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Cosa sappiamo sulla terza dose? Studi, pareri e dati

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Siamo ormai a 41 milioni di italiani vaccinati, il 76% degli over 12, ma tutto ripartirà da zero con la terza dose, al momento prevista per 3 milioni di connazionali ritenuti fragili. Il richiamo riguarderà tutti? Quanto copre? Cosa sappiamo in merito?

I casi di contagio e di malattia grave calano «sostanzialmente» con la terza dose Pfizer. Lo si legge in uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine, sulla base dei dati del ministero della salute israeliano che, com’è noto, è stato il primo territorio al mondo a procedere in tal senso, richiamando l’intera popolazione. Il tasso di infezione, rileva, almeno 12 giorni dopo il booster, è inferiore di «11,3 volte» rispetto alle due dosi mentre «il tasso di malattia grave è inferiore di 19,5» volte. Lo studio è stato condotto dal 30 luglio al 31 agosto su 1,13 milioni di over60 che avevano completato l’immunizzazione 5 mesi prima, divisi in due gruppi: quelli cui è stato somministrata la terza dose e quelli che ne hanno ricevute due.

IL COMMENTO DI BASSETTI

«I dati sulla terza dose che arrivano da Israele sono molto interessanti e sono stati pubblicati su una delle riviste scientifiche più prestigiose al mondo». È il commento di Matteo Bassetti, direttore Clinica malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova, sui primi riscontri che arrivano dalla vaccinazione con la terza dose del vaccino Pfizer-BionTech. «Con la terza dose – ha aggiunto l’esperto ligure – i soggetti con più di 60 anni hanno un ritorno all’efficacia originale del 95%, la stessa che si aveva all’inizio prima che arrivasse la Delta e il tasso di malattia grave è inferiore di 19,5 volte. Mi pare che si torni a parlare quindi di un’efficacia del vaccino vicina al 100% per la patologia grave. Quindi ben venga la terza dose nelle persone più fragili».

COSA DICE IL CTS?

«Non è un cambio di strategia. Era da mettere in conto che sarebbe stato necessario rinforzare la memoria immunologica prodotta da due sole dosi ravvicinate di vaccino». Lo afferma Sergio Abrignani, immunologo della Università Statale di Milano e componente del Comitato tecnico-scientifico, in un’intervista al Corriere della Sera. «Nella storia dei vaccini, i richiami con una terza dose distanziata diversi mesi nel tempo sono la normalità – aggiunge – Come mai non abbiamo stabilito da subito che a due inoculazioni doveva seguirne una terza? C’era bisogno di avere i vaccini il prima possibile e aspettare altri 6-8 mesi per concludere una sperimentazione con triplice dose avrebbe significato rassegnarsi a vedere morire tante altre persone».

TERZA DOSE, COSA FA IL GOVERNO?

Intanto l’Italia è alle prese con le decisioni sulla terza dose, al momento certa solo per i soggetti fragili. «La politica si dovrà rimettere a quelle che saranno le indicazioni scientifiche sulla terza dose, l’importante è farsi trovare preparati quando sarà il momento», è il laconico commento del sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, ospite di ’Agorà’ su RaiTre.

TERZA DOSE, IL PIANO LOMBARDO

“Si sta cominciando con gli immunodepressi, cosa diversa da quello che si farà nel prossimo futuro in termini di richiamo per le persone più a rischio”, ha spiegato il virologo Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario IRCCS Galeazzi di Milano, intervistato su ’Cusano Italia Tv’. “Si sta prendendo atto – ha aggiunto – che c’è la necessità di fare una dose ulteriore, una schedula a tre dosi per le persone immunodepresse e la terza dose si potrà fare già a 28 giorni dalla seconda perché si tratta proprio di un ciclo di conferma e di rinforzo. Nel breve periodo però è stato già deciso di dare un rinforzo, un richiamo forse periodico, quindi non terza dose in senso stretto, per le persone più anziane, in particolare chi è ricoverato nelle Rsa, per gli operatori sanitari, perché si è visto che questi vaccini dopo 6 mesi cominciano a perdere un po’ di efficacia nel prevenire l’infezione”.

TERZA DOSE, IL PARERE DI RASI

«Non ci sono dati sufficienti per una terza dose a tutti, ma è giusto iniziare da persone fragili, operatori sanitari e over 65. È l’indicazione dell’Fda e sarà probabilmente quella dell’Ema». Così Guido Rasi, ex direttore Ema, professore ordinario di Microbiologia a Roma Tor Vergata e consulente del generale Figliuolo, in una intervista su La Stampa. Sull’immunità che secondo alcuni studi dopo due dosi cala, Rasi spiega che «cala l’immunità misurabile – spiega – , un allarme da approfondire, ma non è tutto. Israele ha notato una ripresa delle infezioni, ma senza conseguenze. Anche in Italia ci sono segnali simili però due dosi qui potrebbero valere di più grazie alle chiusure e alle mascherine. E poi il calo degli anticorpi non è la fine della memoria immunitaria. I dati positivi di copertura dell’Istituto superiore di sanità riguardano vaccinati da più di sei mesi, dunque la terza dose non ha senso prima di nove». «Non c’è nessun motivo scientificamente accettabile – sottolinea Rasi – per non vaccinarsi. Tutte le categorie fragili, malate o allergiche possono fare i vaccini a Rna, anzi sono coloro che ne hanno più bisogno».

POSSIBILE UNA QUARTA DOSE?

La domanda è stata posta ad Abrignani dal Corsera: «Con questo virus nulla è certo. Aspettiamo di vedere se e quando si reinfetteranno coloro che ricevono oggi la terza dose. Però l’esperienza con tanti altri vaccini (come quelli per epatite B, meningococco B, poliomielite, haemophilus, tetano, difterite, pneumococco, pertosse) ci fa ben sperare che ulteriori richiami, se necessari, ci interesseranno dopo 5-10 anni», ha risposto l’immunologo.

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