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Pensioni di cartone: quanti sono i pensionati poveri in Italia?

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Nel 2021 il 40% dei pensionati ha percepito un reddito pensionistico lordo inferiore ai 12mila euro l’anno: è l’esercito delle pensioni di cartone

In genere, le polemiche sulle pensioni hanno sempre riguardato quelle d’oro, spettanti solitamente a chi ha lavorato nella PA accumulando più incarichi pubblici. Ma c’è anche il tema delle pensioni di cartone, ovvero i redditi pensionistici al di sotto della soglia di sussistenza. Quante sono?

Risponde a questa domanda l’ultimo report annuale dell’INPS, l’istituto previdenziale del nostro Paese, che come ogni estate ha rilasciato un approfondimento sul lavoro svolto nei passati 12 mesi.

QUANTE SONO LE PENSIONI SOTTO LA SUSSISTENZA?

Nel 2021 il 40% dei pensionati ha percepito un reddito pensionistico lordo inferiore ai 12mila euro l’anno, al netto delle integrazioni al minimo associate alle prestazioni, delle varie forme di indennità di accompagnamento, della quattordicesima mensilità e delle maggiorazioni sociali associati alle prestazioni: tenendo conto anche di queste “voci”, scende al 32% la quota di pensionati con reddito annuo inferiore ai 12mila euro.

Da un’analisi del ventesimo percentile di reddito pensionistico (fino a 10mila euro nel 2021) emerge che solo il 15% dei pensionati in questa fascia riceve un assegno sociale e il 26% una pensione al superstite.

IL GENDER GAP ANCHE NELLE PENSIONI

Nel 2021 l’Inps ha corrisposto un trattamento a 15,5 milioni di pensionati, di cui 7,4 uomini e 8,1 milioni donne (pari al 52%) per un totale di 305 miliardi di euro di assegni erogati, di cui però soltanto il 44% alle pensionate. Il dossier si sofferma molto sulla questione del divario di genere. Anche perché lo scorso anno la differenza tra uomini e donne nel reddito pensionistico è stata di oltre 6mila euro.

Nel rapporto si fa notare che questo divario deriva dalla netta prevalenza degli uomini nelle pensioni anticipate, ovvero quelle di importo più elevato, mentre le donne prevalgono nelle pensioni ai superstiti e in quelle di vecchiaia. L’Inps sostiene che il divario pensionistico è riconducibile a retribuzione oraria (differenza del 17% nel settore privato), tempi di lavoro (part time) e anzianità contributiva (differenza del 40% nel 2001 scesa al 25% nel 2021). Nel complesso gli assegni pensionistici dei contribuenti di sesso maschile sono superiori del 37% di quelle delle lavoratrici donne.

 

 

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