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L’Europa dell’Est torna contro il grano ucraino, Roma sta con Kyiv verso la Conferenza del 26 aprile

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La lettera del mese scorso inviata alla Commissione Ue da Polonia, Ungheria, Romania, Bulgaria e Slovacchia, il bando di Varsavia e Budapest, la posizione dell’Italia

Si è riaccesa la questione del grano in Europa? Sì, ma al contrario rispetto allo scorso anno. Se nel 2022 e nei primissimi mesi del nuovo anno la preoccupazione economico-alimentare legata alla lunga guerra russo-ucraina del 24 febbraio era quella dei famosi accordi sul grano da salvaguardare, adesso tutto si è capovolto. Paesi europei come Polonia, Ungheria ma anche Slovacchia, Bulgaria e Romania, hanno smesso di pensare al bene di Kyiv per tornare a concentrarsi sull’economia e la produzione nazionale.

E l’Italia?

LA SITUAZIONE DELL’ITALIA SUL GRANO, TRA 8 GIORNI LA CONFERENZA DI ROMA

Roma nel 2021 ha importato più di 6,8 milioni di tonnellate di grano, secondo i dati Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare) del Masaf. E di queste 122 mila di grano tenero arrivavano dall’Ucraina, nessuna invece di grano duro.

“Quando si parla di grano portare avanti una battaglia per il made in Italy non ha molto senso”, ammoniva sul Fatto Alimentare Andrea Villani di AGER Borsa merci di Bologna.  Dettagliando poi la situazione nostrana: “L’Italia produce poco più del 50% del proprio fabbisogno complessivo di cereali e semi oleosi. Per quanto riguarda il grano, importiamo più del 50% del grano tenero e il 30/40% del grano duro”. Su quest’ultimo prevale la nostra produzione, alta come quella del Canada. Sul primo, invece, Roma si supporta importando da Francia, Ungheria, Romania, Polonia e Russia.

Nel colloquio telefonico di fine marzo, Giorgia Meloni ha replicato al premier ucraino Volodymyr Zelensky ribadendo il pieno supporto di Roma a Kyiv. Militare, civile, diplomatico. Il viaggio della premier del 21 febbraio e l’intervento dell’omologo di Kyiv al Parlamento italiano del mese successivo erano state tappe importanti.

Il 26 aprile si terrà a Roma la Conferenza per rinsaldare, tra l’altro, il rapporto imprenditoriale tra i due Paesi. Qui è consultabile il programma.

LA STRETTA SUL GRANO UCRAINO DI POLONIA, UNGHERIA E NON SOLO

(di Giulia Alfieri, Start Magazine)

La Commissione europea ha respinto il divieto di importazione di grano e di altri prodotti agricoli ucraini introdotto sabato scorso da Ungheria e Polonia. La decisione presa unilateralmente dai due Paesi per proteggere il proprio settore agricolo, secondo la Commissione di Bruxelles, va contro la politica commerciale dell’Unione.

IL BANDO DI BUDAPEST E VARSAVIA

Un tempo consegnato in gran parte a Paesi africani e mediorientali, da quando la Russia ha invaso l’Ucraina e occupato ampie zone costiere attorno al mar Nero impedendone l’esportazione, il grano ucraino ha iniziato a essere commerciato negli Stati dell’Europa centrale, come Polonia e Ungheria, scatenando il malcontento degli agricoltori poiché si tratta di merci molto più economiche.

Da qui la decisione dei due Paesi di mettere fine alle importazioni. L’Ungheria non ha fornito dettagli sulla data di entrata in vigore del divieto ma entrambi hanno riferito che scadrà alla fine di giugno.

LE ORIGINI DEL MALCONTENTO

Già il mese scorso, ricorda Reuters, i primi ministri di Polonia, Ungheria, Romania, Bulgaria e Slovacchia avevano scritto in una lettera alla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che l’entità dell’aumento di prodotti, tra cui cereali, semi oleosi, uova, pollame e zucchero, era stata “senza precedenti”.

Per questo chiedevano inizialmente di prendere una serie di misure per limitare le distorsioni del mercato ma, se non fossero bastate, si sarebbe dovuto prendere in considerazione la reintroduzione di dazi sulle importazioni agricole ucraine. La moratoria Ue sulle tariffe termina infatti il 30 giugno, ma la Commissione ha proposto di estenderla per un altro anno e alcuni Stati membri, tra cui Spagna e Paesi Bassi, vogliono acquistare i cereali ucraini per l’alimentazione animale.

Intanto, per mitigare le conseguenze dell’impatto di “un’eccessiva offerta”, il mese scorso la Commissione ha proposto che vengano stanziati 56,3 milioni di euro per gli agricoltori più colpiti.

A RISCHIO I CONSENSI AL PIS

In Polonia, dove attualmente l’economia è in una situazione di stagflazione, l’eccessiva offerta ha creato un problema politico per il partito di destra Diritto e giustizia (PiS), ora al governo, e che il prossimo autunno dovrà affrontare le elezioni. I cittadini delle zone rurali, dove il sostegno al PiS è solitamente elevato, si sono infatti mostrati molto irritati.

“Siamo e restiamo immutati amici e alleati dell’Ucraina. La sosterremo e la appoggiamo […] Ma è dovere di ogni Stato, di ogni autorità, di ogni buona autorità in ogni caso, proteggere gli interessi dei propri cittadini”, ha detto il leader del PiS Jaroslaw Kaczynski.

Il ministro dell’Agricoltura polacco Robert Telus ha aggiunto che il divieto era necessario per “aprire gli occhi all’Ue sul fatto che sono necessarie ulteriori decisioni che consentano ai prodotti provenienti dall’Ucraina di entrare in Europa e non di rimanere in Polonia”.

In serata, anche il governo ungherese di Viktor Orban ha seguito la scia affermando che lo status quo avrebbe causato gravi danni agli agricoltori locali.

Entrambi i Paesi, inoltre, sono da tempo in conflitto con Bruxelles su questioni quali l’indipendenza della magistratura, la libertà dei media e i diritti LGBT, e tutti e due hanno subito il blocco dei fondi a causa di preoccupazioni sullo stato di diritto.

LA RISPOSTA UCRAINA

L’Ucraina ha espresso rammarico per la decisione di Varsavia, affermando che “risolvere varie questioni con azioni drastiche unilaterali non accelererà una risoluzione positiva della situazione”.

Il ministero ucraino della Politica agraria e dell’alimentazione ha inoltre dichiarato che il divieto contraddice gli accordi bilaterali esistenti sulle esportazioni e ha chiesto di avviare colloqui per risolvere la questione.

“Comprendiamo che gli agricoltori polacchi si trovano in una situazione difficile – ha detto -, ma sottolineiamo che gli agricoltori ucraini si trovano in una situazione ancora peggiore”.

La Polonia ha affermato di essere pronta ad avviare i colloqui, mentre il governo ungherese auspica cambiamenti normativi a livello europeo, compreso un ripensamento sui dazi.

Intanto, anche il ministro dell’Agricoltura bulgaro, Yavor Gechev, ha fatto sapere che il Paese sta valutando la possibilità di vietare le importazioni di grano ucraino.

I NUMERI DELLE ESPORTAZIONI DI GRANO

Stando ai dati riferiti dal ministero dell’Agricoltura ucraino, circa 3 milioni di tonnellate di grano partono ogni mese attraverso il Mar Nero, mentre solo un massimo di 200.000 tonnellate si dirigono verso i porti europei attraverso il territorio polacco.

Variano invece tra le 500.000 e le 700.000 tonnellate i vari prodotti agricoli, tra cui grano, olio vegetale, zucchero, uova, carne e altri prodotti, che ogni mese attraversano il confine polacco.

LA POSIZIONE EUROPEA

Miriam Garcia Ferrer, portavoce della Commissione per il commercio e l’agricoltura ha sottolineato che “la politica commerciale è di competenza esclusiva dell’Ue e, pertanto, non sono accettabili azioni unilaterali”. Inoltre, “in tempi così difficili, è fondamentale coordinare e allineare tutte le decisioni all’interno dell’Unione”.

IL RICATTO, L’ENNESIMO, DELLA RUSSIA

Il tutto si inserisce in un contesto in cui l’accordo provvisorio per l’esportazione dei prodotti ucraini attraverso il mar Nero tra Ucraina, Turchia, Russia e Nazioni Unite si avvicina sempre di più alla scadenza prevista per il 18 maggio, con Mosca che la settimana scorsa ha già fatto sapere che potrebbe non essere prorogato a meno che l’Occidente non rimuova gli ostacoli all’esportazione di grano e fertilizzanti russi.

 

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