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Che cosa succede nel governo

5 Stelle

I Graffi di Damato sugli ultimi trambusti nel governo Conte

Pur prodigo di parole, battute, gesti che possano evidenziarne gli umori, e di cui sono piene le cronache e i retroscena, tutti sorvolati da titoli ad effetto, Matteo Salvini ha voluto tenersi per sé, almeno fino al momento in cui scrivo, il passaggio della lettera di Giuseppe Conte a Repubblica che più lo ha allarmato e fatto infuriare. È un passaggio ch’egli ha cerchiato in rosso e riguarda gli effetti, in politica interna, del voto dei leghisti fatto negare da Salvini nel Parlamento europeo alla nuova presidente della Commissione di Bruxelles, pubblicamente apprezzata invece dal presidente del Consiglio e votata dai grillini: la tedesca Ursula von der Leyen.

IL PASSAGGIO DELLA LETTERA DI CONTE NON GRADITO A SALVINI

“Non sono in condizione di prefigurare – ha scritto Conte a proposito della posizione dei leghisti – se questa contrarietà avrà ripercussioni sulle trattative che si svolgeranno per definire la composizione della squadra dei neo-commissari. Di certo -ha aggiunto il presidente del Consiglio calcando ancor di più la mano- non si tratta di rivendicare una “poltrona” a beneficio di una singola forza politica. Si tratta di difendere gli interessi nazionali e di rivendicare per l’Italia il posto di prestigio che merita”, forse anche di uno dei vice presidenti dell’organismo, oltre che commissario per la Concorrenza o altro.

GIORGETTI AL COLLE

Questo passaggio della lettera di Conte, credibilmente scritto nella piena consapevolezza di ciò che avrebbe potuto provocare nei già difficili rapporti fra i due partiti del governo gialloverde, non è stato francamente il migliore viatico per la candidatura alla Commissione Europea rivendicata dalla Lega, specie dopo il successo nelle elezioni continentali del 26 maggio, per un personaggio non certamente secondario come l’attuale sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti. Il quale infatti, del resto già da tempo di cattivo umore, a dir poco, per la conduzione del governo da parte di Conte e, più in generale, per i rapporti con i grillini, si è affrettato a chiedere e ottenere udienza al Quirinale per tirarsi fuori da una corsa così seriamente compromessa dal capo del governo. E, visto che si trovava, almeno stando alle indiscrezioni sinora non smentite, il praticamente vice di Salvini nella Lega ha sondato, diciamo così, umori e disponibilità del capo dello Stato verso la soluzione elettorale di una eventuale crisi di governo, essendo notoriamente competenza esclusiva del presidente della Repubblica lo scioglimento anticipato delle Camere.

LA CRISI CHE C’É MA NON SI DICE

In uno scenario del genere, al di là dei contenuti di ogni altro contrasto esistente nel governo su aspetti maggiori e minori della sua azione,  e del solito, inevitabile gioco per scaricare l’uno sull’altro dei due partiti la responsabilità di una rottura, si può convenire col titolo di Repubblica sulla crisi “che c’è ma non si dice”, pur se, a dire il vero, potrebbe anche essere rovesciato nella crisi che si dice ma non c’è. Ne manca ancora l’apertura formale per l’indecisione di una o di entrambe le parti in gioco, per cui il governo è soltanto “in bilico”, come titola il giornale della Confindustria Il Sole 24 Ore.

Si potrebbe anche convenire col forse troppo severo titolo in rosso di Giuliano Ferrara sul Foglio di “una crisi seria di persone non serie”, a cominciare naturalmente dal “truce” Salvini, che sul Fatto Quotidiano Marco Travaglio liquida come “Matteo il russo”, che “sfascia tutto”, infastidito dalla “Mosca al naso” rimproveratagli dal manifesto.

Ma sullo sfondo, e sempre leggendo e rileggendo quel passaggio della lettera di Conte a Repubblica che ha cerchiato in rosso, Salvini può immaginare anche lui la scenetta, disegnata da Emilio Giannelli sulla prima pagina del Corriere della Sera, dell’unione felicemente politica fra il capo dei grillini Luigi Di Maio e il segretario del Pd Nicola Zingaretti celebrata dalla nuova presidente della Commissione di Bruxelles, “con buona pace” del vice presidente leghista del Consiglio e ministro dell’Interno, dopo essere stata votata dagli europarlamentari degli sposi.

 

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