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Cos’è il Minnesota Test per gli aspiranti magistrati 

Minnesota Test

Come funziona il test psico-attitudinale per chi vuole entrare in magistratura. Origini e domande del Minnesota test

Continua a far discutere il via libera del governo ai test psicoattitudinali che valutano la personalità dei candidati per l’accesso alla professione dei magistrati dal 2026. Il decreto legislativo approvato in Consiglio dei ministri, su proposta del guardasigilli Carlo Nordio, ha avuto modifiche fino all’ultimo minuto, che però non mitigano le proteste dell’Associazione nazionale magistrati: sarà il Consiglio superiore della magistratura a nominare i docenti universitari in materie psicologiche che – su indicazione Consiglio universitario nazionale, organo indipendente dell’università – faranno parte della commissione giudicante.

Al centro della contesa il famigerato Minnesota Test,

ORIGINI DEL MINNESOTA TEST

È il test psicosometrico ideato negli Usa negli anni Trenta, usato anche in Italia per individuare, attraverso un software, i soggetti con disturbi psichici nel caso di concorsi pubblici e selezioni del personale di esercito e forze dell’ordine. E composto, come ricorda il Corriere della Sera, da 567 affermazioni a cui si deve rispondere «vero o falso» ed è ritenuto molto attendibile per modalità empirica e mole di dati.

Il Test (Il Minnesota Multiphasic Personality Inventory – MMPI) venne pubblicato per la prima volta nel 1942 ad opera dell’Ospedale dell’università del Minnesota, da cui prende il nome. Gli autori di questa prima edizione – come ricostruisce LaPresse – erano lo psicologo clinico Starke R. Hathaway e il neuropsichiatra J. Charnley McKinley che avevano l’esigenza di poter usufruire di un Test pratico ed efficace per elaborare diagnosi e determinare il livello di gravità del disturbo psicopatologico.

LA VERSIONE ITALIANA DEL MINNESOTA TEST

La versione italiana dell’MMPI-2 risale al 1995 ed è stata curata dallo psichiatra Paolo Pancheri e dallo psicologo sociale Saulo Sirigatti. Ad oggi il Minnesota Test è utilizzato per valutare le capacità cognitive, emotive e personali dei candidati. Il suo utilizzo principale è in ambiti relativi alla psicologia del lavoro e alla psicologia giuridica (perizie e consulenze). È in uso nei concorsi pubblici delle Forze armate.

IN COSA CONSISTE IL TEST

Il Test della personalità costituito da 567 domande a risposta multipla: il candidato deve rispondere ‘vero’ o ‘falso’ a seconda che consideri l’affermazione prevalentemente vera o prevalentemente falsa. Gli argomenti trattati includono atteggiamenti personali, emozioni, comportamenti sociali e stress. Il Test non richiede risposte giuste o sbagliate, ma semplicemente sincere: l’obiettivo è identificare le tendenze della personalità ed eventuali disturbi mentali. Al termine si valuta la possibile presenza di una varietà di disagi e disturbi psicologici o patologie psichiatriche, valutando la sincerità e l’accuratezza nel compilare il questionario mantenendo coerenza nelle risposte.

Le scale di valutazione adottate nell’ambito dei concorsi per le forze militari e di polizia – spiega sempre LaPresse – sono nello specifico tre: la Scala L, che indica la tendenza alla menzogna; la Scala K indica il livello di psicopatologia. La Scala F, che indica la presenza di risposte atipiche o simulate. Il tempo a disposizione va dai 60 ai 90 minuti. Un punteggio finale alto potrebbe indicare la presenza di problemi psichici. Un punteggio medio indica un adattamento a una specifica patologia, mentre un punteggio basso potrebbe al contrario indicare l’assenza di patologie.

I ‘SUGGERIMENTI’ E LE PROVOCAZIONI DI GIULIANO FERRARA

Il fondatore del Foglio Giuliano Ferrara coglie l’occasione per ‘suggerire’ in maniera provocatoria alcune integrazioni alle classiche domande di cui si compone il Minnesota test. “Come riferisce Ruggiero Corcella del Corriere, le affermazioni da sottoscrivere o smentire vanno da “Ho un buon appetito” a “Mio padre è o è stato una buona persona”, da “Di solito mi domando quale ragione nascosta può avere una persona per farmi una gentilezza” a “Mi riesce difficile capire bene come una volta quello che leggo”. Ora, due delle domande esemplate, scusate il termine – scrive Ferrara – servono a sapere se il candidato sia un gourmand, se onori il padre secondo i comandamenti. Una se sia rincoglionito (…), una allude al sospetto di disturbo paranoide della personalità”.

Ecco allora alcune possibili integrazioni indicate dal fondatore del Foglio “che – tiene a precisare – sono più frutto di osservazione e di esperienza che non di sperimentalismo scientifico nel campo della psicologia applicata. Secondo lei, dire di un cittadino sul quale si indaga “Io quello lo sfascio” è corretto o scorretto? Farsi prestare dei soldi da un possibile indagato, poi restituirli in contanti in una scatola di scarpe: commendevole o non commendevole? Non esistono innocenti ma solo colpevoli non ancora scoperti: vero o falso? Compito di un magistrato è rovesciare un paese come un calzino: vero o falso? Il teste marocchino nel difendersi mostra “furbizia levantina”: corretto o scorretto?

Riaprire tot volte un’indagine sotto il titolo “sistemi criminali”, nella convinzione che l’indagato abbia messo delle bombe in combutta con la mafia per affermare alle elezioni il partito da lui fondato e che chiunque lo abbia scagionato prova un’azione di copertura: corretto o scorretto? Quando i cittadini valutano una disputa elettorale e chi la rappresenta o impersona in piazza o sui mezzi di comunicazione, è in atto un test psicoattitudinale che si chiama democrazia politica liberale: vero o falso? Diverso il caso di chi debba guidare un aereo o dirigere la polizia giudiziaria e decidere della libertà personale in base a un concorso: vero o falso?”.

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