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Cosa fa la Alp Services, agenzia a caccia di presunti lobbisti pro Qatar

Vita, opere e omissioni di un imprenditore classe 1946 la cui società sta facendo tremare (ancora) i palazzi di Bruxelles e non solo
Al numero 35 di Rue de Montchoisy a Ginevra, Svizzera, c’è un supermercato Coop. Al numero civico successivo, c’è la sede della Alp Services. Non molto lontano, un centro islamico. Da qualche settimana è l’agenzia di intelligence al centro di una inchiesta internazionale portata avanti dal consorzio giornalistico Eic (che include Mediapart e Domani). Un intreccio tra guerre e capricci tra petromonarchie del Golfo e Qatargate, lo scandalo (o presunto tale) scoppiato a fine 2022 tra i palazzi di Bruxelles.
COS’E’ E COSA FA LA ALP SERVICES
Digitando Alp Services su internet, il primo rimando è ovviamente al sito ufficiale dell’agenzia. Ma il portale è al momento piuttosto scarno, poiché in fase di aggiornamento: “Nuovo sito in costruzione, disponibile a breve”.
I riferimenti di contatto, però, ci sono tutti. Alla voce chi siamo si legge: “offriamo servizi di consulenza approfondita, politica, aziendale e di comunicazione su misura per le esigenze dei nostri clienti”. E proprio tra questi ci sono, secondo l’inchiesta, gli Emirati Arabi Uniti, a cui è stata recapitata una lista di nomi di politici e funzionari europei, imputati di favorire i rapporti con Doha, con il Qatar.
“La nostra posizione a Ginevra, un centro per la diplomazia, governato dal principio della neutralità, garantisce la nostra indipendenza dalle agende politiche”, si legge nella pagina di presentazione dell’agenzia. “La nostra rete globale, costruita in tre decenni, ci collega a paesi vicini e lontani, fornendoci l’accesso a informazioni e contatti inestimabili”.
Strateghi, analisti e comunicatori. Così si definiscono in Alp Services. Trent’anni e più di esperienza, oltre 80 Paesi coperti, valori: discrezione, trasparenza e disponibilità.
CHI E’ MARIO BRERO, FONDATORE DI ALP SERVICES
Alla base, o al vertice (a seconda della prospettiva), di questa agenzia c’è Mario Brero. Imprenditore classe 1946, definito da Le Temps come papa degli investigatori in Svizzera. “Le notizie in lingua francese ed ex dipendenti dicono che Brero si rappresenta come laureato in un prestigioso istituto di ingegneria a Losanna. I registri indicano che se n’è andato dopo un semestre”, ha scritto il New Yorker nel terzo numero di aprile di quest’anno.
Le ombre su Brero sono tante. Quelle professionali, anzitutto. Tra il 1986 e il 1989, prima di lanciare la Alp, lavorava in un’azienda di export di computer e apparecchiature per semiconduttori dagli Usa all’Europa ma fu incriminato per aver violato le policy esportando tecnologie sensibili oltre il Vecchio Continente.
Oggi presiede, appunto, la Alp Services, con sua moglie Muriel Cavin vicepresidente. Si ispira all’investigatore americano Jules Kroll, il Paese preferito per le sue indagini è la Francia ma proprio oltralpe si è consumato uno dei tanti scandali che lo coinvolgono. Fu quello del 2007, al centro c’è la multinazionale nucleare Areva e l’acquisizione incriminata della startup di uranio UraMin. La Alp di Brero viene accusata di aver svolto consulenze per conto del capo di Areva, Sebastien de Montessus. Alla fine, Mario Brero viene accusato di complicità, occultamento e violazione del segreto professionale ma se la cava con una sanzione.
LA RETE DI CONTATTI
“Il suo raggio d’azione si estende al Kazakistan, al Montenegro, al Congo, alla Nigeria, al Gabon, al Principato di Monaco, all’Angola, all’Uzbekistan ed all’Arabia Saudita”, racconta in un lungo profilo Simone Coccia sulla testata Gli Stati generali, ricorrendo a diverse fonti internazionali.
La lista delle cose oscure che coinvolge Brero è lunga e se approfondita può occupare un’intera giornata a ripercorrerla. La sua Alp Services subisce un duro colpo nel 2021 con un hackeraggio che comporta l’invio di numerosi documenti ai nemici dell’azienda e del suo presidente-fondatore. Gli anni passano, le vicende dell’imprenditore si intrecciano persino con la fu amante del fu re spagnolo (nato a Roma) Juan Carlos I, sostanziando il passaggio da attività di investigazione a operazioni di diffamazione su richiesta. Insomma, su Mario Brero gli articoli con parole chiave quali “indagini”, “Francia”, “guai” si trovano online almeno da quindici anni.
A CHE PUNTO E’ L’INCHIESTA
Tornando a oggi, nell’ultimo aggiornamento dell’inchiesta sull’affair Qatar, Giovanni Tizian e Stefano Vergine raccontano appunto dei lobbisti pro-Doha e anti-emiratini tra cui spiccano anche Niccolò Figà-Talamanca della Ong No Peace without Justice, Daniele Capezzone, Marco Perduca, nonché i tre principali protagonisti proprio del Qatargate: Marc Tarabella, Eva Kaili e Pier Antonio Panzeri.
Ovviamente non può mancare il nome di George Soros. In tutto, si tratterebbe di un gruppo da 70 componenti della lobby qatariota, cifra importante tanto quanto quella delle ombre di Alp Services. Che in questa storia, ripetiamo, fa gli interessi di Abu Dhabi in chiave anti-Qatar. Roba, ripetiamo, di zizzanie tra petromonarchie del Golfo, roba poco edificante.