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Cosa dice il report UE sui cambiamenti demografici

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La Commissione europea della nuova presidente Ursula Von der Leyen ha reso pubblico il suo primo “Rapporto sull’impatto del cambiamento demografico”

I dati demografici combinati con quelli sul lavoro mostrano il primo record europeo: nel 2020 il numero di lavoratori europei non è mai stato così alto in tutta la storia del continente e nel mondo non ci sono mai stati tanti europei come oggi. A partire dal 2025 non ce ne saranno mai più altrettanti, né di europei nel mondo né di europei che lavorano. Guardando alla popolazione europea in prospettiva storica e analizzando i dati sull’aspettativa di vita dal 1960 a oggi, la media di aspettativa è aumentata di circa dieci anni e aumenterà ancora nei prossimi cinquanta. Dunque un uomo europeo nato nel 2018 ha in media un’aspettativa di 78,2 anni di vita e nel 2070 ne avrà 86,1. Una donna che parte oggi da 83,7 anni di aspettativa di vita arriverà a 90,3 nel 2070. In tutta l’Unione europea, nel 2019 c’erano in media 2,9 persone in età lavorativa per ogni persona over 65, mentre nel 2070 questo rapporto sarà di 1,7 a 1.

aspettativa vita

COSA VUOLE FARCI CAPIRE IL REPORT

Il report aiuta a capire come persone, regioni e comunità più colpite dai cambiamenti demografici possono essere supportate per adattarsi ai mutamenti circostanti. La Commissione vuole aprire un dialogo con i relativi stakeholder, soprattutto a livello regionale, ma anche con gli Stati membri e con le altre istituzioni europee – in particolare con il Comitato economico e sociale europeo e il Comitato europeo delle regioni. Dai risultati evidenziati nel report verranno poi elaborati nel 2021 un Libro verde sull’invecchiamento e una visione a lungo termine per le zone rurali.

Negli ultimi mesi il legame tra demografia e impatto della pandemia ha rivelato problemi molto complessi. La generazione più anziana è quella che ha sofferto di più poiché è stata la più vulnerabile durante la crisi. Gli over 65 non solo corrono rischi più alti in caso di contagio ma sono anche i più soli ed emarginati a causa delle misure di distanziamento sociale adottate per salvare più vite possibili in tutta Europa. Il bisogno di solidarietà tra generazioni è dunque una delle chiavi per la ripresa dell’Europa. La gestione dell’impatto dei cambiamenti demografici a lungo termine ha però molte sfaccettature: l’organizzazione dell’assistenza sanitaria, gli investimenti pubblici, ma anche come affrontare problemi tipo la solitudine, la cura all’interno della comunità e l’accesso ai servizi indispensabili.

Dobbiamo quindi, secondo il report, trovare il modo di sostenere la crescita economica aumentando l’occupazione e la produttività. Per affrontare il problema dell’invecchiamento della società europea, i nostri sistemi sanitari e di assistenza sociale dovranno adeguarsi ulteriormente. Occorrerà inoltre riflettere su come finanziare una spesa pubblica più elevata legata all’invecchiamento. I cambiamenti demografici possono anche avere un impatto sulla posizione dell’Europa nel mondo. La quota della popolazione e del PIL dell’Europa diminuirà proporzionalmente rispetto al resto del mondo. Nel 2004, l’Europa rappresentava il 18,3% della ricchezza mondiale, percentuale che si è già ridotta al 14,3% nel 2018. “Con il calo della popolazione in età lavorativa, esiste il rischio che questa tendenza continui o addirittura acceleri”, si legge nella relazione. “Gli Stati membri diventeranno attori economici più piccoli, ma collettivamente l’UE continuerà a essere un importante attore economico, politico e diplomatico”, rassicura la Commissione. Affinché questo avvenga è più che mai importante che l’Europa sia unita e più forte e che segua un approccio più strategico.

L’AFRICA E L’EUROPA A CONFRONTO

Nel 2070, la popolazione africana sarà otto volte superiore a quella europea, il cui numero è condannato alla stagnazione a causa della bassa natalità. È quanto emerge dai risultati del report. Nel 2018 infatti l’indice di natalità è stato di 1,55 bambini per donna e questo valore è inferiore al valore di 2,1 considerato il livello richiesto per mantenere costante i numeri della popolazione in assenza di migrazione. “La recente crisi del coronavirus ha messo in luce molte vulnerabilità, alcune delle quali sono legate ai profondi cambiamenti demografici che già colpiscono le nostre società e comunità in tutta Europa”, ha spiegato Dubravka Šuica, vicepresidente dell’esecutivo europeo. Le sfide demografiche variano spesso in modo significativo anche all’interno di uno stesso paese, figuriamoci tra due continenti diversi.

tasso natalità

In tutta l’UE la composizione delle famiglie sta cambiando in modo molto diverso dal resto del mondo: accanto alle famiglie composte da due genitori con figli troviamo quelle composte da persone che vivono da sole, da genitori soli o da coppie senza figli. Alcuni di noi scelgono di non vivere sempre nello stesso posto o di trasferirsi all’estero, ma l’entità di questi flussi è instabile e può cambiare rapidamente. La quota della popolazione europea, come detto in apertura, sta calando rispetto a quella mondiale. Nel 1960 la popolazione dei 27 Stati che oggi fanno parte dell’Ue rappresentava circa il 12% della popolazione mondiale. Un rapporto che oggi è sceso a circa il 6% e si prevede che scenderà al di sotto del 4% entro il 2070.

popolazione mondiale

CONCLUSIONI

I risultati della relazione demografica della Commissione indicano che non esiste un approccio universalmente valido. L’elaborazione delle politiche deve tenere conto della realtà sul territorio. L’Unione europea, gli Stati membri e le regioni hanno un interesse comune a rispondere ai cambiamenti demografici a vantaggio di tutti gli europei. I cambiamenti demografici interesseranno tutti e devono contribuire a orientare la ripresa dell’Europa dopo la crisi e a fornire indicazioni su come costruire un’Unione più resiliente, sostenibile ed equa.

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