L’UE propone di rafforzare il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG), estendendolo anche ai lavoratori non ancora licenziati ma coinvolti in processi di ristrutturazione aziendale. Il dossier analizza la proposta della Commissione europea del 1° aprile 2025, esaminando strumenti, finalità e verifica di sussidiarietà.
Mentre l’Italia si prepara al voto per il referendum abrogativo che riguarda anche alcune importanti norme che regolano i rapporti lavorativi, l’Unione Europea propone un rafforzamento degli strumenti di tutela per i lavoratori a rischio.
Il contesto è quanto mai attuale: da un lato, a livello nazionale si discute se limitare o superare determinate forme di flessibilità e protezione; dall’altro, a Bruxelles si avanza una proposta per estendere il raggio d’azione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG), includendo anche chi non è ancora stato formalmente licenziato ma si trova in una fase di ristrutturazione aziendale che ne prevede l’espulsione a breve termine.
La proposta della Commissione europea del 1° aprile 2025 intende ampliare l’ambito di applicazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG), includendo anche i lavoratori la cui espulsione dal lavoro è imminente a causa di ristrutturazioni aziendali e non solo quelli già licenziati. Il FEG, con un bilancio di 210 milioni annui dal 2021 fino al 2027, supporta con misure di politica attiva del lavoro il reinserimento dei lavoratori colpiti da grandi licenziamenti.
Le modifiche al regolamento UE 2021/691 mirano a prevenire le conseguenze negative della perdita del lavoro e a rendere più rapida l’attivazione del FEG. Tra le novità: l’estensione del sostegno anche ai lavoratori il cui licenziamento è stato annunciato formalmente, l’inclusione di nuove misure formative e di riqualificazione, l’innalzamento al 100% del cofinanziamento UE per gli Stati membri, la riduzione dei tempi di valutazione delle richieste di concessione dei contributi finanziari a 30 giorni e la semplificazione procedurale tramite sportelli unici. La proposta è coerente con il quadro giuridico UE vigente e con le strategie industriali europee. In Italia, essa si affianca agli strumenti già esistenti come la CIGS, che supporta i lavoratori attraverso misure di integrazione salariale, in particolare nelle situazioni di crisi aziendale o riorganizzazione, al fine di preservare l’occupazione e facilitare la transizione verso nuovi impieghi.