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Ddl Lobby, operatori del settore tutti d’accordo: si faccia legge entro la legislatura

Ddl Lobby

Cos’hanno detto in commissione Affari costituzionali alla Camera sul Ddl Lobby i rappresentanti di Reti e dell’associazione Il Chiostro e Gianluca Sgueo 


Varie proposte sul Registro, sulle Revolving doors, sulle modalità di incontro fra lobbisti e decisori pubblici ma un comune auspicio: approvare entro questa legislatura la prima legge nazionale sull’attività di rappresentanza di interessi. A dirlo, in audizione in commissione Affari costituzionali alla Camera nell’ambito dell’esame del ddl Lobby, i rappresentanti di Reti – Public affairs lobbying and communication , dell’associazione il Chiostro – per la trasparenza e professionalità delle lobby  e Gianluca Sgueo, docente alla New York University di Firenze e direttore dell’area Istituzioni di I-Com. Il provvedimento, che riunisce i testi presentati da  Francesco Silvestri (M5S), Marianna Madia (Pd) e Silvia Fregolent (IV), è al vaglio della commissione presieduta da Giuseppe Brescia (M5S) ed è in prima lettura a Montecitorio.

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Accoglie “con favore” questo “tentativo di regolamentare” l’attività di lobbying Giusi Gallotto, amministratore unico di Reti – Public affairs lobbying and communication. Un’attività, ha sottolineato durante l’audizione, che “nasce per migliorare il processo decisionale” e che deve ispirarsi ai “principi di trasparenza, correttezza e professionalità”. Gallotto ha evidenziato alcuni elementi su cui il Ddl Lobby dovrebbe porre rimedio come “il Registro istituito presso la Camera che indubbiamente rappresenta un importante passo avanti nel riconoscimento della nostra professione” ma che non dà “un diritto d‘accesso ai luoghi deputati all’incontro con i parlamentari per i soggetti registrati. In concreto la registrazione dà diritto ad accedere a una sala ‘riservata’ da cui si possono seguire i lavori esclusivamente durante legge di Bilancio, a cui si può ovviare attraverso gli accrediti che i deputati, legittimamente, possono disporre. Nel corso del resto dell’anno il tesserino dà diritto di accesso esclusivamente all’archivio. Non ci dà nessun valore aggiunto rispetto a chi non è iscritto”.

Un ulteriore spunto di riflessione “riguarda la scelta di un regime di obbligatorietà dell’iscrizione ad appositi registri che si contrappone a un approccio basato invece sulla volontarietà. L’istituzione di un obbligo in capo ai rappresentanti di interessi dovrebbe necessariamente essere bilanciato da un sistema di diritti, dovrebbe essere monitorato attraverso controlli e dovrebbe prevedere sanzioni per i soggetti coinvolti, rappresentanti di interessi ma anche per i decisori, che dovrebbero in primis penalizzare chi svolge la professione in assenza di iscrizione. Ciò implicherebbe, di conseguenza, la previsione di un divieto per i decisori di incontrare soggetti non iscritti al Registro. Un meccanismo volontario e incentivante sarebbe, a nostro avviso, molto più efficace rispetto all’introduzione di un obbligo che rischierebbe di essere meramente figurativo e in concreto poco applicabile”. Al Registro, inoltre, occorrerebbe “evitare che si iscrivano rappresentanti di fondazioni che fanno promozione o comunicazione per partiti politici o che organizzano raccolte fondi per gli stessi”.

Secondo Gallotto sarebbe poi “auspicabile la possibilità di definire una soluzione tecnico-giuridica che consenta alla norma di definire un registro nazionale che valga per tutte le istituzioni” e che dia ai rappresentanti di interessi dei “diritti effettivi come l’accesso a spazi per incontri con i decisori, un regime di diritti /doveri dato dalla reciprocità, accesso alle informazioni in una fase precedente alla definizione del provvedimento”. Bene la previsione di  istituire un codice deontologico e un Comitato di sorveglianza che però stia “presso il Parlamento”. Sul fonte delle Revolving doors, invece “è necessaria la trasparenza massima, più che il proibizionismo massimo. Trasparenza che deve essere biunivoca: sia quando un decisore, un collaboratore diviene rappresentante di interesse che quando la dinamica si sviluppa in maniera inversa”. Un’ultima proposta lanciata da Reti riguarda invece “la nascita di una piattaforma digitale su cui possano transitare la maggioranza delle comunicazioni relative all’attività di rappresentanza di interessi e alle relazioni tra decisori e rappresentanti. Il ricorso al digitale, anche alla luce dell’esperienza del lockdown – ha aggiunto -, rende i processi trasparenti, immediati ed efficaci. Prevedere una fee di compartecipazione ai costi, a carico dei rappresentanti di interesse, non sarebbe una cosa sbagliata: aiuterebbe a distinguere ancora di più i professionisti dai faccendieri”.

IL CHIOSTRO: SI APPROVI DDL LOBBY IN QUESTA LEGISLATURA, IL REGISTRO SIA ISTITUITO PRESSO IL PARLAMENTO

“Apprezzamento per la qualità delle proposte di legge” che “rappresentano un passo in avanti rispetto al passato” è arrivato da Giuseppe Mazzei, presidente dell’Associazione Il Chiostro – per la trasparenza e professionalità delle lobby. Secondo Mazzei “è urgente e necessaria” una legge nazionale “perché altrimenti rischiamo di avere 20 leggi regionali, due delle Province autonome e 18 regolamenti ministeriali per un totale di 42 regolamentazioni che non sono il massimo”. L’obiettivo deve essere quello di regolamentare il settore “per migliorare la qualità delle decisioni pubbliche e consentire il coinvolgimento del massimo numero di persone in condizioni di eguaglianza” così da “assicurare trasparenza nell’attività di lobbying e correttezza reciproca”.

I lobbisti, ha aggiunto, sono “responsabili verso i propri clienti e verso lo Stato” e rappresentano “interessi privati ma per concorrere a decisioni nell’interesse pubblico”. “Ci auguriamo che la legge si approvi in questa legislatura; non importa che sia perfetta, si potrà migliorare in futuro. Negli Stati Uniti è dal 1935 che si fanno leggi sulle lobby”.

Per quanto riguarda gli elementi delle pdl in esame in commissione Angela Marchese, segretario generale dell’associazione, ha notato che sarebbe opportuno istituire il Registro “presso un’autorità indipendente che sia esperta della materia più che presso l’Anac o l’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato. Magari si potrebbe istituirlo presso il Parlamento”.  Sempre riguardo al registro Marchese ha fatto notare che “la suddivisione in categorie di settore non è funzionale per i liberi professionisti e le agenzie di lobby che rappresentano contemporaneamente più realtà e interessi differenti” e che “alcuni dati chiesti sono ridondanti o poco utili”. Via libera secondo Il Chiostro alle Revolving doors “per almeno due anni”. L’impressione per il segretario generale dell’associazione, comunque, è che c’è la “possibilità di fare una legge equilibrata con uno spirito di collaborazione e di proattività”.

SGUEO: STABILIRE PERIMETRO APPLICAZIONE DELLE REGOLE E DEFINIRE DECISORE PUBBLICO

Per Gianluca Sgueo, Global media seminar professor alla New York University di Firenze, la regolamentazione dell’attività di lobbying deve partire da tre punti: perimetro di applicazione delle regole, definizione di decisore pubblico e la figura del rappresentante di interessi.

Si comincia dunque con il perimetro di applicazione ovvero “un sistema di regole che non si esaurisca necessariamente nella figura del Registro per la trasparenza. Questo è uno degli strumenti che consente, a un sistema più ampio di regole, di transitare verso una maggiore trasparenza”. Nell’Unione europea, ha ricordato Sgueo che è anche analista politico al Parlamento europeo, “esistono due strumenti: quello appunto del Registro, più noto, che vincola Parlamento e Commissione. Dal 2014 ne esiste un secondo, ovvero un sistema di rendicontazione che la Commissione fa della propria agenda istituzionale, in merito agli incontri che svolge con i rappresentanti di interesse. Il punto importante – ha proseguito – è rendersi conto del perimetro e del livello di trasparenza che il Registro può garantire”. Ci sono infatti da considerare due limiti, “il primo di natura qualitativa”. Ad esempio “se una società di organizzazione eventi, sulla base di un contratto stipulato con un’azienda o una società di lobbying, organizza un evento dove fa sedere allo stesso tavolo dei relatori (rappresentanti istituzionali e lobbisti), sta facendo attività di pressione oppure no? Un altro esempio. Il coordinamento di un’attività di comunicazione, con l’acquisto di spazi pubblicitari su social network come Facebook e Twitter, che ha come finalità anche quella di interloquire e sollecitare i decisori pubblici, è o non è un’attività di pressione? Secondo me sì, lo sono entrambe. Tuttavia è chiaro che uno strumento come il Registro si limita a darci una fotografia delle interazioni che avvengono all’interno del palazzo tra i rappresentanti di interesse e i decisori pubblici”.

Il secondo limite del registro, a parere del docente, “è quello temporale. I media ci consegnano un’immagine del lobbista che sta dietro alle transenne delle commissioni solo durante la legge di Bilancio. Ma in realtà la loro è un’attività molto più strutturata, che avviene nell’intero arco di vita di un provvedimento e non solo della manovra. Sarebbe quindi il caso di valutare l’inserimento di quello che in alcuni sistemi si chiama legislative footprint, ovvero la possibilità di dare contezza del momento cronologico nel quale l’interazione tra i due soggetti è avvenuta”.

Per quanto attiene alla definizione di decisore pubblico, Sgueo si definisce “d’accordo con chi dice che si debba delineare un ampio significato del termine. E in questo caso si possono esplorare due aspetti. Dal punto di vista ‘verticale’ si deve decidere fino a che punto si vogliono rendicontare le interazioni”. In tal modo “si può delimitare un perimetro più o meno ampio”. Esiste poi la possibilità di una rendicontazione orizzontale, “un aspetto che va valutato soprattutto con il proliferare di task force (mai così numerose come in questi ultimi mesi per l’emergenza Covid-19, ndr). Se un gruppo di esperti viene nominato momentaneamente da qualunque istituzione, dovrà probabilmente entrare in contatto con i portatori di interesse. Vi domando: vale la pena che le interazioni di questi soggetti vengano monitorate? Secondo me sì”.

In merito al Registro Sgueo ha posto una domanda ai parlamentari: “Qual è il reale incentivo che diamo al rappresentante di interessi per iscriversi al Registro? Ci sono varie risposte. Una è legata al mercato, che svolge da solo il meccanismo premiale-sanzionatorio per il portatore di interessi. Vi invito a non concentrarvi sulla previsione di una sanzione economica, ma di declinarla nell’ottica della reputazione. Negli Stati Uniti questo sistema si chiama naming shaming, ovvero la pubblicazione dei nominativi di quei soggetti che per una determinata ragione hanno contravvenuto ad alcune regole. L’informazione arriva sia all’opinione pubblica che agli eventuali clienti, che valuteranno quel soggetto e l’eventualità o meno di sottoscrivere con lui un contratto”.

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