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Chi è Almasri e perché è diventato un caso politico-diplomatico

Il generale libico Almasri, uomo forte di Tripoli, è accusato di stupri, torture, abusi e omicidi sui migranti. Giallo e polemiche sul suo arresto e la successiva scarcerazione, fino all’approdo in Libia con volo italiano. Piantedosi: “‘Espulso perché pericoloso”
Forse la spiegazione sta tutta nella chiosa della nota di Marcello Sorgi su La Stampa: “In un certo senso, Almasri in Italia si sentiva una sorte di benemerito: il suo arresto è stato un incidente. E quel che è accaduto dopo purtroppo gli ha dato ragione”. Il tutto mentre la spiegazione in serata fornita dal ministro Piantedosi in Senato non ha sortito l’effetto sperato di sedare le polemiche.
Ma chi è Almasri, l’uomo che nelle ultime ore ha scatenato un caso politico in Italia e diplomatico con la Libia?
CHI E’ ALMASRI E COSA E’ SUCCESSO NEGLI ULTIMI GIORNI
Ricapitolando: Osama Njeem Almasri, generale libico e direttore del carcere di Mitiga nei pressi di Tripoli, è stato arrestato il 19 gennaio a Torino su mandato della Corte Penale Internazionale. L’accusa è gravissima: crimini di guerra e contro l’umanità commessi a partire dal 2011 nella prigione di Mitiga, struttura tristemente nota per le violazioni dei diritti umani. L’arresto è avvenuto in seguito a una segnalazione dell’Interpol e ha suscitato soddisfazione tra le Ong che da anni denunciano il sistema libico di detenzione, sostenuto anche con fondi europei e italiani.
LA CONTROVERSA SCARCERAZIONE
Il caso ha però preso una piega inaspettata. Il 21 gennaio, senza consultare la Cpi, l’Italia ha scarcerato Almasri e lo ha rimpatriato in Libia con un volo di Stato. La decisione, motivata da presunte irregolarità nell’arresto rilevate dalla Corte d’appello di Roma, ha suscitato polemiche sia a livello nazionale che internazionale. L’Aja, nella serata di ieri, ha criticato duramente l’Italia per non aver rispettato gli obblighi di cooperazione previsti dallo Statuto di Roma, mentre nel Paese si è scatenato un acceso dibattito politico.
LA RICHIESTA DI SPIEGAZIONE DA PARTE DELLA CORTE PENALE INTERNAZIONALE
La Corte Penale Internazionale ha emesso un comunicato in cui ha chiesto spiegazioni al governo italiano, sottolineando come la mancata collaborazione rappresenti una grave violazione del diritto internazionale. La scarcerazione, avvenuta senza preavviso, ha inoltre permesso ad Almasri di essere accolto come un eroe in Libia, dove filmati sui social mostrano il suo ritorno trionfale tra decine di sostenitori e con alle spalle l’aereo con la bandiera italiana.
LE CRITICHE POLITICHE E LE ACCUSE AL GOVERNO
Le opposizioni italiane hanno immediatamente attaccato il governo, accusandolo di complicità con un criminale di guerra. La segretaria del Pd, Elly Schlein, ha definito l’episodio “una vicenda opaca” e ha chiesto che la premier Giorgia Meloni riferisca in Parlamento. Anche altre forze politiche, come il M5S e Azione, hanno sollevato dubbi sul coinvolgimento diretto del governo nella gestione del rimpatrio.
UN CASO DIPLOMATICO E GIURIDICO
La vicenda Almasri solleva interrogativi non solo sulla gestione del caso specifico, ma anche sui rapporti tra Italia e Libia. Il generale non è un personaggio marginale: è a capo della Polizia Giudiziaria libica e lavora a stretto contatto con il procuratore generale del Paese. Le relazioni tra i due Stati, fondamentali per il controllo dei flussi migratori e le forniture di gas e petrolio, potrebbero aver giocato un ruolo nella decisione italiana. Nel frattempo, la Corte Penale Internazionale continuerà a chiedere chiarimenti, alimentando la pressione su un governo già sotto accusa.
PIANTEDOSI: “ALMASRI ESPULSO PERCHE’ PERICOLOSO”
Come detto, a cercare di dare una spiegazione convincente, non sortendo però l’effetto sperato a detta delle opposizioni, ci ha provato il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, nel corso del question time al Senato. Il cittadino libico Najeem Osema Almasri Habish è stato rilasciato nella serata del 21 gennaio “per poi essere rimpatriato a Tripoli, per urgenti ragioni di sicurezza, con mio provvedimento di espulsione – ha puntualizzato il ministro – vista la pericolosità del soggetto. Il governo ha dato la disponibilità a rendere un’informativa di maggiore dettaglio sul caso in questione. Sarà quella l’occasione utile per approfondire e riferire su tutti i passaggi della vicenda, ivi compresa la tempistica riguardante la richiesta, l’emissione e l’esecuzione del mandato di cattura internazionale, che è poi maturata al momento della presenza in Italia del cittadino libico”.
A seguito della mancata convalida dell’arresto da parte della Corte d’appello di Roma – ha proseguito Piantedosi -, considerato che il cittadino libico era ‘a piede libero’ in Italia e presentava un profilo di pericolosità sociale, come emerge dal mandato di arresto emesso in data 18 gennaio dalla Corte Penale Internazionale, ho adottato un provvedimento di espulsione per motivi di sicurezza dello Stato” ai sensi della legge. “Il provvedimento è stato notificato all’interessato al momento della scarcerazione e, nella serata del 21 gennaio, ha lasciato il territorio nazionale”. Per Piantedosi l’espulsione in quel momento “era la misura più appropriata, anche per la durata del divieto di reingresso”.
Una spiegazione che, dalle reazioni immediate dei partiti di opposizione, rischia di alimentare ulteriori polemiche.