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Gas, aumentano le bollette senza Tap e EastMed
La riforma delle tariffe di trasporto gas alla quale sta lavorando l’Authority per l’energia tedesca in vista del gasdotto Nord Stream 2, rischia di pesare sulle tasche italiane
L’Italia ha bisogno di Tap e di EastMed, forse anche di altre interconnessioni. E questa volta lo dicono i numeri. A presentare il conto è infatti la Germania che sta preparando una riforma delle tariffe di trasporto gas tramite l’Authority per l’energia e sta per consegnare una fattura al nostro paese da 500 milioni di euro da pagare quest’anno e altrettanti il prossimo. La nostra colpa? Quella di dipendere un po’ troppo dalle forniture russe e di essere geograficamente lontani da Mosca, dovendo quindi, per forza di cose, dipendere dalle infrastrutture di rifornimento dei nostri vicini.
COME NASCE L’INCREMENTO DI BOLLETTA PER L’ITALIA
La riforma delle tariffe di trasporto gas a cui l’Authority per l’energia tedesca sta lavorando si inquadra nell’ambito della prossima entrata in funzione del Nord Stream 2 che sta procedendo spedito verso la conclusione dei lavori. Tutto nasce dall’intesa raggiunta il mese scorso a Strasburgo che ha dato a Berlino (e di conseguenza a Mosca) il via libera per consentire alla Germania di terminare i lavori del gasdotto nel 2020, garantendo il raddoppio dei flussi di gas provenienti dalla Russia, bypassando l’Ucraina. L’Italia importa oltre un terzo delle proprie forniture di gas proprio dalla Russia, attraverso una serie di gasdotti che arrivano nel Nord del paese e che ora passano attraverso l’Ucraina e dopo il 2020, quando cioè sarà terminato il Nord Stream 2, arriveranno attraverso la Germania.
GIÀ NOTIFICATO LO STOP ALLE FORNITURE UCRAINE DA GAZPROM?
Questa situazione dovrebbe concretizzarsi malgrado Mario Mehren, il numero uno di Wintershall, una delle aziende tedesche che partecipano all’opera, abbia riferito di non avere informazioni riguardo alla possibilità che il gigante russo Gazprom blocchi il transito del gas attraverso l’Ucraina al 2020. Andriy Kobolyev, CEO della compagnia energetica ucraina Naftogaz, aveva riferito nelle scorse ore ai media ucraini, infatti, che Gazprom aveva già iniziato a notificare ufficialmente agli Stati vicini a Kiev o dipendenti dal transito del gas russo attraverso l’Ucraina, la sospensione delle forniture dal 2020.
IL NORD STREAM 2 SIGNIFICHERÀ UNA MAGGIORE DIPENDENZA DALL’IMPORT TEDESCO
Ecco che qui si innesta il problema italiano. Il Nord Stream 2 significherà, in sostanza, una maggiore dipendenza dall’import tedesco e quindi dalle regole teutoniche di “cessione” delle forniture ad altri paesi. “Secondo il disegno del regolatore tedesco – scrive Il Foglio –, i costi delle infrastrutture andrebbero ripartiti aumentano la quota a carico dei punti in uscita dalla rete: la manutenzione dei gasdotti e le spese di trasporto del metano saranno sostenute in maggiore misura dai paesi che importano gas attraverso la Germania con un risparmio per i consumatori tedeschi”.
A CALCOLA I COSTI SAGLIA: CERCHEREMO UN CONFRONTO CON I TEDESCHI
A calcolare il peso della riforma ci ha pensato uno dei componenti del collegio dell’Authority italiana, Stefano Saglia, durante un convegno dei gasivori a Lucca, quantificandola, appunto, in 500 milioni di euro l’anno ma anche di più nel caso in cui crescessero i flussi di gas russo che la Germania esporta. La riforma tedesca, ha spiegato Saglia secondo quanto riportato da Staffetta Quotidiana, “non infrange le regole ed è il risultato di una consultazione pubblica. Ma lo squilibrio che si verrebbe a creare tra il prezzo del metano pagato dall’industria tedesca e quella italiana – gravata dagli oneri che pagherebbe l’Italia sul prezzo all’ingrosso del gas – potrebbe costituire un problema di concorrenza, di cui, come segnala ancora Staffetta Quotidiana -, si dovrebbe interrogare l’Antitrust europeo. ‘Cercheremo di avere un confronto con l’autorità tedesca – ha detto Saglia al seminario organizzato da Assocarta – a fine mese andremo, ma credo che valga la pena che Confindustria, le associazioni di categoria facciano presente la questione al governo per avviare un confronto ai massimi livelli’”.
L’UNICA SPERANZA ITALIANA: TAP E EASTMED
Per l’Italia l’unica speranza rimane quella di importare gas da altre rotte: la realizzazione di Tap che porterà gas dall’Azerbaigian e di EastMed pensato per trasportare in Europa le risorse scoperte nell’offshore del Mediterraneo Orientale di Cipro e Israele, potrebbero essere risolutive per tentare di diversificare le forniture e affrancarsi parzialmente dalla “tenaglia” di Russia e Germania. Un simile pericolo era stato paventato recentemente da Eleonora Rocchio, che si occupa della regolazione analisi e supporto alla strategia del settore gas di Eni, durante un’audizione in commissione Attività produttive alla Camera riguardante le prospettive di attuazione e adeguamento della strategia energetica nazionale al piano nazionale energia e clima per il 2030: “In Italia abbiamo un’importante dotazione infrastrutturale e rotte di importazione diversificate: importiamo da Libia, Algeria, Russia dai mercati liquidi del Nord Europa e grazie al Gnl siamo aperti a tutto il mondo: stanno arrivando carichi da Qatar, Nigeria, Usa. Un sistema diversificato che inoltre ha anche importanti infrastrutture di stoccaggio. Infine, abbiamo un impianto regolatorio che consente un utilizzo efficiente delle infrastrutture. E un livello di liquidità dell’hub del gas analogo a quello di altri hub regionali europei”.
LA RACCOMANDAZIONE DELLA ROCCHIO (ENI) IN AUDIZIONE
Ma anche la Rocchio avvertiva già del problema tedesco, sottolineando alla commissione Attività produttive che nel nostro paese “ci sono stati importanti miglioramenti” ma ci sono anche “punti su cui occorre lavorare: uno è lo spread tra il mercato italiano e gli altri su cui è necessario intervenire riguardano la regolazione delle tariffe di trasporto perché lo spread è condizionato proprio dai costi di trasporto dal nord Europa. Già da subito però si può avviare un monitoraggio affinché le altre autorità definiscano le tariffe in modo corretto per evitare trasferimenti dei costi da un paese all’altro”.
MARGHERI (EDISON): NEL 2030 UN’AMPIA FETTA DEI CONTRATTI CHE SOSTENGONO ATTUALMENTE LA SICUREZZA DEGLI APPROVVIGIONAMENTI ARRIVERANNO A SCADENZA
Ma l’Italia deve stare attenta anche per un altro motivo, ben spiegato durante un’altra audizione in commissione Esteri da parte del vicepresidente di Edison Marco Margheri. Se la domanda 2018 ha raggiunto i 72 miliardi di metri cubi facendo del nostro paese il terzo mercato del gas europeo “con il Phase Out del carbone, 3GW di nuova capacità a gas dovranno essere installati per metà a compensazione” dello stop al carbone, ha ammesso il manager aggiungendo che già ora il Piano nazionale “fissa in 60 miliardi di metri cubi al 2030 la previsione dei consumi, che saranno figli del successo delle politiche di crescita delle rinnovabili e dell’efficienza energetica”. A ciò bisogna aggiungere che nel 2030 “un’ampia fetta dei contratti che sostengono attualmente la sicurezza degli approvvigionamenti arriveranno a scadenza e anche incorporando nel quadro delle forniture al 2030 una nuova infrastruttura addizionale rispetto a quelle in costruzione, il bilancio del gas italiano richiederà spazio ulteriore”. Margheri ha sottolineato che i volumi olandesi stanno calando mentre quelli norvegesi sono sostanzialmente stabili: “Paradossalmente, il gas che troveremo nel Nord Europa sarà molto gas russo, che arriverà in Germania attraverso il Nord Stream 2. Quindi quella rotta è destinata a connetterci a mercati che non saranno più quelli dei produttori domestici che abbiamo conosciuto, e che non potrà dare contributi ulteriori di particolare significato”.
Articolo pubblicato su EnergiaOltre.it