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Chi non vuole la parità di genere nella Commissione Ue?
La seconda Commissione Ue di Ursula von der Leyen vuole rispettare i principi della parità di genere, com’è stato con la prima. Gli Stati membri, però, stanno opponendo resistenza
Ursula von der Leyen lo aveva detto anche l’8 marzo scorso. “L’Europa ha contribuito alla parità di genere per la trasparenza salariale, più donne nei consigli di amministrazione e libertà dalla violenza – aveva scritto su Twitterla presidente della Commissione Ue -. Quando ero piccola le donne non avevano pari diritti. Ora nel 2024 guardate quanta strada abbiamo fatto. Continuiamo la lotta per la parità di diritti e opportunità per tutti. Ma il percorso verso la piena uguaglianza è ancora lungo”. La stessa richiesta era stata presentata nel 2019 quando la proporzione tra i generi dei commissari nel primo gabinetto arrivò a 13 donne e 14 uomini.
LA LETTERA DI URSULA VON DER LEYEN PER LA PARITÀ DI GENERE RIMANE INASCOLTATA
La strada verso una piena parità di genere è lontana anche per quello che riguarda la composizione della Commissione europea. La presidente, in una lettera indirizzata ai 27 paesi membri, avrebbe chiesto di indicare due nomi, un uomo e una donna, per comporre la squadra della prossima Commissione europea. “Voglio scegliere i migliori che condividono l’impegno europeo – ha dichiarato Ursula von der Leyen ai giornalisti subito dopo la sua conferma alla guida della Commissione – e, in termini numerici, ci sarà parità tra uomini e donne”. Messaggio chiaro che, però, non pare arrivato forte e chiaro agli esecutivi dei paesi membri.
LE QUOTE ROSA NON RIENTRANO NEI TRATTATI ISTITUTIVI DELL’UE
È pur vero che i Trattati non prevedono obblighi di quote rosa. “Secondo i trattati, gli Stati membri devono fornire un nome – uno – non due”, ha dichiarato a Euractiv un diplomatico dell’UE -. Alcuni potrebbero scegliere di non inviarne due, perché hanno fatto la loro scelta consapevolmente e in base a ciò che ha senso per loro, dal punto di vista politico”.
La presidente von der Leyen, che insieme a Roberta Metsola, presidente del Parlamento europeo, e Christine Lagarde, presidente alla Bce, compone il dream team femminile più potente che l’Ue abbia mai avuto, ha iniziato a ricevere le prime candidature e non sembra che i paesi membri abbiano preso troppo sul serio le parole della presidente.
I SEI COMMISSARI CONFERMATI: C’È SOLO UNA DONNA
Sono quindici i paesi che hanno già presentato un nome per la prossima Commissione. Tra questi sei hanno scelto di riproporre i commissari uscenti. Per loro la richiesta di parità della von der Leyen non vale. Al momento, dunque, i commissari confermati sono sei, cinque uomini e una sola donna. La Repubblica di Slovacchia ha indicato il vicepresidente esecutivo Maroš Šefčovič, la Lettonia l’altro vicepresidente, Valdis Dombrovskis, la Francia Thierry Breton, i Paesi Bassi Wokpe Hoekstra mentre l’Ungheria di Orbán propone Oliver Varhelyi,La Croazia presenta, invece, l’unica commissaria a cui chiede di fare il bis, è Dubravka Suiča, vicepresidente della Commissione e Commissaria per la democrazia e la demografia.
I NOVE NOMI NUOVI PER LA COMMISSIONE UE: SEI UOMINI E TRE DONNE
I restanti nove nomi sono divisi tra sei uomini e tre donne: Magnus Brunner, ministro delle finanze proposto dall’Austria, Jozef Síkela, ministro ceco dell’Industria e del Commercio candidato dalla Repubblica Ceca, il governatore della Macedonia Apostolos Tzitzikostas dalla Grecia (che ha minacciato di ritirare la sua candidatura se dovesse essere affiancato da un altro nome), il ministro delle finanze irlandese Michael McGrath, Glenn Micallef, capo della segreteria del primo ministro di Malta Robert Abela e lo sloveno Tomaž Vesel, ex presidente della Corte dei conti slovena. Le donne di nuova nomina sono tre: Henné Virkkunen, ex ministro dell’Istruzione, dei trasporti e della Pubblica Amministrazione, della Finlandia, Teresa Ribera, Ministro della Transizione ecologica e della sfida demografica del Regno di Spagna e Jessika Roswall, Ministra svedese per gli affari dell’Unione europea e per la cooperazione nordica.
L’ITALIA IMPERMEABILE ALLE PRESSIONI “FEMMINISTE” DELLA COMMISSIONE UE DI URSULA VON DEL LEYEN
Nel nostro paese il nome più accreditato per una poltrona a Palazzo Berlaymont è l’attuale ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, Raffaelle Fitto. Palazzo Chigi non sembra intenzionato a dare ascolto alle pressioni “femministe” della presidente von der Leyen, sia questioni politiche che per posizioni ideologiche. Un nome spendibile, ma che molto probabilmente resterà in Italia, è l’ambasciatrice Elisabetta Belloni