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I balletti a 5 Stelle sulle Olimpiadi

Olimpiadi

I graffi di Damato sull’assegnazione delle Olimpiadi 2026 a Milano e Cortina applaudita dai leghisti e meno dai 5 Stelle

A dispetto delle dichiarazioni di gaudio e di quel lembo di tricolore sventolato anche dal presidente del Consiglio grillino – o paragrillino – Giuseppe Conte, il Movimento delle 5 Stelle è il convitato di pietra nella festa mediatica e politica esplosa in Italia con l’assegnazione dei giochi olimpici invernali del 2026 a Milano e Cortina: un’assegnazione decisa a Losanna dall’apposito comitato internazionale con 47 voti contro 34, regolarmente segreti. Ma ne se ne sarebbero bastati 42 per prevalere sulla candidatura svedese.

LE OLIMPIADI SECONDO I 5 STELLE

Sintomatico del fastidio procurato da questo successo italiano al movimento grillino, e alla sua filosofia della cosiddetta “decrescita felice”, preferita ad una crescita a rischio di sprechi e imbrogli, è il titolo dedicato all’avvenimento non tanto dal manifesto, con uno “sblocca cantieri” di polivalente interpretazione, quanto dal solito Fatto Quotidiano. Che tanto bene riflette l’anima grillina, e l’alimenta con i suoi titoli, le sue cronache, le sue invettive, i suoi appelli, per fortuna non sempre ascoltati, da avere già cominciato a strillare e a piangere sulla “sconfitta” addirittura dell’Italia. E si prepara a fare previsioni e conti di tutto ciò che potrebbe costarci questa dannata impresa. Dalla quale non a caso si è tirata fuori la Torino della sindaca a cinque stelle, come la Roma della sindaca pentastellata si tirò fuori da altri giochi olimpici, in coerenza – si vantò – con una linea adottata a livello nazionale da quel governo tecnico di Mario Monti su cui il movimento grillino ha pur scritto e scrive le peggiori cose possibili.

D’altronde è proprio all’ombra, al fantasma, al pericolo di un altro governo tecnico alla Monti che il vice presidente grillino del Consiglio Luigi Di Maio si sta difendendo in questi giorni dagli attacchi dell’amico-concorrente Alessandro Di Battista, accusandolo di lavorare per “destabilizzare” il rapporto di alleanza o collaborazione con la Lega e, più in generale, la situazione politica.

LA FESTA INDIGESTA PER LE OLIMPIADI 2026 A MILANO CORTINA

La festa indigesta, per i grillini, delle olimpiadi invernali assegnate a Milano e Cortina, o “la goduria dei Giochi senza i grillini”, come ha titolato sul Foglio il direttore Claudio Cerasa, è un po’ la ciliegina sulla torta della lunga stagione elettorale di questo 2019. Che tra votazioni europee, regionali e amministrative, si è conclusa per i pentastellati come peggio, francamente, non poteva, dimezzando la loro consistenza ed aprendo all’interno del Movimento una crisi dagli sviluppi davvero imprevedibili.

Tanto rapidamente e confusamente è cresciuto il movimento creato dal comico genovese sparando “vaffanculo” nei teatri e sulle piazze in tutte le direzioni, quanto rapidamente potrebbe dissolversi a contatto, e non solo a contratto di governo, con i problemi reali del Paese. Che sono un po’ diversi, diciamo così, da quelli immaginati da Grillo e liquidati da lui, e dai suoi spettatori-elettori, con formule più ridicole o paradossali che altro, prima di diventare tragiche per le sorti del Paese.

IL PASSO AVANTI DI SALVINI

In questa situazione, mentre il governo si appresta a quell’aggiustamento del bilancio rinviato all’ultimo momento nella scorsa settimana per cercare di evitare la sospetta procedura d’infrazione per debito eccessivo messa in cantiere dalla Commissione uscente di Bruxelles,  facendone coincidere il percorso, guarda caso, con le trattative sulle nuove cariche nell’Unione Europea; in questa situazione, dicevo, è stato sin troppo facile a Matteo Salvini far prevalere la propria festa, accanto alla bandiera nel suo ufficio al Ministero dell’Interno, su quella di facciata di Giuseppe Conte, francamente molto meno credibile e coerente del leader leghista e del suo fidato Giancarlo Giorgetti, che ha partecipato personalmente al progetto infine riuscito a Losanna.

Salvini ha così fatto un altro passo avanti sulla sua strada di protagonista di questa congiuntura politica italiana. O di “dittatore”, come teme o prevede nel suo libro fresco di stampa il mio vecchio amico Gianpaolo Pansa, costretto tuttavia da un confronto nel salotto televisivo di Lilli Gruber con Paolo Mieli, Vittorio Sgarbi e Lucio Caracciolo a chiedersi lui stesso se non ha esagerato a scegliersi quel titolo. E a imporlo ad una casa editrice che in fondo guarda più ai guadagni possibili dalle vendite che al resto.

 

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