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Addio ad Arnaldo Forlani, ultimo baluardo della Dc
Morto a 98 anni non compiuti, scompare l’ultimo capo dell’ormai scomparsa, anch’essa, Democrazia Cristiana. Fu un leader molto cortese nei modi e nel linguaggio
Con Arnaldo Forlani, morto a 98 anni non compiuti, scompare l’ultimo capo dell’ormai scomparsa, anch’essa, Democrazia Cristiana. Fu un leader molto cortese nei modi e nel linguaggio, ma di estrema fermezza nella linea politica interpretata negli anni in cui fu segretario dell’allora partito di maggioranza: la prima volta fra il 1969 e il 1973 e la seconda fa il 1989 e il 1992. Non a caso la buonanima di Giampaolo Pansa, l’autore della immaginaria “balena bianca” democristiana, coniò per lui il soprannome di “Coniglio mannaro”.
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Nel primo passaggio alla guida della Dc toccò a Forlani il compito di interrompere l’alleanza con i socialisti, allora guidati da Giacomo Mancini, dopo la rottura consumatasi attorno all’elezione di Giovanni Leone alla Presidenza della Repubblica, alla fine del 1971. Al posto del Psi Forlani rimandò al governo, presieduto da Giulio Andreotti, i liberali di Giovanni Malagodi all’insegna della “centralità”. Che egli preferì alla vecchia formula del centrismo per sottolineare il ruolo del suo partito, cui peraltro cercò di risparmiare, provocandone il rinvio col ricorso alle elezioni anticipate nel 1972, il referendum sul divorzio affrontato e perduto due anni dopo da Amintore Fanfani: l’ormai ex capocorrente di Forlani tornato alla guida del partito nel 1973 rimuovendo il suo ex delfino, cresciuto abbastanza per muoversi da solo nell’arcipelago dello scudocrociato.
Nel secondo passaggio alla segreteria della Dc, riconquistata nel 1989, toccò a Forlani il compito di interrompere la lunga stagione di sinistra di Ciriaco De Mita, il suo ex vice segretario degli anni giovanili poi diventato segretario e contemporaneamente presidente del Consiglio, in un cumulo di incarichi che già nel lontano 1959 aveva portato sfortuna ad Amintore Fanfani.
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Oltre a chiudere la stagione demitiana, Forlani riconsolidò la stagione del pentapartito, in cui socialisti e liberali si erano ritrovati insieme al governo con la Dc nel 1983 sotto la guida del leader socialista Bettino Craxi. Di cui Forlani era stato vice presidente dopo avere tentato, unico nella direzione democristiana, di non sbarrargli la strada di Palazzo Chigi giù nel 1979, quando il presidente socialista della Repubblica Sandro Pertini lo aveva incaricato a sorpresa di tentare la ricostituzione del centrosinistra dopo la stagione della “solidarietà nazionale” col Pci.
Forlani mancò il Quirinale due volte. La prima nel 1985, per succedere a Pertini col sostegno dell’allora presidente del Consiglio Craxi, che aveva sondato la disponibilità dei missini di Giorgio Almirante di votarlo al posto dei comunisti contrarissimi. Ma De Mita alla guida della Dc preferì inseguire proprio i voti comunisti mandando al Quirinale Francesco Cossiga. La seconda volta Forlani, pur candidato ufficialmente dalla Dc, mancò il Quirinale dopo le elezioni politiche del 1992 svoltesi nel già torbido clima di Tangentopoli destinato a travolgere la cosiddetta prima Repubblica.