata italiana. L’interesse tedesco è orientato principalmente al climate tech, l’innovazione tecnologica applicata all’ambiente e alla tecnologia quantistica. Ma anche il PNRR italiano destina circa il 27% dei circa 210 miliardi netti a progetti nel campo dell’innovazione. Le convergenze sarebbero quindi possibili e auspicabili da entrambe le parti.
Sul piano fiscale, il ministro delle Finanze Christian Lindner sta lavorando in due direzioni: da una parte ha proposto di alzare la soglia tax-free nella partecipazione azionaria dei dipendenti delle startup e dall’altra intende posticipare il momento in cui le azioni in mano ai dipendenti vengono tassate. Secondo i rappresentanti del settore questo è un incentivo ulteriore al reclutamento del personale, visto che non sempre le startup tedesche possono vantare stipendi mirabolanti come in altri Paesi. La proposta di alleggerimento fiscale ha incontrato infatti il favore del presidente dell’associazione di categoria Christian Miele: gli aggiustamenti fatti sono quelli necessari, ha detto. Resta da vedere se il piano del governo di migliorare la partecipazione femminile riuscirà come si spera, in termini di partecipazione – nel 2021 le fondatrici di startup erano appena il 17% – e in termini di accesso al credito da parte dei finanziatori – solo il 5,2% di team femminili hanno finanziamenti superiori al milione, contro il 27,8% di quelle gestite da uomini.
Berlino è ancora la capitale delle startup tedesche con un capitale nel 2021 di 24 miliardi di dollari, ma la Baviera nel 2022 ha cominciato a insidiare il primato della capitale per numero di nuove fondazioni di startup.
Tuttavia a Berlino si conta ancora il più alto numero di dipendenti stranieri, con il 28% del totale, mentre a Monaco gli stranieri sono il 21%. L’idea di fondo del governo tedesco è che “fondatori e fondatrici si assumono importanti rischi di impresa. Per questo si dovrebbe tributar loro un riconoscimento sociale e politico”.
Uski Audino, giornalista, collabora da Berlino per La Stampa e L’Espresso.
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