Nelle previsioni del governo Meloni la gestione dei centri di accoglienza dei migranti in Albania avrà un costo di 653 milioni di euro in 5 anni
Il costo dell’accordo Italia-Albania che prevede l’istituzione di centri per migranti nelle città albanesi di Shenjin e Gjader è di 653 milioni di euro in 5 anni. Di questi, ben 252 milioni dovrebbero essere destinati a coprire le trasferte dei funzionari del ministero dell’Interno, della Giustizia e della Salute. Costi che, quindi, non ci sarebbero stati se i centri fossero stati costruiti in Italia.
E’ quanto evidenzia un rapporto pubblicato da Openpolis che scatta una fotografia dei costi del protocollo firmato lo scorso 6 novembre a Roma da Giorgia Meloni ed Edi Rama per il “rafforzamento della collaborazione in materia migratoria“, ratificato poi dal parlamento italiano lo scorso febbraio.
L’accordo prevede che entro il prossimo 20 maggio, anche se inizialmente con una capienza ridotta, dovranno essere operative le strutture dei due centri in Albania, uno per la primissima accoglienza (nella località di Shengjin) e l’altro con funzioni di hotspot e centro di permanenza e rimpatrio (Cpr), a Gjader. I centri si trovano a circa 20 km l’uno dall’altro, nel nord del paese.
Road map che ha già sollevato altre polemiche interne da parte delle opposizioni italiane perché in prossimità del voto di giugno per le Europee. Se si riuscissero davvero a rispettare i tempi annunciati per la realizzazione delle strutture previste, la premier Giorgia Meloni avrebbe la possibilità di una bella photo opportunity a due settimane circa dal voto europeo.
653 MLN DI EURO IN 5 ANNI LE SPESE PREVISTE DAL PATTO CON L’ALBANIA, SOLO 30 MLN DESTINATI ALLA GESTIONE DELLE STRUTTURE
I 653 milioni di euro di costi, secondo l’associazione, sono “una spesa considerevole che tuttavia non sembra utile né per favorire i rimpatri, né per migliorare la logistica dell’accoglienza o l’integrazione di coloro che vedranno riconosciuta la loro richiesta di protezione internazionale”. Secondo la relazione tecnica però la spesa per la gestione delle strutture dovrebbe aggirarsi interno ai 30 milioni di euro circa in 5 anni.
“Prendendo per buone queste cifre – osserva Openpolis – rimangono oltre 600 milioni di euro che non riguarderebbero spese di gestione. Alcune di queste voci di costo sarebbero state forse simili se i centri fossero stati costruiti in Italia. Altre invece sono chiaramente aggiuntive. Si tratta in particolare di 95 milioni di euro per il noleggio delle navi, di quasi 8 milioni di euro di assicurazioni sanitarie per operatori italiani in missione all’estero e dei 252 milioni per le trasferte dei funzionari”.
Una cifra, sottolinea il rapporto, “esorbitante, pari a una media di 138mila euro al giorno, necessaria a pagare viaggi, diarie, vitto e alloggio del personale interforze, dei funzionari prefettizi, di quelli del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, del personale sanitario di frontiera (Usmaf) e di quello dell’istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti (Inmp). Tutte spese che sarebbero state evitate se questo personale avesse lavorato nelle sue consuete sedi di lavoro, invece che all’estero”.