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Verso il nuovo Dpcm con Dad al 100%. Perché la scuola è il punto debole di governo e Regioni

Dad

Gli incontri tra governo, regioni ed enti locali fanno emergere tutte le divisioni sul dibattito scuole aperte o didattica a distanza. Mentre alcuni governatori impongono la chiusura e il governo pensa alla Dad al 100%, i presidi di molte scuole si organizzano per potenziare la rete

In attesa del prossimo Dpcm che definirà anche il capitolo scuola, si sono tenuti ieri una serie di incontri a Palazzo Chigi. Prima il vertice tra governo, Regioni ed enti locali alla presenza dei ministri della Salute Roberto Speranza e degli Affari regionali Francesco Boccia. Poi la riunione con i capidelegazione della maggioranza (Franceschini per il Pd, Bonafede per M5s, Bellanova di Italia Viva), e con loro anche la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina. Tra chi vuole chiudere le scuole e chi le vuole aperte, i presidi corrono a potenziare internet.

SCUOLA CHIUSA

Dopo le polemiche che hanno accompagnato la decisione di chiudere le scuole nella regione Puglia da parte del governatore Michele Emiliano e dell’epidemiologo e assessore alla Sanità Pierluigi Lopalco (che si è difeso dicendo che la scelta ha basi scientifiche), anche il governatore della Campania Vincenzo De Luca è stato travolto dalle critiche sul tema scuola. In difficoltà dopo aver ridicolizzato una mamma e i figli che manifestavano contro la chiusura, De Luca ha pubblicato i dati dei contagi nel quartiere in cui la donna è residente: “Vomero-Arenella, 344 positivi in 36 giorni”.

Altri sindaci in varie regioni italiane stanno continuando a chiudere scuole in seguito a test positivi o con ordinanze preventive – è il caso della sindaca di Paterno Calabro, Lucia Papaianni, che ha fatto molto scalpore, con la sua ordinanza: “Seppure la scuola di Paterno Calabro non presenta alcun caso positivo e non vi è imputabile alcuna promiscuità con i contagiati posti precedentemente in isolamento domiciliare ed oggi in quarantena” la chiusura è disposta “per meri e soli fini di tutela psico-fisica della popolazione scolastica”.

SCUOLA APERTA

Sta dalla parte delle “scuola aperte” la ministra Azzolina e con lei il partito di Matteo Renzi, Italia Viva, che ritiene accettabile chiudere gli istituti scolastici solo in caso di lockdown nazionale. L’ex sottosegretario all’Istruzione, Gabriele Toccafondi di IV, non lascia spazio ai dubbi: “Germania, Francia, Inghilterra e Irlanda chiudono tutto tranne le scuole. Campania, Puglia, Piemonte, Liguria decidono che deve essere la prima cosa a chiudere in Italia. Già per questo c’è qualcosa che non torna. La scuola deve essere l’ultima cosa a chiudere! Non è un ufficio burocratico, un percorso nozionistico o un percorso educativo che puoi fare stando davanti ad uno schermo. Chiudere comporta problemi per i ragazzi, soprattutto per i più deboli”.

Anche il pentastellato Luigi Gallo, presidente della commissione Cultura alla Camera si è schierato dalla stessa parte di Azzolina e ha spiegato: “Ci vuole buon senso. In queste ore sto chiedendo di mantenere le scuole aperte finché l’indice di contagio lo permette, di procedere a maggiori controlli e chiusure mirate di chi non rispetta le regole; servono lockdown comunali invece che generalizzati e potere ai Commissari quando l’ente locale è incapace o affanna nel contenimento del contagio. Dobbiamo fare investimenti e misure per i più fragili e campagne Rai sulle regole per aiutare tutti a fermare la diffusione del virus”. Il Pd, invece, è spaccato e nessuno vuole esporsi con dichiarazioni ufficiali fino a quando non sarà firmato il nuovo Dpcm.

LE PROTESTE E LE PROPOSTE DEI PRESIDI

I presidi si scagliano contro la didattica a distanza al 100%: “Riscontrati troppi problemi”. Tuttavia, i dirigenti si stanno comunque provando ad attrezzare, cercando di assicurare la fibra ottica per tutti. Se per superiori e medie sembra ormai certa la dad al 100%, in attesa del Dpcm, i presidi sperano di non subire ulteriori restrizioni. A Roma alcuni tra loro, come Paolo Pedullà del Liceo Tasso, hanno stipulato un nuovo contratto internet per scongiurare problemi di rete. Tiziana Sallusti, preside del Mamiani, ha spiegato che quello della connessione rimane un problema per la maggior parte delle scuole: “nulla si è fatto per uniformare il Paese da questo punto di vista, assicurando nelle scuola la fibra”.

300 MILA STUDENTI SENZA INTERNET

Oltre ai ritardi e alle mancanze italiane per quanto riguarda la diffusione della banda ultralarga, si legge oggi sul Sole 24 Ore che gli 85 milioni di euro stanziati dal DL Ristori per acquistare pc e chiavette usb potrebbero non bastare. Il DL Ristori dovrebbe infatti permettere agli 8 mila istituti scolastici italiani di acquistare e concedere in comodato d’uso gratuito agli studenti meno abbienti 211.469 dispositivi digitali e 11.727 accessi a internet. Stando però ai monitoraggi ministeriali, dello scorso 1° settembre, mancavano ancora 283.461 pc, mentre 336.252 alunni non avevano una connessione a casa. Sempre secondo i numeri quindi ci sarebbero già in partenza 300 mila richieste destinate a rimanere inevase.

Infine, partendo dai dati Istat, un’analisi dell’UeCoop – l’Unione europea delle cooperative – rileva che per una famiglia su 4 ci saranno problemi con la dad. Il 25,3% delle famiglie in Italia, infatti, non ha ancora accesso alla banda larga che può supportare, senza problemi, importanti flussi di dati e collegamenti audio-video necessari per la dad.

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