“Dopo il decreto dignità e il decreto Riders, dobbiamo andare avanti come governo nella tutela delle persone che lavorano, — ha esortato a inizio del mese Di Maio dal suo profilo Facebook —come nel caso delle partite Iva e dei lavoratori dipendenti degli esercizi commerciali che, a causa delle liberalizzazioni, sono sprofondati nella giungla degli orari di apertura e chiusura, cercando invano di battere i centri commerciali, rimanendo aperti 12 ore al giorno e 7 giorni su 7″.
DOVE ERAVAMO RIMASTI
Lo scorso febbraio la maggioranza gialloverde aveva presentato un testo che prevedeva la chiusura per gli esercizi commerciali in 26 domeniche su 52 (con deroghe per zone turistiche e nei centri storici). Per quanto riguarda le festività, nel testo la chiusura è obbligatoria per 8 su 12 festività nazionali (Capodanno, Epifania, Pasqua e Pasquetta, Liberazione, festa del Lavoro, della Repubblica, Ferragosto, Ognissanti, Immacolata concezione, Natale e Santo Stefano), su scelta delle Regioni. Altre deroghe sono poi previste per centri storici, negozi di vicinato, rivendite di generi di monopolio e molti altre.
Ma da febbraio il provvedimento non si è mosso dalla commissione Attività produttive tra continui rinvii e dubbi sollevati dalle associazioni di categoria interessate. E lì è rimasto definitivamente in stand-by da agosto, quando è scoppiata la crisi del governo M5s-Lega. Al momento non c’è ancora una data precisa della calendarizzazione in Aula della legge che è stata tuttavia inserita nel programma trimestrale dei lavori di Montecitorio.
E ORA?
Con il nuovo esecutivo targato M5s-Pd-Iv-Leu, il provvedimento sulle chiusure domenicali partorito dalla precedente maggioranza torna alla ribalta ma secondo Public Policy le nuove forze di maggioranza vorrebbero ripartire da zero. “Serve una pausa di riflessione, di certo non potrà restare il vecchio impianto” aveva già specificato l’esponente Dem Gianluca Benamati. Nei prossimi giorni i rappresentanti delle rispettive compagini del governo Conte 2 si incontreranno per mettere mano al dossier: da una parte il M5s contrario alla “liberalizzazione selvaggia” dell’apertura h24 e 7 giorni su 7 e favorevole a 26 chiusure domenicali annue, dall’altra Pd e Italia Viva che sarebbero disposti a concedere massimo otto chiusure (più quattro per le festività).
Senza dimenticare il nodo il relatore. Il vecchio provvedimento è firmato dal leghista Andrea Dara, ormai fuori dalla nuova maggioranza. Secondo Public Policy, la questione è già stata sollevata in sede di Ufficio di presidenza dato che, in assenza di una rinuncia da parte dello stesso Dara, sarà la presidenza, in mano a un’altra leghista, Barbara Saltamartini, a dover prendere una decisione.