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Alla Camera come al teatro, in uno spettacolo con Meloni mattatrice

Meloni

La Lega salva le apparenze in Aula con la Meloni ma non basta: i grillini si prendono la scena dell’opposizione con la gaffe di Conte. Non migliore fortuna al verde Angelo Bonelli

Neppure alla Camera, quindi, il vice presidente leghista del Consiglio Matteo Salvini, come il giorno prima al Senato, diversamente dal collega forzista Antonio Tajani, è riuscito a trovare il tempo, o la voglia, di affiancare Giorgia Meloni ai banchi del governo nella discussione d’investitura, diciamo così, per la missione al Consiglio Europeo di oggi e domani a Bruxelles.

Non è bastata la presenza, a turno, di un ministro leghista organizzata all’ultimo momento dal gruppo del Carroccio a placare sospetti, polemiche, accuse in sede politica e mediatica. “La Lega lascia sola Meloni in aula e alza la tensione nel governo”, ha titolato su tutta la prima pagina Domani, il giornale dell’ingegnere Carlo De Benedetti nella sua ultima versione di “radicalità”, necessaria a rinvigorire un Pd che all’indomani della sconfitta elettorale del 25 settembre gli sembrava ormai perduto, solo da sciogliere e liquidare, per le condizioni alle quali lo aveva ridotto il pur amico Enrico Letta. Che non aveva voluto sentirne i consigli telefonici di non lasciare la porta vuota della sinistra alla destra della Meloni rompendo con i grillini.

Proprio i grillini, dal canto loro, ieri alla Camera non hanno saputo profittare della “tensione”, vera o presunta, nel governo per prendersi la scena dell’opposizione, vista anche la rinuncia della nuova segretaria del Pd ad intervenire nella discussione. A dispetto dell’enfasi con la quale il solito Fatto Quotidiano ha sparato sulla “faccia di bronzo” gridata personalmente da Giuseppe Conte alla Meloni, l’ex presidente del Consiglio è finito rovinosamente, in aula e sui social, per l’ennesima gaffe oratoria della sua carriera politica. In particolare, egli ha immerso il biscotto del governo di destra-centro nella melma del fascismo all’indomani non del delitto Matteotti ma del “delitto Andreotti”. Che col martire del socialismo italiano fa solo rima.

Si chiede oggi il buon Massimo Gramellini sulla prima pagina del Corriere della Sera, offrendo il suo quotidiano caffè ai lettori, se “può bastare un lapsus a impiccare un uomo, un politico, uno statista”. Si, ormai può bastare, credo, considerando la frequenza -documentata poi dallo stesso Gramellini- con la quale anche da capo del governo il presidente attuale del Movimento 5 Stelle storpiava la realtà, persino parlando una volta del capo dello Stato per ricordarne il fratello ucciso dalla mafia.

Non migliore fortuna ha avuto, sempre nella discussione di ieri a Montecitorio, il verde Angelo Bonelli con i sassi prelevati dal letto asciutto dell’Adige e ostentati in aula per denunciare la crisi della siccità. La Meloni gli ha efficacemente chiesto se non l’avesse scambiata per Mosè, che fu capace di prosciugare addirittura il mare. Tutta l’aula ha giustamente riso, con la Meloni, del deputato di opposizione. Forse ne avranno riso anche al Quirinale, dove poi la Meloni si è recata con un bel pò di ministri in vista della missione a Bruxelles.

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