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Quanti giorni passano dalle elezioni al giuramento del governo?

Giuramento Governo

Se le urne dovessero consegnare un risultato univoco, il Parlamento potrebbe esprimere il nuovo esecutivo entro la metà di novembre. Viceversa, rischiano di passare mesi tra il voto e il giuramento del governo e i precedenti vanno tutti in quella direzione…

Anche se le elezioni politiche, fissate per il 25 settembre, sono di fatto dietro l’angolo, più che uno sprint, per i partiti sarà una maratona e, per quelli che saranno poi chiamati a comporre una maggioranza di governo, una “maratona a ostacoli”. Bisognerà dunque presentarsi ai blocchi di partenza preparati, ossigenati e con la convinzione di arrivare al traguardo, perché  le circostanze richiedono che la composizione del governo sia celere, o si rischia di finire contro gli ostacoli della Legge di Bilancio che, lo ricordiamo, impone uno scadenzario da cui non ci si può svicolare: entro il 27 settembre occorre avere approvato la Nadef, che di fatto è il quadro della ventura finanziaria, entro il 15 ottobre bisogna inviare alla Commissione Ue il Documento programmatico di bilancio, perché lo esamini e lo validi (ci si muove infatti nella cornice comunitaria) ed entro il 31 dicembre le Camere devono approvare definitivamente la Legge di bilancio.

Non ci sarà tempo, dunque, per fermarsi a tirare il fiato, dopo il giuramento. Anzi, quello sarà solo “il giro di boa” e molto dipenderà proprio da quanti giorni impiegherà il venturo governo a formarsi e a giurare. Nel 2018, l’ultima volta, ci vollero, tra partiti che bisticciavano e accuse di impeachment al Capo dello Stato, ben tre mesi, per la precisione 89 giorni, per la formazione del governo Conte. Fino ad allora la nascita più travagliata era stata quella del governo Amato nel 1992: 83 giorni dal voto al giuramento dell’esecutivo.

Se i risultati delle urne saranno univoci, insomma, si potrebbe avere un governo nel pieno delle proprie funzioni già a metà novembre, altrimenti si navigherà in acque inesplorate, anche per via del fatto che in periodo repubblicano le elezioni politiche non si sono mai tenute in autunno. Questo non vuol dire che, in caso di necessità, si possa ricorrere a forme semplificate di finanziaria: nel 2019, abbiamo il precedente del secondo governo Conte che, entrato in carica da appena due settimane, varò una Nadef più sottile del solito mentre, l’anno prima, nel 2018, il governo uscente guidato da Paolo Gentiloni approvò il Documento di economia e finanza con la sola parte delle previsioni economiche e senza il capitolo programmatico con gli obiettivi economici del governo, che appunto come già si ricordava sarebbe arrivato solo nel giugno successivo. È dunque teorizzabile che, in caso di risultati non univoci, mentre i partiti proveranno a comporre la prossima maggioranza di governo, il precedente esecutivo di Mario Draghi, ancora in carica, elabori lo scheletro del documento, eventualmente da fare approvare in forma semplificata.

Nel 2013 ci vollero 62 giorni tra il voto e il giuramento per arrivare al governo Letta. Un vero e proprio “ritardatario” nel panorama della Seconda Repubblica se si escludono i record negativi visti poco fa del Conte I e dell’esecutivo Amato. Nella Prima Repubblica attendere qualche mese era invece la regola, dato che prima si votava e poi si attendeva, pazientemente, un accordo tra i partiti. Nel 1979 Cossiga impiegò 61 giorni, nel 1963 Leone 53, nel 1972 Andreotti, alla sua seconda esperienza, 49 mentre nel 1987 Goria ben 44. Per gli altri ci volle comunque un mese e poco più, salvo rarissime eccezioni. Il più veloce fu invece Silvio Berlusconi nel 1994: appena 12 giorni.

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