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Coronavirus, le ricadute sullo sport

Sport

Cos’ha deciso il governo e cos’era accaduto in questi giorni con le polemiche fra il ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora, e la Lega di Serie A e Sky, la posizione del Coni e la ratifica da parte della Figc del blocco deciso lunedì sera

Il coronavirus ferma anche lo sport italiano. Il decreto varato due giorni fa dal governo ha imposto un blocco di tutti i tornei in corso fino al prossimo 3 aprile, dunque fino a quando l’intera Italia — e non più solo la Lombardia e altre 14 province — sarà zona rossa.

LA RATIFICA DELLA FIGC

Ieri era attesa la decisione della Figc che però a questo punto ha potuto solo ratificare il blocco di tutte le competizioni sportive deciso dall’esecutivo e annunciato durante la conferenza stampa dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. In una nota al termine della riunione la Federcalcio ha dichiarato di auspicare “ulteriori disposizioni del governo per agevolazioni contributive e fiscali” delegando inoltre il presidente Gabriele Gravina a valutare l’eventuale differimento delle scadenze per le iscrizioni al 30 giugno. Per quanto riguarda i recuperi si pensa a sfruttare tutte le date a disposizione fino al 31 maggio mentre sono tre le ipotesi che circolano in caso l’emergenza coronavirus si protraesse e non consentisse la conclusione dei campionati.

In particolare — il tema sarà oggetto di riunione il prossimo 23 marzo — si potrebbe semplicemente non assegnare lo scudetto e comunicare alla Uefa le società qualificate per partecipare alle coppe europee oppure fare riferimento alla classifica maturata fino al momento dell’interruzione o ancora far disputare i play off per designare il vincitore e i play out per la retrocessione in Serie B.

COS’AVEVA DECISO IL CONI

Nel pomeriggio di lunedì, poche ore prima dell’annuncio del nuovo decreto da parte di Conte, già il Coni e le federazioni avevano deciso di fermare tutto lo sport fino al 3 aprile e chiedevano però un apposito decreto da parte della Presidenza del Consiglio. Di fronte a un’emergenza senza “precedenti nella storia”, così avevano scritto in una nota post consiglio, occorre sospendere “tutte le attività sportive a ogni livello fino al 3 aprile” e per questo avevano chiesto “al Governo di emanare un apposito Dpcm che possa superare quello attuale in corso di validità”. A informare della decisione il giorno stesso il presidente del Consiglio e il ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora, era stato delegato il presidente del Coni, Giovanni Malagò. Inoltre si era stabilito di “chiedere alle Regioni, pur nel rispetto dell’autonomia costituzionale, di uniformare” le singole ordinanze alle decisioni dell’esecutivo cui veniva domandato di “inserire anche il comparto sport, sia professionistico sia dilettantistico, nell’annunciato piano di sostegno economico” per compensare “disagi ed emergenze che lo sport italiano ha affrontato finora con responsabilità e senso del dovere, rinunciando in alcuni casi particolari allo svolgimento della regolare attività senza possibilità di recupero nelle prossime settimane a causa di specifiche temporalità delle manifestazioni”. Il Coni infine si era detto pronto a continuare “a sostenere le singole Federazioni in tutte le iniziative che intenderanno intraprendere con le rispettive organizzazioni internazionali (europee e mondiali) al fine di armonizzare i calendari e gli eventi anche in vista delle prossime scadenze legate alle qualificazioni olimpiche”.

IL BOTTA E RISPOSTA FRA SPADAFORA E LA LEGA DI SERIE A (E SKY)

I giorni scorsi erano stati peraltro caratterizzati da un certo nervosismo da parte dei protagonisti del settore. Il decreto del governo varato sabato sera dava infatti il via libera alle partite del campionato di calcio di serie A e di altri sport — e blindava come zona rossa solo la Lombardia e altre province — purché a porte chiuse ma domenica mattina, poco prima dell’entrata in campo di Parma-Spal, Spadafora aveva lanciato un appello per sospendere tutti i match — d’accordo anche il presidente del sindacato dei calciatori, Damiano Tommasi — che però si sono giocati, compresa la super sfida serale fra Juventus e Inter.

Nel pomeriggio poi lo stesso ministro aveva parlato di campionato che “non si è fermato per un gesto irresponsabile della Lega Serie A e del suo presidente, Paolo Dal Pino” e aveva poi aggiunto di voler “mettere mano alla legge Melandri”. Cos’era accaduto? Venerdì scorso, dunque prima dell’ok al campionato a porte chiuse, Spadafora aveva chiesto di far trasmettere le partite in chiaro ma aveva trovato l’opposizione della Lega e di Sky. Che però non potevano fare diversamente nel rispetto della legge Melandri. “Le norme e leggi attuali non sono superabili e la Lega calcio di Serie A lo ha più volte dichiarato e chiarito” aveva risposto seccamente il gruppo televisivo ricordando di aver dato “da molti giorni la piena disponibilità ad aprire la visione sui propri canali in chiaro (TV8 e Cielo) di tutte le partite di cui Sky detiene i diritti a pagamento” e che “le regole e le leggi non le può modificare né la Lega né Sky né Dazn. Questo invece è da sempre il vero compito del legislatore. Quindi si assuma le sue responsabilità”.

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