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Chiusure domenicali. Il Governo riparte da zero

La legge sulle chiusure domenicali a firma Lega-M5S è ferma in Commissione Attività produttive della Camera. Necessario riprendere la discussione parlamentare con le nuove forze di maggioranza

Con l’approssimarsi delle festività, si riaccende l’attenzione sulla legge sulle chiusure domenicali dei negozi. Una delle battaglie simbolo del leader pentastellato Luigi Di Maio che da quando è arrivato al governo ha iniziato a chiedere regole più rigide e giornate di apertura in decrescita per gli esercizi commerciali.

Ma che fine ha fatto la legge sulle chiusure domenicali a firma Lega-M5S (precedenti colleghi di maggioranza)? Ferma alla Commissione Attività produttive della Camera. Ecco tutte le novità.

LO SLANCIO DI LUIGI DI MAIO

“Dopo il decreto dignità e il decreto Riders, dobbiamo andare avanti come governo nella tutela delle persone che lavorano, — ha esortato a inizio del mese Di Maio dal suo profilo Facebook —come nel caso delle partite Iva e dei lavoratori dipendenti degli esercizi commerciali che, a causa delle liberalizzazioni, sono sprofondati nella giungla degli orari di apertura e chiusura,  cercando invano di battere i centri commerciali, rimanendo aperti 12 ore al giorno e 7 giorni su 7″.

DOVE ERAVAMO RIMASTI

Lo scorso febbraio la maggioranza gialloverde aveva presentato un testo che prevedeva la chiusura per gli esercizi commerciali in 26 domeniche su 52 (con deroghe per zone turistiche e nei centri storici). Per quanto riguarda le festività, nel testo la chiusura è obbligatoria per 8 su 12 festività nazionali (Capodanno, Epifania, Pasqua e Pasquetta, Liberazione, festa del Lavoro, della Repubblica, Ferragosto, Ognissanti, Immacolata concezione, Natale e Santo Stefano), su scelta delle Regioni. Altre deroghe sono poi previste per centri storici, negozi di vicinato, rivendite di generi di monopolio e molti altre.

Ma da febbraio il provvedimento non si è mosso dalla commissione Attività produttive tra continui rinvii e dubbi sollevati dalle associazioni di categoria interessate. E lì è rimasto definitivamente in stand-by da agosto, quando è scoppiata la crisi del governo M5s-Lega. Al momento non c’è ancora una data precisa della calendarizzazione in Aula della legge che è stata tuttavia inserita nel programma trimestrale dei lavori di Montecitorio.

E ORA?

Con il nuovo esecutivo targato M5s-Pd-Iv-Leu, il provvedimento sulle chiusure domenicali partorito dalla precedente maggioranza torna alla ribalta ma secondo Public Policy le nuove forze di maggioranza vorrebbero ripartire da zero. “Serve una pausa di riflessione, di certo non potrà restare il vecchio impianto” aveva già specificato l’esponente Dem Gianluca Benamati. Nei prossimi giorni i rappresentanti delle rispettive compagini del governo Conte 2 si incontreranno per mettere mano al dossier: da una parte il M5s contrario alla “liberalizzazione selvaggia” dell’apertura h24 e 7 giorni su 7 e favorevole a 26 chiusure domenicali annue, dall’altra Pd e Italia Viva che sarebbero disposti a concedere massimo otto chiusure (più quattro per le festività).

Senza dimenticare il nodo il relatore. Il vecchio provvedimento è firmato dal leghista Andrea Dara, ormai fuori dalla nuova maggioranza. Secondo Public Policy, la questione è già stata sollevata in sede di Ufficio di presidenza dato che, in assenza di una rinuncia da parte dello stesso Dara, sarà la presidenza, in mano a un’altra leghista, Barbara Saltamartini, a dover prendere una decisione.

LA PALLA AL PARLAMENTO

Nel frattempo, ieri in Parlamento si è discusso della questione della chiusura festiva dei negozi con le interrogazioni al ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, sulle misure a favore del piccolo commercio e dell’artigianato con riferimento alla disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali.

Il percorso su questa proposta di legge è nato “con forze diverse di maggioranza” ha ricordato il titolare del Mise, che ha comunque sottolineato come la discussione debba deve interessare anche le opposizioni. Infine Patuanelli ha assicurato che ora “il governo farà la sua parte, ma va fatto un ragionamento che includa anche il commercio nei centri storici, andando a capire quali sono le problematicità causate dalla concorrenza della grande distribuzione sugli orari di apertura”.

 

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