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consumi

Quella maxi patrimoniale che risponde al nome di inflazione

L’odiato prelievo forzoso del 1992 del governo Amato pari al 6 per mille ci costò 18 volte di meno rispetto a quanto ha già fatto evaporare l’inflazione

L’inflazione è una tassa della peggior specie, perché colpisce soprattutto chi ha meno. A dirlo sono gli analisti dell’Ufficio Studi della CGIA di Mestre che spiegano come, in talune condizioni, gli effetti che sprigiona sono ancor più preoccupanti; in particolar modo, quando si “abbatte” come una patrimoniale sui conti correnti. In un momento di difficoltà come questo, le famiglie pensano di avere il proprio “gruzzoletto” al sicuro; in realtà è un illusione monetaria, poiché una parte dei risparmi è destinata a “evaporare”. Di quanto?

L’INFLAZIONE CI È COSTATA 92 MILIARDI

Secondo il report elaborato dall’Ufficio studi della CGIA., in termini puramente teorici, in questo ultimo anno l’aumento dell’inflazione è costato agli italiani oltre 92 miliardi di euro. Come è giunto a questo risultato? Tenendo conto che in questi ultimi 12 mesi il tasso di interesse applicato dagli istituti di credito sui depositi bancari si è aggirato attorno allo zero e l’inflazione, invece, è cresciuta dell’8 per cento1 , a risparmi invariati, che al 31 dicembre scorso ammontavano complessivamente a 1.152 miliardi, il caro vita ha eroso questi ultimi di 92,1 miliardi di euro.

Per fare un paragone col prelievo straordinario del 6 per mille imposto trent’anni fa dall’allora Governo Amato sui conti correnti degli italiani, nell’estate del 1992, quella misura costò alle famiglie 5.250 miliardi di lire, ovvero 2,7 miliardi di euro. Rivalutando questo importo a maggio 2022, il prelievo sale a 5 miliardi di euro; praticamente un “sacrificio” economico 18 volte inferiore ai 92 miliardi stimati, in quest’ultimo anno, dall’Ufficio studi della CGIA.

Come era prevedibile, si legge sempre nel report firmato dalla CGIA, a livello territoriale il costo più salato l’hanno pagato i risparmiatori delle regioni più ricche: in Lombardia la perdita di potere di acquisto è stata di 19,4 miliardi, nel Lazio di 9,3, in Veneto di 8,3 e in Emilia Romagna di 8,12 . Desta sicuramente molta sorpresa il risultato emerso dal confronto tra le macro aree geografiche del Paese. Se a Nordovest il “prelievo” è stato di ben 29,8 miliardi, nel Mezzogiorno invece ha raggiunto quota 22,8 miliardi; un dato, quest’ultimo, superiore ai 20,7 miliardi registrati nel Nordest e, ancor più, rispetto ai 18,8 miliardi riconducibili al Centro.

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