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Che cosa succede a Palazzo Chigi dopo la ritirata da Bruxelles

I Graffi di Damato

Ora che la retromarcia del governo gialloverde nei rapporti con l’Unione Europea sulla manovra finanziaria del 2019 si è fatta evidente – tra il compiacimento del presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi, dichiaratamente ottimista sullo sbocco finale, e un certo abbassamento della tensione anche nei mercati finanziari- si è aperta una curiosa gara nella maggioranza su chi ne ha il merito. O il merito maggiore.

LA RETROMARCIA SULLA MANOVRA

I più lesti sono stati i grillini, lasciando solo il vice presidente leghista del Consiglio Matteo Salvini a continuare a dire che le cose non cambiano, anche se pure lui ammette di non volere impiccarsi a qualche “decimale” quando si tireranno le somme della partita. E si vedrà di quanto si sarà riusciti ad abbassare il 2,4 per cento di deficit a suo tempo annunciato e festeggiato, in verità, sul balcone di Palazzo Chigi non da lui ma dal suo omologo pentastellato Luigi Di Maio.

DI MAIO “A CANOSSA”

Ebbene, secondo uno scoop del Fatto Quotidiano, che fra tutti i giornali è quello che ai grillini piace di più, diretto da quel Marco Travaglio iscritto recentemente da Alessandro Di Battista nella lista degli otto giornalisti più affidabili d’Italia, sarebbe stato proprio Di Maio a sbloccare praticamente la situazione in un incontro “riservato” col presidente della Repubblica, svoltosi al Quirinale giovedì scorso: una visita “a Canossa”, secondo la versione dello stesso Fatto Quotidiano. Che avrebbe poi consentito al presidente del Consiglio Giuseppe Conte di non andare a mani vuote a cena dal presidente della Commissione Europea Jean Claude Juncker, a Bruxelles.

Non so francamente se Salvini gradirà questa rappresentazione dei fatti, ma ancora più il suo amico e sottosegretario a Palazzo Chigi Giancarlo Giorgetti, che da tempo lo sollecitava a muoversi con più cautela sul terreno dei rapporti con l’Europa, sapendo del cattivo umore dell’elettorato leghista al Nord per l’aria che tirava nei mercati, e nelle banche.

Negli ultimi cento o dieci metri della folle corsa verso Bruxelles per fargliela vedere e sentire a Juncker, Moscovici e compagni, Di Maio avrebbe dunque preferito, come lui stesso ha spiegato, la difesa dei “cittadini” a quella dei “numerini”: una rima che forse – chissà – gli ha suggerito Mattarella. Che all’occorrenza sa essere molto ironico. Lo ha dimostrato recentemente scomodando il grande Manzoni per denunciare la cattiva e antica abitudine degli esagitati di accantonare il buon senso per adeguarsi al senso comune.

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