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Coni, via libera alla riforma dello sport ma il Cio avverte il Governo

Ieri l’approvazione del provvedimento che riforma lo sport italiano. Il Cio non ci sta e minaccia sanzioni. A rischio la partecipazione a Tokyo 2020 ma si teme anche per Milano Cortina 2026

Il Senato dice sì alla riforma dello sport ma rischia di aprire un contenzioso col Comitato olimpico internazionale di non facile risoluzione. Ieri sera sono bastati 154 voti favorevoli per approvare il disegno di legge che, tra l’altro, prevede la soppressione della “cassaforte” Coni Servizi e la costituzione della società Sport e Salute cui sarà affidata la gestione finanziaria. La giornata però si era aperta con una lettera da Losanna – indirizzata al presidente del Coni, Giovanni Malagò – per dire, in sostanza, che con il provvedimento in questione era messa a repentaglio l’autonomia del settore.

La missiva non deve aver stupito più di tanto il governo gialloverde – compatto su questo fronte – e soprattutto il regista dell’operazione, il sottosegretario con delega allo Sport Giancarlo Giorgetti, dal momento che Malagò l’aveva preannunciata durante l’audizione in commissione Istruzione di Palazzo Madama la scorsa settimana. La legge delega crea “serissimi problemi con il Comitato olimpico internazionale – le sue parole – . Lo dico perché sono stato autorizzato dal presidente Thomas Bach dopo averlo sentito ieri al telefono”.

RISCHI

Durante l’audizione Malagò aveva pure anticipato le possibili sanzioni da parte del Cio ovvero “sospensione o ritiro del riconoscimento del comitato se leggi o atti dello Stato siano di ostacolo all’attività o alla libera espressione del Comitato stesso”.

Nella missiva giunta ieri in effetti si esprime “seria preoccupazione” per la riforma che “intaccherebbe chiaramente l’autonomia del Coni”: “Le organizzazioni sportive aderenti al movimento olimpico – si legge – hanno il diritto e l’obbligo di autonomia, comprese la libera determinazione e il controllo delle regole dello sport, la definizione della struttura e della governance” e “i governi non devono intraprendere azioni contrarie alla carta olimpica”.

Si indicano poi sei punti su cui occorre intervenire pena, appunto, “la sospensione o il ritiro del riconoscimento del comitato olimpico”.

In parole povere, il rischio è che la delegazione sportiva italiana venga esclusa dalle prossime Olimpiadi di Tokyo 2020, con gli atleti in gara come indipendenti e niente bandiera o inno sul podio.

Una situazione del genere però non sarebbe favorevole neppure per l’organizzazione dei Giochi invernali Milano-Cortina 2026 e del resto – in occasione dell’assegnazione il 24 giugno scorso – Bach aveva espresso le sue riserve al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte.

Manifestazione, quella delle Olimpiadi 2026, che dovrebbe portare 35.800 nuovi posti di lavoro – stime delle università Bocconi e Ca’ Foscari – e alla quale il Cio contribuirà con 810 milioni di euro.

IL DUELLO GIORGETTI-MALAGÒ

Su tutto si staglia all’orizzonte il rapporto non facile fra il numero uno del Coni e il sottosegretario leghista, scricchiolanti da quando l’esecutivo ha cominciato a lavorare alla riforma. Anzi Giorgetti, secondo parole confidate ai colleghi di partito e riportate da vari quotidiani, sarebbe convinto che a chiamare in causa il Cio sia stato proprio Malagò.

All’indomani dell’audizione di quest’ultimo in Senato, ai giornalisti che gli facevano osservare il “gelo” dei rapporti tra Coni e governo, Giorgetti se l’era cavata con una battuta – “Gelo? A me sembra che faccia un caldo bestiale” – per poi aggiungere che sulla questione si era sollevato un “polverone senza senso”. Ora, se si vuole arrivare a un armistizio, l’unica strada è quella dei decreti attuativi in cui, come annunciato dallo stesso Giorgetti, si terrà conto delle osservazioni di Losanna. Ma fino a che punto sarà possibile farlo senza snaturare la riforma?

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