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Trasformazione digitale, a che punto è l’Italia

Trasformazione Digitale

Dalla classifica del Desi 2019 in base alle performance in campo digitale dei paesi europei, emerge che il tallone d’Achille d’Italia è una domanda ancora (troppo) bassa. L’articolo di Silvia Compagnucci per i-Com

Il Digital Economy and Society Index (DESI) 2019 che, come noto, stila una classifica dei Paesi europei sulla base delle performance registrate in campo digitale in cinque diverse aree di valutazione (connettività, capitale umano, uso di internet, integrazione delle tecnologie digitali e servizi pubblici digitali) continua a riconoscere, secondo un trend consolidato, il primato del Nord Europa. E infatti, Finlandia, Svezia, Paesi Bassi e Danimarca registrano i punteggi più alti nel ranking, seguiti da Regno Unito, Lussemburgo, Irlanda ed Estonia. All’estremo opposto della classifica si posizionano, invece, Bulgaria, Romania, Grecia e Polonia che registrano con i punteggi più bassi.

CONFERMATA LA FOTOGRAFIA DEL 2018

Il ranking sostanzialmente conferma la fotografia del 2018 rivelando però un’accelerazione della Finlandia (che nel 2018 era terza), la stabilità sostanziale di Spagna e Germania comunque al di sopra della media Ue con una Francia leggermente al di sotto.

Stabilmente posizionata nelle parti basse della classifica purtroppo l’Italia, che, sebbene l’eccellente posizionamento in relazione a singoli indicatori (ad esempio il 5G), rivela, in generale, una performance non brillante, posizionandosi al 24° posto, subito prima la Polonia e mantenendo la stessa posizione del ranking 2018 ricalcolato a causa dei nuovi indicatori – ben 13 – inseriti quest’anno.

Andando ad analizzare le singole componenti del DESI il dato che emerge, a livello generale, e che trova piena conferma nelle risultanze dell’I-Com Broadband Index 2019 – l’indice, elaborato dagli analisti dell’Istituto per la Competitività (I-Com), è contenuto nel rapporto sulle reti e servizi di nuova generazione che è stato presentato nel corso dell’evento dal titolo “Non voglio mica la luna. Le tecnologie digitali al servizio degli italiani”– è la pessima performance del nostro Paese con riguardo al take up delle reti e all’utilizzo dei servizi digitali e, dunque, in relazione alla domanda che appare fortemente immatura e sostanzialmente refrattaria alla ventata di innovazione portata dalla digitalizzazione.

Si tratta di un ritardo grave e generalizzato che costa all’Italia il penultimo posto nella classifica europea (davanti solo alla Francia) nell’utilizzo dei social networks, con una percentuale di utilizzo da parte di individui che nel 2018 si ferma al 46%, 10 punti percentuali al di sotto della media Ue, terzultima nella classifica europea con percentuali di utilizzo dell’e-Government che non vanno oltre il 24%, ponendosi ben al di sotto della media europea e la quintultima posizione nell’utilizzo dell’e-commerce, con una percentuale che si ferma al 36%, 24 punti in meno rispetto alla media europea e addirittura 48 rispetto alla Danimarca best performer.

Stesso posizionamento nella classifica europea relativa all’internet banking rispetto al quale in Italia la percentuale di utilizzo nel 2018 si attesta al 34%, 20 punti percentuali in meno rispetto alla media europea e a ben 55 punti di distanza dalla Danimarca.

Se a questo si aggiunge che nel 2018 ancora il 19% degli individui non ha mai utilizzato internet e che nell’utilizzo quotidiano di internet il gap tra Italia e best performer europei si attesta addirittura a 29 e 42 punti nelle fasce d’età più mature (55-64 e 65-74), il quadro che emerge è decisamente preoccupante soprattutto alla luce degli sfidanti obiettivi di digitalizzazione che l’Unione europea ha fissato per il 2020 e soprattutto il 2025.

IMMATURITÀ DELLA DOMANDA TALLONE D’ACHILLE PER ITALIA

L’immaturità della domanda rappresenta un tallone di Achille pericolosissimo per il nostro Paese. Infatti, oltre a non assicurare un adeguato e temporalmente accettabile ritorno degli enormi investimenti compiuti dalle imprese impegnate nella realizzazione delle reti e nella progettazione ed offerta di servizi digitali, rappresenta, a livello generale, un fattore disincentivante anche per le imprese straniere che potenzialmente potrebbero investire in Italia e certamente un ostacolo nell’accesso del sistema Paese ai benefici offerti dal digitale.

È dunque assolutamente indispensabile un intervento deciso che scuota la domanda da questo lungo torpore.

Dovendo scardinare una situazione consolidata ormai da molti anni non può non tornare alla mente la strategia per la crescita digitale che, varata nel 2015 unitamente alla strategia per la banda ultralarga, sembra essere stata dimenticata in qualche fondo di cassetto. Eppure si trattava di un documento esaustivo che proponeva una serie di misure ed azioni tese a stimolare la domanda di connettività e di servizi digitali, primo tra tutti, i tanto agognati voucher. Non c’è dubbio che i voucher rappresentano una misura non stabile nel tempo e dunque per definizione costituiscono un rimedio non strutturale, ma è altrettanto evidente che, soprattutto nel caso di accesso alle reti FTTH dove è indispensabile sostenere dei costi di installazione non trascurabili, possono rappresentare un aiuto per accompagnare gli italiani nel mondo digitale.

Considerato che, nonostante il gravissimo ritardo, l’Italia, quanto a tempo trascorso su internet, figura seconda tra i Paesi europei (dopo il Portogallo) nella classifica globale redatta da We Are Social, con 6 ore e 2 minuti, e che parimenti seconda tra i Paesi europei si classifica per tempo trascorso sui social media ogni giorno, sempre dopo il Portogallo, con un’ora e 51 minuti al giorno, è chiara l’esistenza di un’inclinazione degli italiani ad apprezzare il canale digitale che offre segnali incoraggianti circa la possibile efficacia dei voucher quali strumenti in grado di incentivare l’approccio al mondo digitale.

ALFABETIZZAZIONE DIGITALE

Certamente l’alfabetizzazione digitale è un altro dei punti cruciali su cui intervenire, ripensando la formazione, in tutti gli ordini e gradi e garantendo l’acquisizione, da parte dei soggetti formatori, delle conoscenze e competenze necessarie per accompagnare la società nel difficile percorso verso la digitalizzazione.

Ultima, ma forse tra le prime quanto ad importanza ed impatto, la pubblica amministrazione, cui spetta il compito, anch’esso non più procrastinabile, di accelerare il proprio processo di switch-off al digitale. Si tratta di un obiettivo sfidante che impone un re-skilling ed up-skilling del personale cui spetta pensare i servizi digitali da offrire (per poi formulare la gusta domanda al mercato) a cittadini ed imprese e mettere in campo azioni – a questo punto auspicabilmente più decise e coraggiose – per scoraggiare il ricorso alle modalità tradizionali.

Siamo dunque dinanzi ad una sfida enorme da affrontare che richiede di riplasmare un sostrato socio-economico in parte refrattario al cambiamento ma si tratta di una sfida non rinviabile, assolutamente indispensabile da vincere per un Paese che non voglia restare in panchina a guardare gli altri che giocano e vincono la partita del digitale.

 

Articolo pubblicato su i-com.it

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