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Che cosa succede fra Berlusconi e Renzi?
Berlusconi chiama Renzi, che gradisce. I graffi di Damato
Diffusa dallo stesso Silvio Berlusconi nel salotto televisivo di Lilli Gruber, a la 7, la telefonata di gradita solidarietà del capo di Forza Italia a Matteo Renzi per gli arresti domiciliari dei genitori deve avere rovinato la cena al direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio. Che, già innervosito e insospettito di suo per gli attestati di solidarietà a Renzi giunti da un po’ tutti gli esponenti del Pd, pur divisi come al solito nella campagna in corso per le primarie congressuali del 3 marzo, ha sentito puzza di bruciato. E non ha speso una parola di apprezzamento -dico una- per l’allineamento dei senatori del Pd, nella giunta delle immunità, alla posizione raccomandata inutilmente dal Fatto Quotidiano agli esponenti grillini di votare a favore del processo al ministro leghista dell’Interno Matteo Salvini sull’affare Diciotti. In cui il cosiddetto tribunale dei ministri di Catania, peraltro difformemente dalla Procura della Repubblica, aveva ravvisato i reati di sequestro aggravato di persone, abuso d’ufficio e non ricordo cos’altro.
Rassegnato, come da un titolo di prima pagina, a registrare “la divisione” anche dei suoi lettori, elettori e militanti pentastellati sulla richiesta di processare Salvini, e vendicatosi, a suo modo, continuando a sbertucciare il vice presidente grillino del Consiglio Luigi di Maio con vignette abrasive, il direttore del Fatto Quotidiano è tornato a puntare i suoi riflettori, e strali, contro il falso giustizialismo, secondo lui, del Pd. Che vota in Parlamento, per carità, a favore dei magistrati e contro l’imputato di turno, ma in cuor suo sarebbe rimasto, diciamo così, “nazarenico”: inteso come condizionato ancora da un ricordo quasi nostalgico di quell’anno e poco più -fra dicembre del 2013 e gennaio 2015- di accordo sul terreno delle riforme fra l’allora segretario del Pd, e poi anche presidente del Consiglio, e l’uomo di Arcore pur condannato in via definitiva per frode fiscale ed estromesso perciò dal Senato.
ALL’EPOCA DELLA ROTTURA DEL PATTO DEL NAZARENO
La rottura fra i due, come si ricorderà, sfociata poi nella contrapposizione referendaria sulla riforma costituzionale perduta rovinosamente da Renzi, si consumò sulla scelta del successore a Giorgio Napolitano al Quirinale. Dove Berlusconi avrebbe voluto Giuliano Amato, sostenuto dietro le quinte nel Pd anche da Massimo D’Alema, ma Renzi, probabilmente proprio per lo zampino dalemiano, preferì mandare Sergio Mattarella, pentendosene forse l’anno dopo: quando il nuovo capo dello Stato, d’intesa col successore di Renzi a Palazzo Chigi, Paolo Gentiloni, gli rifiutò le elezioni anticipate reclamate dall’ancora segretario piddino per cercare di tradurre in voti il 40 per cento col quale era stato sconfitto nel referendum costituzionale, e risparmiarsi comunque l’ultimo e solitamente peggiore anno della legislatura. Non a caso le elezioni ordinarie del 2018 si risolsero per il Pd renziano, nel frattempo spaccatosi con la scissione di D’Alema e compagni, in un’autentica debacle. E nella vittoria, sia pure su fronti contrapposti, di grillini e leghisti poi accordatisi per un governo -quello ancora in carica- nominato da Mattarella pur di risparmiarsi un passaggio tecnico verso elezioni anticipate.
Credo proprio di non essermi inventato o di non avere forzato nulla, ma di avere raccontato fatti realmente avvenuti. E accettati a malincuore, credo, anche da Travaglio. Che avrebbe preferito l’anno scorso la formazione di un governo fra le 5 stelle e un Pd abbastanza indebolito e scioccato da Renzi per diventare, nelle attese del direttore del Fatto Quotidiano, un alleato docile dei grillini: non irruente, invasivo, presenzialista, irriguardoso verso i magistrati e soprattutto in buona salute elettorale come Matteo Salvini.
LA TELEFONATA TRA BERLUSCONI E RENZI CHE IMPENSIERISCE TRAVAGLIO E DINTORNI
Al Pd come forno di riserva delle 5 stelle Travaglio ha continuato a pensare, specie di fronte alle misure forse impreviste dei guadagni elettorali della Lega. Ma il combinato disposto, diciamo così, dell’affare Diciotti e degli arresti domiciliari dei genitori di Renzi gli hanno scombussolato il quadro e le aspettative. Non solo i grillini gli sono sfuggiti tanto di mano da votare -al pari dei senatori di Berlusconi- contro il processo a Salvini da lui reclamato con forza ancora maggiore, se possibile, del tribunale dei ministri di Catania, ma il Pd solidarizza con le ultime proteste di Renzi contro i magistrati pur avendo votato doverosamente -secondo l’ottica di Travaglio- per il processo al leader leghista: un processo funzionale a quel primato della magistratura sulla politica affermatosi una trentina d’anni fa con “Mani pulite” e dintorni. Forse anche di questo hanno parlato nella loro telefonata Berlusconi e Renzi, facendo venire i brividi a Travaglio e dintorni, compreso forse Di Maio, in attesa delle amarezze elettorali sarde di domenica prossima vaticinategli dal quotidiano Libero con quel copricapo da pastore.