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A che punto siamo con le sanzioni alla Russia

Sanzioni Russia

Dal febbraio 2022, le sanzioni sembrano limitare l’accesso ad una notevole quantità di riserve della Russia, ma le informazioni su questi beni sono limitate. Si stima che siano stati immobilizzati circa 312 miliardi di dollari, ma questo numero si basa sui dati della Banca di Russia

Le sanzioni per limitare i proventi delle esportazioni di petrolio della Russia – incluso l’embargo dell’Unione europea e un price cap sul prezzo del petrolio imposto dal G7 nel dicembre 2022 – hanno ridotto con successo i proventi delle esportazioni e le entrate di Mosca.

Sulla scia delle sanzioni, il surplus delle partite correnti della Russia nel periodo gennaio-maggio 2023 è sceso a 23 miliardi di dollari, rispetto ai 124 miliardi di dollari dello stesso periodo dello scorso anno. Il ministero delle Finanze ha riferito di un calo del 50% su base annua delle entrate petrolifere del governonello stesso periodo e di un aumento del deficit di bilancio.

L’IMPATTO DELLE MISURE OCCIDENTALI ALLA RUSSIA

Meno chiaro, tuttavia, è l’impatto che ha avuto ciascuna diversa misura varata dall’Occidente per punire la Russia per l’invasione dell’Ucraina. I fatti indicano che l’embargo petrolifero ha avuto più effetto del price cap, in parte perché il tetto al prezzo del petrolio è stato fissato troppo alto e quindi spesso non viene applicato.

A causa dell’embargo Ue, gli acquirenti europei di petrolio russo sono sostanzialmente scomparsi, e la Russia sta accettando sconti sui prezzi per mantenere i volumi di esportazione dai porti del Baltico e del Mar Nero, che tradizionalmente rifornivano l’Europa.

Le entrate fiscali della Russia sono diminuite, poiché i prezzi in questo mercato vengono utilizzati per calcolare le tasse sul petrolio. Nel tentativo di sostenere i prezzi del greggio, lo scorso 2 aprile la Russia ha annunciato un taglio della produzione di 500.000 barili al giorno. Il ministero delle Finanze ha anche cambiato il parametro di riferimento del prezzo che utilizza per calcolare le tasse sul greggio, per tener conto degli spostamenti dalle esportazioni verso l’Europa.

IL PRICE CAP SUL PETROLIO E LE SUE ELUSIONI

Il price cap, nel frattempo, voleva essere un passo innovativo per ridurre le entrate della Russia mantenendo il flusso di petrolio verso il mercato globale. Consente ai fornitori di servizi marittimi del G7/UE – inclusi gli armatori e le compagnie assicurative – di rimanere coinvolti nel commercio del petrolio russo fintanto che il petrolio viene venduto al di sotto di un determinato prezzo. Tale soglia è stata fissata a 60 dollari al barile. Quando fu annunciato il price cap, c’era scetticismo sulla sua efficacia per il potenziale di elusione, ma i problemi sembrano essere anche altri.

Per un segmento importante del mercato di esportazione russo – le spedizioni del greggio di qualità Urals dai porti del Baltico e del Mar Nero – l’embargo Ue ha abbassato i prezzi così tanto che il tetto massimo di 60 dollari/barile è diventato irrilevante. Per quanto riguarda l’export dai porti dell’Oceano Pacifico – che non hanno mai rifornito l’Europa, e dove quindi l’embargo Ue non ha potuto incidere – i prezzi si sono mantenuti sopra la soglia dei 60 dollari al barile.

Le aziende del G7/UE, però, rimangono coinvolte in misura significativa, il che indica che il tetto non viene applicato correttamente. L’introduzione del cap, tuttavia, ha assicurato che il petrolio russo rimanesse sul mercato, e i prezzi globali non sono aumentati a causa della minore offerta. Questo obiettivo era una delle preoccupazioni principali della coalizione per le sanzioni. A causa di questi difetti, dovranno essere adottate delle sanzioni nel settore finanziario per rafforzare l’attuazione del price cap sul petrolio e per frenare la capacità della Russia di accumulare asset all’estero.

IL PROBLEMA DEI DATI SULLE ESPORTAZIONI DI PETROLIO

Nel porto russo di Kozmino, nel Pacifico, sono emerse prove di violazioni potenzialmente diffuse del price cap. I dati sulle spedizioni mostrano che nei primi quattro mesi del 2023 metà del petrolio è stato esportato su navi di proprietà o assicurate da entità G7/UE.

Allo stesso tempo, il 96% delle esportazioni per le quali sono disponibili informazioni sui prezzi aveva un prezzo superiore alla soglia di 60 dollari al barile, con un prezzo medio di oltre 70 d/b. Ciò significa che almeno 24 milioni di barili con un prezzo superiore a 60 d/b sembrano essere stati trasportati su navi che rientrano nei regolamenti del cap. Queste violazioni sono probabilmente il risultato di una semplice falsificazione dei registri che gli acquirenti di petrolio sono tenuti a fornire alle compagnie di spedizione e di assicurazione del G7/UE, per dimostrare la conformità al tetto.

Per affrontare questi problemi, le istituzioni finanziarie dovrebbero essere tenute a informare le agenzie esecutive (come l’Office of Foreign Assets Control degli USA, l’Office of Financial Sanctions Implementation del Regno Unito e agenzie simili nei Paesi Ue) di qualsiasi transazione al di sotto del limite che facilitano, e di informarle sulle attività sospette.

Secondo il think tank Bruegel, le autorità di regolamentazione dovrebbero inoltre richiedere alle compagnie assicurative e di navigazione del G7/UE di conservare la documentazione completa su scambi, contratti e prezzi delle transazioni. Le sanzioni dovrebbero essere applicate sulla base della “responsabilità oggettiva”, il che significa che i partecipanti commerciali sarebbero responsabili delle violazioni. Ulteriori istituzioni finanziarie in Russia e nei Paesi terzi dovrebbero essere soggette a sanzioni.

LA QUESTIONE DELLE “RISERVE OMBRA”

I proventi delle esportazioni di petrolio della Russia rimangono sostanziali, a circa 50 miliardi di dollati nel periodo gennaio-aprile 2023. Poiché la Banca di Russia non è stata in grado di condurre operazioni di riserva in dollari o euro a causa delle sanzioni imposte all’inizio del 2022, le banche e le società russe lo scorso anno hanno acquisito 147 miliardi di dollari di nuove attività all’estero, e si sa poco delle loro posizioni fisiche o delle valute delle transazioni. Questi fondi potrebbero non appartenere formalmente al governo russo, ma potrebbero essere utilizzati per aumentare lo spazio di politica monetaria e fiscale.

Le sanzioni occidentali alla Banca di Russia e al National Wealth Fund hanno immobilizzato i beni e vietato le transazioni; non hanno influenzato i flussi nei fondi di riserva detenuti da entità russe che potrebbero non appartenere formalmente allo Stato, ma potrebbero essere utilizzate per sostenere le sue finanze e consentire al governo di eludere le sanzioni energetiche e catturare l’arbitraggio del mercato petrolifero.

Le strutture proprietarie di queste entità sono opache: le società energetiche russe possono impiegare compagnie di navigazione, commercianti di petrolio e raffinerie di Paesi terzi per generare entrate superiori al price cap.

LE POSSIBILI SOLUZIONI A DISPOSIZIONE DELL’OCCIDENTE

Le banche centrali occidentali e le autorità di vigilanza bancaria dovrebbero identificare la natura esatta e l’ubicazione fisica di queste “riserve ombra” e rimuoverle dalla portata del regime russo, magari imponendo sanzioni alle istituzioni finanziarie di Paesi terzi.

Dal febbraio 2022, le sanzioni sembrano limitare l’accesso ad una notevole quantità di riserve della Russia, ma le informazioni su questi beni sono limitate. Si stima che siano stati immobilizzati circa 312 miliardi di dollari, ma questo numero si basa sui dati della Banca di Russia.

Le autorità della coalizione dovrebbero migliorare la trasparenza e la credibilità dell’applicazione delle sanzioni identificando questi beni, divulgando pubblicamente le informazioni e assicurando che questi fondi siano effettivamente tenuti fuori portata. L’Ue ha compiuto un passo importante ampliando gli obblighi di segnalazione per i beni congelati nel suo decimo pacchetto di sanzioni. Sulla base di questi nuovi requisiti, ha scoperto di aver immobilizzato oltre 215 miliardi di dollari in attività della Banca di Russia.

I cambiamenti nella composizione valutaria delle esportazioni e importazioni russe si sono concretizzati dal febbraio 2022. Tra l’inizio dell’invasione dell’Ucraina e la fine del 2022, la quota delle transazioni in dollari ed euro nel commercio di merci russe è scesa da circa l’80% a leggermente meno del 50%, e le quote delle transazioni denominate in rubli e yuan sono aumentate.

Ulteriori sanzioni potrebbero costringere la Russia e la Cina a cooperare ulteriormente, rafforzando al contempo il potere negoziale della Cina (e di altre economie emergenti) sulla Russia. Nuove sanzioni finanziarie dovrebbero aumentare la pressione sulle risorse finanziarie della Russia.

 

Pubblicato su Energia Oltre

 

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