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Il governo deve continuare? Cosa dicono gli elettori Lega e 5S. Osservatorio Lorien

Lega

Ecco l’ultima analisi dell’Osservatorio Lorien a partire dalle ultime elezioni europee, per una panoramica sul nostro Paese, i suoi attori politici e i cambiamenti avvenuti nel corso della storia più recente.

COSA CI SI ATTENDEVA DAL VOTO EUROPEO (E COSA È STATO)

Le elezioni Europee del 2019 sono state caratterizzate dalla vittoria della Lega, che è diventato il primo partito italiano e ha superato il 20% in tutte le circoscrizioni, e dalla riduzione dei consensi per il Movimento 5 Stelle, sceso per la prima volta al di sotto del 20% a livello nazionale.

Già 2 settimane prima del voto ci si attendeva un risultato non molto difforme dall’esito elettorale: innanzitutto per l’affluenza, solo il 66% della popolazione italiana era a conoscenza del giorno delle elezioni e ci si aspettava dunque un’affluenza piuttosto bassa (tra il 52% e il 63%). Come è noto l’affluenza elettorale è il dato più difficilmente “indovinabile” attraverso un sondaggio politico prima del voto, ma da essa dipende gran parte del risultato finale.


Gli italiani stessi erano convinti oltre al 50% sia che la Lega avrebbe aumentato i propri voti sia che sarebbe risultata il primo partito in Italia. Prima del voto tutti i sondaggi (e Lorien in particolare) registravano già il successo della Lega, il declino di Forza Italia e la crescita continua di FdI, ma – anche per effetto della forte fuoriuscita di voti verso l’astensione – tutti avevano sottovalutato molto il crollo del M5S.

Dalle urne emerge dunque come un partito che si autodefinisce post-ideologico difficilmente è in grado di reggere se entra in coalizione con un partito chiaramente ideologizzato o se lo scontro politico si polarizza. Può reggere in un sistema ‘solitario’: o da solo in maggioranza, o connotandosi per un proprio modo all’opposizione. L’incontro con chi invece sostiene una visione del mondo più netta porta una maggiore difficoltà a differenziarsi marcando la propria identità. È il tipico rischio che corre chi si ritrova con posizioni “centriste” rispetto agli schieramenti.

Ugualmente si rafforza il risultato positivo già previsto del PD che tuttavia cresce solo in virtù della scarsa partecipazione elettorale e non in numero di voti assoluto. Infine, vengono confermati anche il risultato dei verdi e il continuo calo di consensi a sinistra, così come la mancata soglia d’accesso per +Europa.

Il partito di Salvini, nel giro di cinque anni, dagli 1,7 milioni di elettori del 2014 (meno di quelli attuali di FdI) ha aumento i propri consensi di quasi otto milioni di voti! I flussi di voto passano spesso – come anche in questo caso – attraverso l’astensione, che per l’appunto è il bacino dal quale la Lega attinge il maggior numero di voti, tuttavia accanto a questo si registra il prosciugamento di Forza Italia e anche dell’alleato di Governo.

Continua dunque l’allargamento della “nuova” Lega nazionale e la sua discesa lungo il territorio italiano, ottenendo risultati superiori al 20% anche al sud (dove riesce a conquistare una quota consistente di voti direttamente al M5S). Il risultato delle elezioni europee rende la Lega se non ancora il partito più votato in tutto lo stivale, senza dubbio quello con la distribuzione dei voti più omogenea su tutta la nazione.

In relazione alle precedenti europee, il Movimento 5 Stelle ha perso poco meno di 1 milione di elettori, ma è il confronto con le elezioni politiche dell’anno scorso a rendere ancora più evidente la sconfitta: in un solo anno, il partito perde più della metà del suo elettorato (-5,4 milioni di voti).

Il M5S perde in tutta Italia, ma in maniera più marcata al Nord. Soprattutto verso l’astensione, ma come sottolineato prima anche nei confronti dell’alleato di Governo; si registra infatti solo una piccola parte di voti di ritorno verso il PD.

Risultati immagini per pd siamo europeiIl PD in cinque anni ha visto, dimezzare i suoi consensi e perdere quasi 5 milioni di voti, questo calo è avvenuto in maniera abbastanza omogenea sull’intero territorio nazionale. Tuttavia, confrontando il voto con le politiche di anno fa, emergono alcuni segnali positivi: aumentano i consensi in quasi tutte le regioni italiane, e la crescita più consistente è al Sud e Isole dove, nonostante la generale contrazione dei voti in termini assoluti dovuta alla bassa affluenza, è avanzato di oltre 6 punti percentuali.

Questa crescita al Sud nel prossimo futuro porterà Zingaretti in una contesa diretta di elettorato col M5S cercando di recuperare quegli “elettori di sinistra pentiti” che ancora non è riuscito a strappare al M5S.

Analizzando i flussi di voto si nota come sostanzialmente il PD abbia:
Confermato i propri elettori (interrompendo l’emorragia degli anni scorsi)
Ha tenuto, molto, rispetto all’astensione che ha invece colpito maggiormente gli altri partiti, mobilitando dunque i “propri” alla partecipazione.
Sia in una situazione di sostanziale isolamento rispetto ai flussi in entrata: l’apporto di elettori “pentiti” dal M5S è esiguo e pari a quello da sinistra dovuto alla fine del progetto politico di LeU.

L’altro sconfitto di questo giro elettorale è stato il partito di Berlusconi che ha quasi dimezzato i suoi consensi rispetto al 2018, perdendoli verso destra e anche verso l’astensione (quest’ultimo fattore è storicamente congenito a FI nelle elezioni Europee).

Tuttavia, c’è da considerare un altro fattore: alcune simulazioni, proiettando il voto delle Europee su una ipotetica elezione della Camera dei deputati, evidenziano come, se si fosse votato alla stessa maniera per eleggere il Parlamento, la Lega avrebbe un numero di deputati necessario a governare con il solo apporto di Fratelli d’Italia, potendo escludere dunque Forza Italia da un ipotetico accordo di Governo. Ciò significherebbe la fine politica di una forza che conta di essere ancora determinante in quanto centrale rispetto agli schieramenti opposti posizionandosi nell’area moderata. Certo sappiamo quanto le elezioni politiche si giochino su maccanismi profondamente diversi: regole diverse, alleanze preelettorali per i collegi uninominali, motivazioni e scelte di voto differenti per molti elettori.

Infine, Fratelli d’Italia ha raggiunto 1,9 milioni di voti, il risultato migliore mai ottenuto in un’elezione nazionale dal partito guidato da Giorgia Meloni: rispetto alle precedenti europee, gli elettori sono quasi raddoppiati e provengono in parte dalle altre forze del centrodestra (da Forza Italia in primis e per una parte consistente anche dall’astensione).

IN EUROPA

La maggioranza che ha guidato l’Europa nelle ultime due legislature non è più autosufficiente. I due gruppi che hanno espresso il governo delle istituzioni europee nelle scorse legislature, cioè PPE e PSE, arriverebbero a 332 seggi, ben lontani dai 376 necessari. L’unica maggioranza verosimile prevede un allargamento al gruppo dei liberali dall’ALDE, che con 105 seggi migliorano di gran lunga il risultato del 2014. Non è invece sufficiente alla maggioranza dei seggi un allargamento ai Verdi che con l’importante successo elettorale in alcune nazioni (Germania) rappresenta il quarto gruppo in Europa. In Europa non c’è dunque maggioranza possibile che non comprenda i gruppi più europeisti.

Decisamente scongiurata la possibilità di una maggioranza “sovranista” (da sempre considerata abbastanza improbabile). La somma dei tre gruppi euroscettici (ECR, il gruppo di Fratelli D’Italia e dei conservatori; ENF, il gruppo di Salvini e di Le Pen; EFDD, il gruppo del M5S e di Farage) raggiunge appena 171 seggi e anche una improbabile alleanza di centro-destra con il PPE non raggiungerebbe la maggioranza.

Appare comunque una certa tendenza a premiare i messaggi fortemente identitari dal punto di vista politico: vale per il Brexit Party nel Regno Unito così come per la Lega in Italia. Vale certamente per i Verdi in Germania, che hanno saputo interpretare correttamente la spinta ecologista che da qualche mese è percepibile in Europa.

GLI ATTEGGIAMENTI VERSO L’EUROPA NON CAMBIANO

Un italiano su 3 ritiene che il governo non sia realmente autonomo rispetto all’UE come invece dichiara di voler essere. Lo pensano soprattutto gli elettori di PD, FI e SI. Il 25%, invece, specie se elettore dei partiti di governo, è convinto che il governo abbia fatto concessioni alla UE per evitare uno scontro aperto e danni economici al Paese ma che tutto sommato si sia dimostrato autonomo.

Con l’ipotesi definitiva di apertura della procedura di infrazione di questi giorni, si rimetterà la palla in campo e si dovrà verificare la capacità del Governo di tener duro o di mediare le condizioni con l’Europa.


Osserviamo però che gli atteggiamenti degli italiani verso l’UE non sono cambiati molto negli ultimi tempi. La quota di elettori euroscettici è sostanzialmente invariata (35%): da dicembre 2018 cresce di appena un punto percentuale. L’orientamento antieuropeo riguarda ovviamente in misura più marcata gli elettori della Lega e quelli di fratelli d’Italia, ma è anche molto diffuso tra gli astensionisti. Non solo, si dichiarano euroscettici più di un terzo degli elettori del M5S e circa il 30% tra quelli di FI e anche della Sinistra.

Gli atteggiamenti generali verso l’Unione sono più negativi che positivi: il 26% ritiene che sia una vera unione di popoli, mentre per il 25% rappresenta soltanto un sogno mal realizzato; se da un lato il 24% la ritiene un’opportunità, al contrario il 15% la ritiene un peso economico per il nostro Paese e una limitazione della nostra sovranità. Allo stesso tempo gli italiani vorrebbero che l’UE unificasse le politiche sull’immigrazione e agisse di concerto sul tema, così come una maggiore integrazione delle politiche del lavoro. Un quarto degli italiani vorrebbe intraprendere un percorso verso una vera costituzione federale dell’Europa e solo il 10% vorrebbe che cessasse definitivamente di esistere.

IL FUTURO DEL GOVERNO

In parte si è già detto circa la difficoltà in cui versa il M5S: schiacciato dalla forza comunicativa di un alleato più identitario e della tentazione di questo di far valere la verificata superiorità di consenso mancante di un corrispettivo nella rappresentanza parlamentare.

È una difficoltà tipica di elezioni nazionali di questo tipo che sanciscono ufficialmente un cambiamento nell’opinione pubblica generale, ma che non modificano la quota di rappresentanza in mancanza di elezioni politiche. Così si insinua l’argomento che il Parlamento non rappresenti più il Paese; tuttavia, il Governo gode ancora di buona salute e con il 48% di giudizio positivo da parte degli italiani (nonché oltre il 51% dei voti espressi).

Inoltre, i provvedimenti più ricordati sono il reddito e la pensione di cittadinanza (M5S), la legge sulla legittima difesa, la “chiusura” dei porti e il decreto sicurezza (Lega); queste ultime tre, da ascrivere appunto nei risultati della Lega, sono però anche tra le azioni più gradite da parte della maggioranza degli italiani.

Le continue tensioni interne al governo giallo-verde vengono interpretate per quasi la metà degli italiani come un anticipo di una crisi di Governo e per un’altra metà come una semplice schermaglia elettorale. Inoltre, i bacini potenziali di voto di entrambi i partiti, oltre a misurare una decisa contrazione rispetto al Dicembre 2018, si stanno allontanando tra loro: la quota di elettori che prende in considerazione il voto per entrambi i partiti quasi si dimezza in 5 mesi passando da 21,3% all’11,5% (sul totale degli elettori italiani).

Lo scontro, vero o fittizio che sia, ha comunque portato ad un rimescolamento di elettori (misurato in parte anche dai flussi elettorali) e ad un allontanamento vicendevole degli stessi.

In pratica gli elettori di M5S e Lega sono già divisi, ma se dal primo versante c’è la volontà di mantenere l’alleanza con la Lega e di andare avanti, dall’altro versante – pur ancora minoritaria – emerge la richiesta di creare un Governo di centrodestra. Tuttavia, se anche sarà ufficialmente crisi di Governo, è difficile ipotizzare una maggioranza alternativa con numeri tali da poter governare a lungo. Nonostante la convenienza elettorale di una tale ipotesi è tutta nella Lega e proprio nella possibilità di andare a ridisegnare il Parlamento attraverso nuove elezioni, è anche chiaro come l’ipotesi di tornare al voto sia gradita ad una cifra troppo esigua dei propri elettori (16%) per prendersi la responsabilità di tornare subito alle urne.

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