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Chi è Patrick Zaki e perché è in galera da un anno

Patrick Zaki

La storia di Patrick Zaki dal master all’Università di Bologna all’arresto un anno fa. Poi le torture e gli abusi nel carcere di Tora, le udienze e la mobilitazione internazionale: “FreePatrickZaki”

È trascorso ieri un anno da quando l’attivista e ricercatore egiziano Patrick Zaki è stato incarcerato. Studiava all’Università di Bologna e il 7 febbraio 2020, al rientro nel suo Paese dove era andato per trascorrere del tempo con la sua famiglia, è stato arrestato con l’accusa di terrorismo e diffamazione dello Stato.

CHI È PATRICK ZAKI

Patrick Zaki ha 28 anni e prima del suo arresto era iscritto presso l’Università di Bologna al Master d’eccellenza GEMMA, il primo Master Erasmus Mundus in Europa che si occupa di Women’s and Gender Studies sponsorizzato dalla Commissione Europea.

L’ARRESTO

Il 7 febbraio 2020 Zaki era rientrato in Egitto per trascorrere alcuni giorni con la sua famiglia a Mansoura, ma una volta atterrato era scomparso improvvisamente. Per 20 ore non si saprà nulla di lui, poi l’annuncio di Amnesty International: Zaki è stato arrestato all’aeroporto del Cairo e nelle ore di silenzio è stato torturato e percosso – anche con scariche elettriche – in un interrogatorio lungo 17 ore. Dopo è stato portato a Mansoura ed è scattato lo stato di fermo per 15 giorni con l’accusa di propaganda sovversiva.

Il 5 marzo Zaki viene trasferito da Mansoura a Tora, carcere di massima sicurezza nella periferia del Cairo, noto per abusi e violazioni dei diritti umani, ma anche per sovraffollamento e condizioni precarie.

L’ACCUSA

Le accuse rivolte a Zaki sono le solite che il repressivo regime egiziano riserva ai dissidenti o a chi è critico nei confronti del governo: aver diffuso notizie false con l’intento di disturbare la pace sociale, aver incoraggiato le proteste e il rovesciamento dello Stato attraverso alcuni post su Facebook. Gli stessi post che, secondo Amnesty International, farebbero rischiare a Zaki fino a 25 anni di carcere nonostante la difesa ritenga che non siano attribuibili all’attivista.

LE UDIENZE

Dopo estenuanti rinvii, le prime due udienze del processo si sono tenute solo a luglio, 5 mesi dopo l’arresto. Dal momento dell’arresto a marzo, Zaki ha potuto incontrare i suoi avvocati solo in occasione della seconda udienza il 26 luglio e la madre per un breve colloquio il 25 agosto.

Il 7 dicembre il giudice della terza sezione del tribunale antiterrorismo del tribunale del Cairo ha annunciato il rinnovo per altri 45 giorni della custodia cautelare, cioè fino al 2 febbraio, giorno in cui si è ripetuta ancora una volta la stessa condanna.

Leggi anche: Il voto del Parlamento Ue per condannare l’Egitto di Al Sisi

COME STA ZAKI

Nell’incontro con la madre, il 19 dicembre, Zaki ha detto di essere “fisicamente e mentalmente esausto”. In questi mesi la famiglia ha ricevuto solo due brevi lettere delle almeno 20 che il ragazzo aveva scritto e inviato.

In una di queste si legge: “Ho ancora problemi alla schiena e ho bisogno di un forte antidolorifico e prodotti che mi aiutino a dormire meglio. Il mio stato mentale non sta molto bene dall’ultima udienza. Continuo a pensare all’università e all’anno che ho perso senza che nessuno capisse il motivo di tutto questo. Speravo di trascorrere le feste con la mia famiglia ma questo non accadrà per la seconda volta a causa della mia detenzione”.

LA MOBILITAZIONE PER ZAKI

“FreePatrickZaki”, come si legge su Amnesty International, è diventata la richiesta di tanti enti locali, comuni, università e altri luoghi di cultura che hanno esposto lo striscione o comunque un simbolo che chiede a tutti l’impegno per la liberazione di Zaki.

Il ministero degli Esteri ha chiesto l’inserimento del caso in un programma di monitoraggio processuale coordinato dall’Unione Europea e l’associazione Station to station ha avviato su Change.org una petizione online per chiedere che venga conferita la cittadinanza italiana onoraria allo studente affinché le istituzioni passino dalle parole ai fatti.

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